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 2005  novembre 08 Martedì calendario

È stato un lungo cammino quello che ha portato alla visione attuale dei movimenti delle masse continentali, la teoria conosciuta come ”Tettonica a zolle”

È stato un lungo cammino quello che ha portato alla visione attuale dei movimenti delle masse continentali, la teoria conosciuta come ”Tettonica a zolle”. ƒ I primi sospetti vennero già ad Aristotele, che si dichiarò sorpreso dall’esistenza di fossili marini nelle rocce di alcune montagne. Ma furono i disegni delle prime mappe del globo a fornire altri elementi. Magellano e altri esploratori notarono infatti che alcune linee costiere molto distanti tra loro (ad esempio Africa ed America del Sud) combaciavano perfettamente. E poi ci furono le scoperte di fossili animali identici che si trovavano su continenti separati dal mare. Insomma, qualcosa muoveva la Terra, facendo emergere montagne un tempo sommerse dal mare e apparentemente mandando a spasso interi continenti. Fu il tedesco Alfred Wegener (nella foto sopra), ad elaborare nel 1912 la prima teoria di una ”deriva” delle masse continentali e ad esporla in un congresso. Wegener era un meteorologo, non un geologo, ma la sua intuizione cambiò il modo in cui i geologi guardano il nostro pianeta. Peccato che non visse abbastanza per saperlo: morì nel 1930 durante una spedizione polare. E nel corso della sua vita le sue idee furono fortemente osteggiate, quando non derise (si racconta che al congresso del 1912 qualcuno lo definì ”un malato grave”). Eppure lui continuò a produrre prove su prove, come ad esempio il fatto che in continenti situati in zone fredde si trovavano tracce di un precedente clima tropicale, segno della ”passeggiata” che avevano fatto. Infine, nel 1922 sviluppò la teoria della Pangea, il supercontinente in cui, in passato, erano raggruppate tutte le terre emerse. Bisognerà aspettare gli anni ’60 per vedere le idee di Wegener emergere sul serio. Non aveva azzeccato tutto. Ad esempio ipotizzava che i continenti viaggiassero un po’ come zattere su uno strato sottostante. Invece i lavori degli ultimi quaranta anni hanno fatto emergere l’idea dell’allargamento dei fondali marini. Ma Wegener oggi occupa, alla fine, il posto che gli spetta nella storia della Geologia. Death Six months later, on May 12, 1931, Wegener’s body was found halfway between Eismitte and West camp. It had been buried (by Villumsen) with great care and a pair of skis marked the grave site. Wegener had been fifty years of age and a heavy smoker and it was believed that he had died of heart failure brought on by overexertion. His body was reburied in the same spot by the team that found him and the grave was marked with a large cross. After burying Wegener, Villumsen had resumed his journey to West camp but was never seen again. Villumsen was twenty three when he died and it is estimated that his body, and Wegener’s diary, now lie under more than 100 metres (330 ft) of accumulated ice and snow.