Varie, 7 novembre 2005
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MURAKAMI Takashi Tokyo (Giappone) 1 febbraio 1963. Artista • «Qualcuno dice che Takashi Murakami è l’equivalente giapponese di Maurizio Cattelan
MURAKAMI Takashi Tokyo (Giappone) 1 febbraio 1963. Artista • «Qualcuno dice che Takashi Murakami è l’equivalente giapponese di Maurizio Cattelan. Stessa irriverenza, sia pur con modi e forme artistiche diverse, stesso successo sul mercato dell’arte dove le sue ironiche sculture o i coloratissimi acrilici carichi di fiori e di personaggi dei fumetti hanno ormai superato il mezzo milione di dollari. Takashi Murakami, che rilegge l’impatto della cultura occidentale sulla civiltà nipponica in chiave pop, anzi ”poku” come lui stesso la definisce [...] a Tokyo vero caposcuola di una nuova generazione di artisti che si riunisce intorno alla sua impresa, che sembra evocare Warhol, la ”Hiropon Company”, con studi in Giappone e a New York e una settantina di assistenti, dove nascono i dipinti, la grafica, design per le borse di Louis Vuitton. uno stile di vita, dice Murakami, ”reso possibile da un costante adattamento alle nuove tecnologie”. [...] ”Sono originario del Giappone dove i fumetti sono onnipresenti. Sono cresciuto rendendomi conto che i fumetti sono un modo grazie al quale gli esseri umani esprimono e al tempo stesso tengono nascosti desideri ed emozioni. Forse sono uno specchio della nostra società [...] I manga e i personaggi dei cartoni animati sono parte della cultura giapponese. Possiamo trovare legami estetici precisi e diretti tra l’arte tradizionale del Giappone e l’arte dei moderni giornalini: nel colore, nella composizione, nel tratto, nella narrativa e così via. Considero mie fonti di ispirazione sia i fumetti sia l’arte tradizionale giapponese [...] Rispetto moltissimo Osamu Tezuka, Katsuhiro Otomo, Gainax, e Hayao Miyazaki per le loro creazioni animate o pubblicate che risolvono (o forse rendono sfocata) la distinzione tra arte elevata e sottocultura. Ammiro anche Itoh Jakuchu, maestro di Edo. In Occidente ho imparato molte cose da Andy Warhol, Marcel Duchamp, e Jeff Koons. Mi piace anche come lavora Henry Darger. Sto seguendo con attenzione la carriera di molti artisti contemporanei e mi piacciono le opere di Emilie Halpern, Wolfgang Tilmans, Jose Parla, Barry Macgee, e altri. Ammiro parecchio Maurizio Cattelan. Ho studiato la storia e la cultura artistica occidentale, in particolare in che modo l’arte si è evoluta al suo attuale livello, più a lungo rispetto a quanto ho studiato singoli maestri del passato dell’arte occidentale [...] ”Poku’ è la contrazione del concetto universale di ”pop’ e della sottocultura dell’’otaku’, tipicamente giapponese. un termine che si adatta perfettamente alle mie opere, soprattutto le prime, perché esse non sono completamente ”otaku’, o del tutto ”pop’ del tutto. La teoria ”superflat’ è stata elaborata dopo il concetto di ”Poku’, ed è una teoria che evoca più una ”compressione’ di arte e ”otaku’ che una fusione di questi due elementi, allo scopo di eliminare le barriere tra ”arte alta’ e ”arte bassa’. Credo che le idee propugnate da questa teoria siano valide ancor oggi [...] la moda è arte, perché è un territorio inesplorato, perché rispetto i grandi stilisti e infine perché nel mio paese, il Giappone, la moda è un linguaggio molto potente, e la gente la capisce facilmente, anche più dell’arte. [...] la maggior parte delle cose è arte. [...] io non credo nella separazione tra arte e commercio, tipica dell’Occidente, e certamente non voglio esservi confinato. Non soltanto come artista io abbraccio le immagini e la cultura dell’’arte bassa’: in più io "prendo" letteralmente la mia arte e di essa ne faccio prodotti commerciabili. Non esistono confini: voglio fare giocattoli, abiti, film così come quadri e sculture, che nascono sia dalla cultura giapponese, dove queste divisioni sono meno nette, sia dalle mie aspirazioni personali. Se guardiamo all’odierno mondo dell’arte vediamo che è già un’industria da svariati milioni di dollari. un’industria nella quale si compera, si vende, si scambia, proprio come in qualsiasi altra industria. Se l’arte è già commerciale, allora non vi è differenza tra il fare arte e nel concepire il design per conto di altre aziende e considerarlo arte [...] Non conosco esattamente i dettagli delle performance delle mie opere sul mercato. Io cerco sempre di fare cose nuove e mi auguro che quando anche il mercato artistico giapponese crescerà io ne faccia parte [...] L’arte contemporanea continua a espandersi e diversificarsi e vi si possono individuare alcune tendenze ben precise, quasi sempre collegate alla tecnologia e al globalismo. [...]» (’la Repubblica” 7/11/2005).