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 2005  novembre 07 Lunedì calendario

Il biancore di un volto da diva, le reliquie del santo portate in processione per le viuzze del paese lontano, il prodigio a quattro ruote parcheggiato lungo una via di Milano

Il biancore di un volto da diva, le reliquie del santo portate in processione per le viuzze del paese lontano, il prodigio a quattro ruote parcheggiato lungo una via di Milano. E poi ancora papi nell’atto di benedire, ristoranti sul lungomare e caffè eleganti, panorami. Sono le cartoline, visioni da condividere con i cari, comunicazione da interpretare aldilà delle frasi, talvolta senza grammatica, che la accompagnano. Gran parte delle immagini che tra l’Ottocento e il Novecento resero possibile il dialogo tra persone lontane erano stampate da una sola tipografia. Di quei messaggi muti resta memoria in un archivio, l’archivio fotografico Alterocca, a Terni: è ciò che rimane dell’omonima tipografia che a cavallo dei due secoli fu la prima e più importante industria italiana specializzata nella produzione di cartoline illustrate e fotografiche. La sua ricchezza oggi è ancora in parte inesplorata. Secondo le prime ricognizioni, affidate alla passione dell’esperta Benedetta Toso e all’intraprendenza dell’imprenditrice Francesca Boscherini (che oggi possiede l’archivio), tra gli scaffali e negli scatoloni dell’Alterocca ci sarebbero almeno un milione di immagini in bianco e nero tra lastre, negativi su pellicola, stampe positive e cartoline campione. Il semplice numero non rende giustizia fino in fondo, in particolare della capillarità: le immagini paesaggistiche riproducono almeno cinquemila luoghi, italiani e stranieri, vicini e lontani, e finirono stampate sulle cartoline che per un centinaio di anni attraversarono il mondo monopolizzando le rotte degli affetti. L’importanza dell’archivio non è solo nel materiale, ma anche in ciò che esso significa: infatti, con le sue strategie di mercato e con le sue aspirazioni questa, che inizialmente era una piccola tipografia di provincia, anticipò i tempi della grande comunicazione di massa. Tutto ebbe inizio quando il professor Virgilio Alterocca rilevò nel 1877 una piccola tipografia che mise subito al servizio dello sviluppo culturale e sociale della sua terra: s’improvvisò prima editore, facendo stampare il giornalino Annunciatore Umbro-Sabino, poi pubblicitario, facendo preparare e affiggere manifesti in città e in provincia. Quindi fu la volta delle cartoline: a partire dal 1896, ammodernando l’azienda con le nuove tecniche fototipografiche appena messe a punto in Svizzera e Germania, avviò la produzione industriale di cartoline illustrate e fotografiche. Fu con quest’ultima iniziativa che l’Alterocca conobbe forse il più grande successo: in soli cinque anni (dal 1904 al 1909) si accumularono così tanti materiali e macchinari che fu necessario costruire un nuovo stabilimento, più capace. Quello che a noi oggi sembra un modo ormai superato, per quanto simpatico, di comunicare, conobbe allora un successo che appare incomprensibile. Invece Virgilio Alterocca fu un autentico innovatore e capì, prima ancora che i tempi fossero maturi, l’importanza di quel mezzo. Il professor Alterocca, direttore di scuole elementari e ispettore scolastico, imprenditore interessato al progresso tecnico e culturale, militante e dirigente del Partito socialista di Terni, era il tipico esponente della borghesia illuminata del tempo, convinto com’era di avere tra i suoi doveri quello di educare la gente. Portando negli affari la sua perenne aspirazione pedagogica, nessun mezzo considerò più adatto della cartolina per trasmettere informazioni e cultura. Libri e giornali non potevano raggiungere la gran parte del popolo, che era ancora analfabeta. Serviva qualcosa di immediato, che si potesse comprendere solo vedendo e che magari non costasse troppo. lo stesso imprenditore Alterocca che lo spiega: «La cartolina illustrata è un potentissimo tramite di cultura e gentilezza», da asservire «all’educazione del sentimento e del gusto». Perciò, stampato su questo piccolo media tascabile finì di tutto: l’uccisione di Umberto I, gli spettacoli teatrali, le arie delle opere liriche, i passi più celebri dei Promessi Sposi o della Divina Commedia, quadri e affreschi, opere architettoniche e pellicole cinematografiche. In particolare per il cinema fu fruttuosa la collaborazione con i fratelli Pathé di Parigi. Dai film girati nei loro stabilimenti erano tratte le scene che furono stampate sulle cartoline: queste furono quindi una specie di Dvd ante litteram, perché permisero di rivedere, a distanza, i momenti salienti di una pellicola. E per gli studiosi di cinema, le cartoline Alterocca sono particolarmente preziose, perché sono le uniche testimonianze dell’esistenza di questi film. Per esempio la professoressa Matilde Tortora è riuscita a recuperare così le uniche immagini di film perduti, come La Gioconda (1916), tratto da un testo di Gabriele D’Annunzio, oppure Storia di una capinera (1917), ispirato al romanzo di Giovanni Verga. Di queste pellicole, le cartoline facevano un piccolo riassunto in poche immagini. Ma, grazie alla sovrapposizione col cinema, le cartoline fecero anche da ”telegiornale”: nel 1904 fu girato il film La guerra russo-giapponese, con annesse cartoline che si diffusero contemporaneamente. Ebbene, non si trattava di un fatto del passato: la guerra era in corso e si sarebbe conclusa nel 1905 con la resa di 35 mila russi a Port Arthur, nella Cina nordorientale. Come scriveva Alterocca, la cartolina serviva anche per far pubblicità alle «meraviglie della natura e dell’arte che fanno così bello il nostro Paese» e favorire «l’affluenza dei forestieri anche nei centri minori, diffondendo fra gli amatori la conoscenza delle bellezze pittoresche e delle opere classiche che fino ad ora furono in gran parte tesori ignorati per gli stessi italiani». Ma vediamo meglio come funzionava la produzione: i committenti si rivolgevano ad Alterocca per avere determinate cartoline (luoghi, ma anche feste di paese, per esempio), e l’azienda inviava i suoi fotografi oppure commissionava le immagini a fotografi del posto. Una volta avuti i negativi, si stampava. Poteva anche capitare che per esempio una tabaccheria facesse scattare delle foto da suoi fotografi e poi chiedesse ad Alterocca di farne la stampa. Nella lavorazione, un ruolo importante spettava ai fotoritoccatori, che con tecniche artigianali avevano il compito di rendere più accattivanti i soggetti e i luoghi. Per esempio, dagli archivi è da poco emerso il carteggio tra l’azienda di Terni e una società egiziana che aveva fatto stampare delle cartoline. In particolare i committenti chiedevano quanto potesse costare aggiungere delle nuvole in cielo. Grazie ai ritocchi, quelli dell’Alterocca poterono permettersi anche degli scoop. il caso delle elezioni dei pontefici: l’azienda era sempre la prima che, con la prontezza paragonabile a quella di un moderno quotidiano, il giorno successivo alla fine del conclave lasciava uscire cartoline che riproducevano il nuovo Papa. Come era possibile? Il fatto è che i fotografi Alterocca erano accreditati in Vaticano. Per tempo scattavano foto a tutti i cardinali, poi ovviamente avevano immagini del papa scomparso vestito con la tipica tunica bianca o con i paramenti. Appena il conclave eleggeva il nuovo pontefice, i ritoccatori entravano in azione: toglievano il volto del vecchio Santo padre, appiccicavano la nuova faccia e mandavano il tutto in stampa. Tutto ciò decretò il successo dell’azienda, che continuò a espandersi anche dopo la morte dell’illustre fondatore (avvenuta nel 1910): negli anni Trenta la fabbrica contava circa 200 addetti, produceva 50 milioni di pezzi e i macchinari in tutto occupavano circa 5.720 metri quadrati. Con la Seconda guerra mondiale l’attività non cessò, nonostante i danni causati dai bombardamenti, anzi continuò con una certa vivacità fino agli anni Settanta, quando la cartolina in bianco e nero non riuscì più a competere con la diffusione di quella a colori. Ma a quel tempo la fotografia era diventata già alla portata di tutti: dopo quasi un secolo di cartoline non c’era più l’Italia sgrammaticata e analfabeta che Alterocca aveva desiderato educare. Quello che resta di allora, insieme al sogno di progresso di un imprenditore illuminato, non è però andato perduto. In tutta sincerità, potremmo affermare la stessa cosa dei miliardi di Sms o di e-mail che tutti ci scambiamo oggi?