varie, 5 novembre 2005
LATTERI Ferdinando
LATTERI Ferdinando Palermo 11 maggio 1945, Catania 14 luglio 2011. Politico. Già Forza Italia e Margherita, nel 2008 fu eletto alla Camera con l’Mpa. Fu rettore dell’Università di Catania (2000-2006) • «[...] “[...] Ho giocato centravanti nel Gravina. Poi mi sono laureato e ho, all’attivo, oltre 300 pubblicazioni scientifiche e dieci anni da presidente della Croce Rossa di Catania. Ho anche corso in Ferrari, categoria prototipi. Ho operato non so più quante persone e qualcuna di loro, diciamo, mi deve la vita. [...] La politica, giuro, è solo una passione civile”. Nel 1987 e nel 1992 era democristiano e arrivò alla Camera. Poi passò con Forza Italia. Poi, ancora, alla vigilia delle europee del 2004, con la Margherita. Risultato: terzo, e primo dei non eletti, dietro a Claudio Fava e Luigi Cocilovo. [...] doveva tirare la volata a Enzo Bianco, candidato sindaco di Catania, ma i voti che arrivarono, come si sa, furono pochini. I suoi nemici, e qualcuno ce l’ha anche all’interno della Margherita, dicono: “Uomo potente, ma di scarso consenso”. [...]» (Fabrizio Roncone, “Corriere della Sera” 5/11/2005) • «[...] Due volte deputato (nell’87 e nel ‘92), 153 mila voti di preferenza alle [...] Europee, presidente della Federazione dell’Ulivo in Sicilia e rettore dell’Università di Catania [...] la competizione è un po’ nel sangue di questo stimato medico chirurgo, ex pilota d’auto che negli anni dell’università dovette a un certo punto scegliere tra gli studi e il continuare a correre in Ferrari (passione, quella dell’auto e delle gare, in realtà mai accantonata). [...]» (Federico Geremicca, “La Stampa” 2/12/2005) • «Scrive che insegnò “traumatologia della strada” e che diresse il pronto soccorso del “Cannizzaro” e che è medaglia d’oro della Croce Rossa e un mucchio di altri dettagli compreso che è autore di 303 pubblicazioni scientifiche. Due sole cose Ferdinando Latteri si è scordato di mettere nella biografia sul sito dell’Unione con cui si offre agli elettori delle primarie: che fu deputato dc e che prima della conversione era vicino a Forza Italia. [...] “[...] Certo che ero democristiano. A sinistra, con Ciriaco De Mita. Nel ’94 mi candidai l’ultima volta coi popolari, contro il candidato del Polo. Mi pare fosse Enzo Trantino. Poi, crollata la Dc, me ne restai fuori dalla politica. Verso il 1997 sì, mi avvicinai a Berlusconi. Fui uno dei tanti che pensarono che potesse imprimere una svolta. Invece... [...] Non feci neanche la tessera. Né ho mai avuto incarichi.E mene sono venuto via deluso, prego precisare, quando Forza Italia era in auge. Insomma, non fu certo una scelta opportunistica...”. “Questa poi! L’amico Latteri non ha buona memoria: se era sempre lì a chiedermi assessorati per i suoi amici! — ride Gianfranco Micciché, l’uomo cui il Cavaliere ha affidato il partito nell’isola —. Intendiamoci: non era l’unico. Anche se da ragazzo ero fuoco e fiamme son diventato io pure un po’ doroteo. E non mi scandalizzo. Lo fanno in tanti. Ma l’amico Latteri era uno di quelli che chiedeva sempre più di quanto dava”.Quanto alla tessera, “non si può dire che diventò rettore ‘in quota’ nostra ma certo i docenti amici lo votarono perché lo consideravano come me in tutto e per tutto di Forza Italia”. E non chiedetegli del momento in cui il nostro se ne andò: “Altro che noi ‘in auge’! Era la primavera del 2004, avevamo perso qualche elezione, tra di noi c’erano turbolenze... Mi chiese di essere candidato a sindaco di Catania al posto di Scapagnini, gli dissi di no e lui passò all’Ulivo. Che gli offrì un posto alle Europee”. È un destino, per Latteri, essere visto a due facce, profilo destro o profilo sinistro. [...] Figlio di un potentissimo patriarca della sanità palermitana, titolare di un cognome che nella Sicilia occidentale è sinonimo della grande ospedalità privata, Latteri dice di essere stato tirato su “con la disciplina che c’era nelle famiglie di una volta”. Appassionato di macchine, ha corso in gioventù un sacco di gare automobilistiche (“Soprattutto in salita”), comprese cinque edizioni della “Targa Florio”, e ammicca di avere “imparato a fare le diagnosi ai motori” prima di apprendere le tecniche per le diagnosi sanitarie. Esaurita al volante la dose personale di spericolatezza, ha passato il resto della vita a praticare lamassima prudenza. Più o meno indifferente all’accusa di essere un voltagabbana (“No, non mi offendo, ma so che la mia coscienza è pulita”), saldo nella convinzione di “non essere un uomo delle tessere ma di godere nell’isola di una buona stima” testimoniata dalle 152 mila preferenze prese alle Europee, nega di aver mai detto che la mafia non è la prima emergenza della Sicilia: “Ho detto che non è la sola emergenza. Il mio slogan è: legalità e sviluppo”. Oratore stitico ed estraneo alla torrenziale passionalità di certi suoi colleghi focosissimi, è capace di svolgere un comizio in sei minuti durante i quali già riesce, sorridono gli avversari, ad abbioccare gli astanti. [...]» (Gian Antonio Stella, “Corriere della Sera” 2/12/2005).