Varie, 5 novembre 2005
FERRANTE
FERRANTE Bruno Lecce 26 aprile 1947. Poliziotto. Ex prefetto di Milano, fu nominato l’8 giugno del 2000, sotto il governo Amato. Fino a quella data era stato per quattro anni capo di Gabinetto del ministero dell’Interno. Poi candidato sindaco di Milano (2006, centrosinistra). Nel 2007 fu scelto da Impregilo per assumere la carica di presidente di Fibe e Fibe Campania (le due società controllate dal principale gruppo italiano del settore opere pubbliche coinvolte nelle inchiesta della procura di Napoli sulla gestione dello smaltimento dei rifiuti). Da gennaio a luglio 2007 a capo dell’Alto commissariato per la lotta alla corruzione • «Una carriera da sgobbone. Tra guidare e camminare, non c’è gara: preferisce riconoscere le pietre e gli angoli delle strade preferite. Da pugliese della provincia di Lecce - grazie a un amore a prima vista, scoccato per la città che, un tempo, sapeva aprire le braccia a chiunque avesse voglia di lavorare - si è autoproclamato milanese. [...] Ci ha sempre tenuto a dire come la pensava su varie questioni, dalla Scala ai campi nomadi, dalla violenza politica alle moschee. [...] Nella sua carriera ci sono tre crocevia che amici e nemici devono tenere in considerazione. Il primo risale al ”94, quando il centrodestra vinse le politiche e il leghista Roberto Maroni - nominato a sorpresa ministro dell´Interno - si ricordò di quel funzionario, che nel periodo di Tangentopoli, come vice commissario straordinario, s’era occupato dell´urbanistica del Comune di Milano. Era stato circospetto, affidabile, capace di far funzionare le macchine burocratiche inceppate. E lo chiamò come vicecapo della polizia, insieme ad Achille Serra (ora prefetto di Roma) e Gianni Di Gennaro (ora potentissimo capo della polizia). Da Milano a Roma il salto fu brusco, ma Ferrante dimostrò meglio chi fosse. Infatti, eccolo - siamo al secondo passaggio - consolidarsi nel palazzo: e restare capo di gabinetto con ben tre ministri. Del centrosinistra. Con Giorgio Napolitano, il primo ds al Viminale nella storia italiana. Con Rosa Russo Jervolino. Con Enzo Bianco. con il primo che lavora al massimo, intessendo la tela che - va detto a chiare lettere - porta i più filoamericani negli apparati dello Stato a fidarsi di un ex comunista, e un ex comunista a gestire gli apparati. E Ferrante? Sempre nell’ombra: zero dichiarazioni ufficiali. un uomo con i motori al massimo, e si dice che possa aspirare al posto di capo della polizia, quando viene inviato a Milano. ancora la città traino dell´economia, ma sembra funestata dalla crisi della sicurezza. Non s´è ancora rimessa dalla tragedia dei ”nove morti in nove giorni” nel 1999. E così nella primavera del 2000 - terzo passaggio fondamentale - Ferrante è dunque il nuovo prefetto dell´amatissima città, dove ha sempre mantenuto casa, con i figli laureati, uno alla Bocconi e l’altra alla Cattolica. Che tipo di prefetto può essere? L’uomo invisibile sceglie di diventare molto visibile. Da rappresentante dello Stato va a trovare i cittadini incarogniti delle periferie abbandonate e rilancia gli agenti di quartiere. Sembra sposare gli allarmi lanciati dal sindaco forzista Gabriele Albertini, ma è allergico allo slogan della ”tolleranza zero”. Resta un mediatore, ma ”esce dalle righe” per imporre il cosiddetto ”Modello Milano”, e cioè la legge non scritta secondo cui sulle questioni al top - come la sicurezza - non ci possono essere primi della classe e non si guarda il colore del voto. Ma chi può, chi deve, ha l’obbligo di collaborare: senza gelosie e pigrizie. Un attivismo agnostico che piace poco all’ex collega De Gennaro, il quale un bel giorno del giugno 2001, gli fa togliere gli autisti e gli agenti prestati dalla questura alla prefettura. Torneranno presto al loro posto, ma intanto a Ferrante è arrivato un messaggio preciso: la smetta di rompere. Non la smetterà più di tanto. Visita in incognito i centri sociali, compreso il Leoncavallo. Cerca soluzioni per le case agli immigrati. Apre ”tavoli” di lavoro a ripetizione. Nessuno sa dove trovi il tempo per coltivare la sua passione per la lettura e la musica. E come faccia, in apparenza, a non arrabbiarsi mai. Uno così lo corteggiavano dal centrodestra e dal centrosinistra. Alla fine, come deve aver imparato a fare a Roma, ha scelto lui» (Piero Colaprico, ”la Repubblica” 5/11/2005).