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 2005  novembre 04 Venerdì calendario

Una politica a tre binari per contenere l’Iran, Il Riformista, 04/11/2005 Spingere l’Iran nella giusta direzione sarà un processo molto difficile e non c’è nessuna garanzia di successo

Una politica a tre binari per contenere l’Iran, Il Riformista, 04/11/2005 Spingere l’Iran nella giusta direzione sarà un processo molto difficile e non c’è nessuna garanzia di successo. Per queste ragioni l’Occidente dovrebbe subito adottare una politica a binari multipli (in questo caso un triplo binario) per tener conto di tutte queste difficoltà. 1: il grande accordo Portare Teheran a riconoscere che la strada attuale è controproducente e convincerli a negoziare una fine a tutti i problemi che affliggono l’Occidente sarebbe probabilmente il modo più rapido e piacevole di risolvere le divergenze; negoziati di questo tipo aprirebbero la strada a un rapporto nuovo di collaborazione da cui trarrebbero vantaggio tutte le nazioni interessate. Purtroppo sembra poco probabile che l’Iran di oggi sia pronto per un grande accordo di questo tipo, presupposto che Stati Uniti, Giappone ed Europa lo siano. Dopo aver sentito le diatribe di Ahmadinejad e la paranoia all’Onu è difficile immaginare che questo governo iraniano sia disposto a sedersi al tavolo con gli Stati Uniti. Per gli altri integralisti di Telieran, compreso il leader supremo Khamenei (la cui discutibile legittimità è strettamente connessa al profondo antiamericanismo ereditato da Khomeini), non è ancora il momento appropriato per normalizzare i rapporti con il paese che l’Imam definiva costantemente " il grande Satana". Di conseguenza, continuare a nutrire speranze in questo grande accordo non può essere l’unico modo in cui l’Occidente chiarirà le proprie intenzioni e posizioni nei confronti dell’Iran. E fondamentale comunque, che l’offerta di un grande accordo rimanga sempre sul tavolo. Se gli iraniani fossero disposti ad accettarlo, ripetiamo, sarebbe probabilmente il modo più rapido e più produttivo di risolvere le varie divergenze. Elemento forse anche di maggior importanza è che per gli iraniani è basilare sapere che questa offerta è sempre sul tavolo come segno tangibile delle buone intenzioni dell’Occidente nei confronti della "nazione Iran". Gli iraniani hanno bisogno di capire che l’Occidente (Stati Uniti compresi) vuole realmente trovare una rapida soluzione alle divergenze, e che a rifiutare il colloquio sono gli integralisti del loro regime. Questa consapevolezza è importante perché dovrebbe aiutare a influenzare il dialogo interno, in Iran, sulle armi nucleari, sul terrorismo e sul confronto con l’Occidente che la seconda opzione vuol delineare. 2: l’approccio "bastone e carota" La posizione della rinuncia al conflitto indicata nell’opzione 1 significherebbe per le nazioni occidentali dichiarare pubblicamente che forniranno all’Iran ogni tipo di supporto per aver accettato la collaborazione, penalizzando il paese con ogni tipo di sanzione per aver mantenuto un atteggiamento di sfida quando il regime di Teheran non ha mai esplicitamente accettato l’accordo multilaterale proposto da tutti i membri dell’alleanza. In un certo senso, è precisamente la politica che l’amministrazione Bush e i nostri principali alleati in Europa e in Asia hanno accettato di portare avanti. Di nuovo: se gli iraniani scelgono di seguire la via dello scontro, ad ogni loro mossa subiranno conseguenze ogni volta più dolorose. Se, invece, dovessero optare per la via della collaborazione, ad ogni loro mossa sarebbero ricompensati con benefici via via più vantaggiosi. Stati Uniti, Europa e Giappone si metterebbero a tavolino e stilerebbero una lunga lista di ”1enchinark" (punti di riferimento), cose che l’Iran potrebbe fare e che sarebbero considerate come gesti di provocazione o di collaborazione, e assegnerebbero a ciascuno di questi un incentivo adeguato, positivo o negativo, proporzionato a detto evento. Per esempio: se l’Iran decidesse di mettere fine all’attività per l’arricchimento dell’uranio, gli Stati Uniti potrebbero decidere la deroga alla legge sulle sanzioni contro Iran e Libia. L’Iran potrebbe rinunciare ad armi nucleari, terrorismo e opposizione violenta al processo di pace in Medio Oriente; e nella lista ci potrebbero essere risposte a qualsiasi tipo di questione politica, economica e militare. Le risposte sia negative che positive, inoltre, dovrebbero essere graduate e incrementate così che ad ogni ulteriore passo, in una delle due direzioni, il paese sarebbe punito o premiato immediatamente e in maniera proporzionale. Tutte le risposte fin dall’inizio dovrebbero essere esposte e rese pubbliche. L’Iran deve vedere l’intera serie di sanzioni che subirebbe nel caso in cui scegliesse la strada dello scontro e dei benefici che invece trarrebbe se scegliesse la strada della collaborazione. All’interno dell’Iran è in corso un dibattito in merito, ed è fondamentale riferire a quegli iraniani favorevoli alla strada della collaborazione tutti i mezzi possibili. In secondo luogo, di fronte all’ipotesi di un imminente passo dell’Iran nella direzione sbagliata alcuni paesi occidentali sarebbero fortemente tentati di tirarsi indietro, come spesso è successo in passato. Questo arduo compito deve alternare carota a bastone. Finalità dell’approccio "bastone e carota" è fornire argomenti a coloro che, a Teheran, sostengono che l’Iran dovrebbe accettare le richieste da parte dell’Occidente riguardo al programma nucleare iraniano (e al sostegno al terrorismo), poiché si tratta dell’unico modo di aiutare la tormentata economia del paese. Il problema è che gli attuali livelli del commercio con Europa e Giappone e dei relativi investimenti non sono riusciti a risolvere i problemi economici dell’Iran, che sono profondamente radicati. Questo argomento, pertanto, potrebbe funzionare soltanto se si riuscisse a far capire che l’economia del paese migliorerà a condizione che l’Iran accetti le richieste dell’Occidente: in altri termini, se esiste la disponibilità a fare importanti concessioni economiche. Così come europei e giapponesi devono essere pronti a imporre importanti sanzioni all’Iran nel caso in cui il paese rifiutasse di collaborare, gli Stati Uniti devo no mostrarsi dsposti a ricompensare l’Iran, subito e con risposte materiali, se Teheran decidesse di e 5 si arrenè . Secondo la stessa logica, servono una grande carota e un grande bastone. Gli integralisti iraniani non abbandoneranno facilmente il loro programma nucleare e saranno disposti al sacrificio pur di dargli seguito. Il regime iraniano, benché distante dai livelli di ostinazione della Corea del Nord e dell’Iraq, è indubbiamente pronto a rinunciare ai benefici e a sopportare misure decisamente dure pur di portare avanti il proprio programma nucleare. L’incentivo, quindi, dovrà essere decisamente forte per indurlo a cambiare rotta. Le due opzioni dovranno essere forti: un’economia fiorente o un’economia zoppa, quindi pesanti sanzioni se si comporta male e delle vere e proprie ricompense se invece si comporta bene. Infine, carota e bastone devono entrambi essere applicati in maniera graduale e sempre più forte così che i successivi passi, in entrambe le direzioni, significhino per l’Iran una maggiore ricompensa o una maggiore sanzione. Per indurre gli iraniani soltanto a considerare l’idea di rinunciare all’opzione nucleare, bisogna mostrar loro i risultati positivi e deriverebbero da una simile decisione, ossia il guadagno che trarrebbero semplicemente iniziando ad abbandonare quella strada, e una vera, reale pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. 3: preparare un nuovo contenimento Considerati la portata dei problemi economici dell’lran e il dibattito che ne è scaturito all’interno della leadership del paese, ci sono tutte le ragioni per credere che un approccio unificato "carota e bastone" dovrebbe spostare il piatto della bilancia dalla parte di chi è favorevole al rallentamento o all’interruzione del programma nucleare al fine di incoraggiare investimenti e rapporti commerciali da parte dei paesi stranieri. quindi estremamente importante che l’Occidente assuma una posizione di ripiego nel caso in cui le piste 1 e 2 dovessero fallire. IJultima. alternativa dovrebbe necessariamente essere un nuovo regime di contenimento. In un certo senso, gli incentivi negativi dell’opzione 2 (in altre parole i "bastoni") costituiscono il primo elemento di questo nuovo regime di contenimento. Al di là della questione delle sanzioni, le nazioni occidentali potrebbero annunciare una politica che prevede il sequestro di qualsiasi aereo o nave, che le forze armate americane siano in grado di intercettare, che si sospetta trasporti a Teheran materiale nucleare. Una politica che potrebbe dover implicare seri problemi giuridici ma che sarebbe in linea con la Proliferation Security Initiative dell’amministrazione Bush, la quale proponeva agli Stati Uniti e ai loro alleati dei passi concreti per porre un freno alla proliferazione. 1 membri dell’alleanza dovrebbero cercare altre strade per interdire fisicamente i carichi con materiale nucleare diretti in Iran. Dovremmo inoltre presentare una serie di linee rosse all’uso della forza, nella speranza di frenare alcuni degli atteggiamenti più egregi di Teheran, per esempio che la Nato consideri l’Iran responsabile di qualsiasi atto terroristico commesso da personaggi di alQaeda che siano in contatto con le figure appartenenti ad al Qaeda all’interno dell’Iran. Nel mondo militare, Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi occidentali potrebbero dover riconfigurare il dislocamento di forze nel Golfo Persico (che si sono soprattutto occupate di contenere, poi invadere e poi ricostruire l’Iraq) per poter meglio trattare con l’Iran. Si dovrebbero considerare la necessità di interdire il contrabbando verso l’Iran, la capacità di far fronte a nuovi attacchi iraniani agli alleati occidentali presenti nella regione e la presenza di forze in grado di svolgere un’opzione antiproliferazione nel caso in cui l’intelligence non fosse in grado di farlo. Nell’ambito dell’opzione 3, gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero maggiormente impegnare l’intelligence - come facemmo nei confronti di al-Qaeda dopo l’11 settembre - per ottenere informazioni sul programma nucleare dell’Iran nella speranza di poter attivare una possibile azione contro la proliferazione. Se fallissero l’opzione 1 e 2, nell’ambito di un nuovo regime di contenimento gli Stati Uniti dovrebbero pensare a una più severa campagna aerea contro gli impianti nucleari iraniani e impegnare tutte le forze per rendere plausibile un’azione di questo genere. L’ultima opzione Infine, e solo come parte di un nuovo contenimento dell’lran, gli Stati Uniti dovrebbero seriamente considerare la possibilità di avviare una campagna aerea mirata che abbia la finalità di distruggere gli impianti nucleari dell’Iran e quindi bloccare il programma. Attualmente questa politica è poco considerata poiché le agenzie di intelligence occidentali non ritengono di avere sul programma nucleare iramano informazioni sufficienti a individuare i luoghi da colpire; c’è motivo di credere che perfino distruggendo l’intero programma attualmente esistente si bloccherebbero gli sforzi dell’Iran in questo senso, e questo per troppo tempo, perché probabilmente lo stato della ricerca è talmente avanzato da permettere una rapida ripresa: e l’Iran può colpire l’Occidente, apportando notevoli danni attraverso attentati, sovversione e operazioni clandestine contro le forze della Coalizione dislocate in Iraq. Con il tempo, tuttavia, l’impegno delle intelligence occidentali potrebbe portare a rispondere se non a tutte, almeno a gran parte defle incertezze su questa campagna. Ma in tutti questi casi l’opzione militare dovrebbe essere l’ultima risorsa, e dovremmo avere molta pazienza e continuare a esercitare pressione con le sanzioni prima di imbarcarci in questa impresa. Estratto della testimonianza presso la commissione forze armate della Camera dei rappresentanti fornita il 29 settembre scorso da Kenneth M. Pollack direttore di ricerca al Saban Center for Middle east Policy alla Brookings Institution. Kenneth M. Pollack