Umberto De Giovannangeli, l’Unità, 04/11/2005, 4 novembre 2005
Meir Shalev: ”Io israeliano dico no allo scontro di civiltà”, l’Unità, 04/11/2005 "Coloro che manifesteranno stasera (ieri, ndr
Meir Shalev: ”Io israeliano dico no allo scontro di civiltà”, l’Unità, 04/11/2005 "Coloro che manifesteranno stasera (ieri, ndr.) a Roma non sono solo amici di- Israele. Sono sostenitori dei dialogo contro coloro che evocano guerre di civiltà e conflitti di religione. Noi israeliani abbiamo vissuto sulla nostra pelle, e scolpito nella storia dei popolo ebraico, a cosa può portare l’odio razziale e antisemita. E stiamo imparando che il nostro diritto alla sicurezza non è cosa altra rispetto al diritto dei palestinesi a vivere in un loro Stato indipendente, a fianco dello Stato degli ebrei, al loro focolare nazionale, a Israele. Chi manifesta per il diritto all’esistenza di Israele lancia oggi un messaggio di speranza e di solidarietà anche a quanti, tra i nostri vicini palestinesi, hanno preso coraggiosamente posizione contro l’Intifada dei kamikaze e hanno compreso che, ancora una volta, c’è chi cerca di strumentalizzare il loro dramma, violentare le loro aspirazioni nazionali, infangare la loro causa al solo fine di legittimazione interna e di mire di potenza regionale". A parlare è Meir Shalev, tra i più affermati scrittori israeliani contemporanei. Vista da Gerusalemme, qual è Il segno prevalente delle manifestazioni di solidarietà a Israele tenutesi in Italia? "Un segno confortante. Un segno di solidarietà. importante che le aberranti affermazioni del presidente iraniano abbiano sollevato una rivolta morale, prim’ancora che politica, nell’opinione pubblica italiana. Ed è altrettanto importante aver distinto la condanna del proclama di Ahmadenejad da un atteggiamento non ostile nei confronti del popolo iraniano. Non dobbiamo cadere nella trappola tesa dagli integralisti: chi manifesta oggi solidarietà a Israele lo fa in nome di quei principi di tolleranza e di rispetto verso ogni diversità, etnica o religiosa che sia, che sono alla base di ’ un incontro e non certo di uno scontro di civiltà". Cosa l’ha colpita e indignata di più nelle esternazioni di Mabrnoud Alirnadinejad? "Attenzione a non liquidare quella uscita come un infortunio, un eccesso o solo un fatto interno a un regime in difficoltà che cerca di conquistare il consenso agitando lo spauracchio del Nemico Sionista. Quello di Ahmadinej ad non è stato un incidente" lessicale. Il presidente iraniano si è candidato a leader del fronte dei rifiuto arabo-musulmano, il cui "rifiuto” non è solo a riconoscere Israele ma investe qualsiasi processo di democratizzazione interno al mondo arabo e musulmano. In quelle parole Israele è lo Stato impuro, un corpo estraneo, infetto, in un Medio Oriente concepito come un Leviatano teocratico. Il cancro da estirpare è Israele in sé, in nome di quei principi di tolleranza e di rispetto verso ogni diversità, etnica o religiosa che sia, che sono alla base di, un incontro e non certo di uno scontro di civiltà". Cosa l’ha colpita e Indignata di più nelle esternazioni di Mamoud Alimadinejad? "Attenzione a non liquidare quel-la uscita come un infortunio, un eccesso o solo un fatto interno a un regime in difficoltà che cerca di conquistare il consenso agitando lo spauracchio del Nemico Sionista. Quello di Ahmadinejad nonè stato un "incidente" lessicale. Il presidente iraniano si è candidato a leader del fronte del rifiuto arabo-musulmano, il cui "rifiuto non è solo a riconoscere Israele ma investe qualsiasi processo di democratizzazione interno al mondo arabo e musulmano. In quelle parole Israele è lo Stato impuro, un corpo estraneo, infetto,in un Medio Oriente concepito come un Leviatano teocratico. Il cancro da estirpare è Israele in sé,i nemici da combattere sono gli Ebrei in quanto tali. Israele resterebbe il Regno del Male da abbattere anche se a suo fianco nascesse lo Stato di Palestina. questo il messaggio che Ahmadinejad ha inteso lanciare alle masse arabe e musulmane, altro che difesa dei diritti nazionali palestinesi.Il presidente iraniano fa dell’antisernitismo portato all’estremo un elemento identitario, un dato fondativo della sua leadership, e nel far questo rischia di trasformare l’Iran nello Stato della Jihad. Dietro a certe estemazioni sento l’olezzo del Mein Kampf o dei Protocolli dei Savi di Sion". Manifestare per Israele significa mettere tra parentesi i diritti dei popolo palestinese? "Tutt’altro. Per questo sarei contento se in piazza a Roma accanto alle bandiere con la stella di David vi fossero anche quelle palestinesi. Uniti nel dire no ai fomentatori di odio e sì a una pace che rispetti tutti i diritti e le rispettive identità. Ahrnadinejad è il peggior nemico dei diritti nazionali palestinesi. Ma ai miei amici palestinesi, e a i loro sostenitori italiani, mi sento anche di dire che vi sono dei momenti in cui l`”unilateralismo" dei sentimenti, e non solo degli atti politici, rappresenta un valore in sé, un segnale di apertura lanciato alla società israeliana. Un valore in sé è stato il ritiro unilaterale di Israele dai territori occupati nella Striscia di Gaza, e un valore in sé può essere oggi la difesa del diritto all’esistenza di Israele di fronte alle minacce non di un jihadista qualsiasi ma del capo di uno Stato che accompagna alle parole di odio antisemita, e non solo antisionista, anche avanzati piani di riarmonucleare". A fianco di Israele significa porre tra parentesi le critiche politiche? "No, gli amici più preziosi sono quelli che ti aiutano a non commettere errori. Ma per non commetterli occorre esistere. Ed oggi è il diritto all’esistenza di Israele che va salvaguardato". Umberto Giovannangeli