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 2005  novembre 03 Giovedì calendario

"Teheran è un nemico da sempre". Il Sole 24 Ore 03/11/2005. HERZLIYA - "Chi le ha dato il numero del mio cellulare?", "Quanto ne sa lei di Medio Oriente?", "Che giornale è il suo?", sono le domande che ogni intervistato ha il diritto di porre

"Teheran è un nemico da sempre". Il Sole 24 Ore 03/11/2005. HERZLIYA - "Chi le ha dato il numero del mio cellulare?", "Quanto ne sa lei di Medio Oriente?", "Che giornale è il suo?", sono le domande che ogni intervistato ha il diritto di porre. Fanno un certo effetto, però, se le fa Shabtai Shavit che è stato capo del Mossad per sette anni, vice per tre, agente e analista dei servizi segreti israeliani per 32. Soprattutto perché uno come lui non va mai del tutto in pensione: è ancora nella commissione parlamentare per i servizi segreti, presidente dell’Istituto di politica internazionale per l’anti-terrorismo di Herzliya, a nord di Tel Aviv, e consulente di Merchav che dal Perù alla Russia compra petrolio e gas che servono a Israele. Per tutta la vita - ora Shavit ha 67 anni - il ”fronte orientale” è stato il suo problema. "Era il nocciolo strategico d’Israele - spiega -. Definiva i nostri bilanci per la difesa, i sistemi d’arma da sviluppare. Era un fattore permanente al quale dare sempre una risposta. Gli irakeni hanno partecipato a tutte le guerre contro di noi". L’Irak è un buon punto di partenza per discutere di minacce e assetti strategici nella regione, in questo 2005 particolarmente attivo. Gli israeliani si sono ritirati da Gaza, i siriani dal Libano, i palestinesi hanno un altro leader, la democrazia si affaccia in Egitto e Libano, la Siria è sotto pressione, l’Iran cerca il nucleare. Forse è la destabilizzazione irakena la questione più urgente e pericolosa. "No, l’Irak ha cessato di essere una minaccia per noi quando gli americani l’hanno invaso", risponde senza sorridere e guardando dritto negli occhi: se la spia perfetta ha un phisique du role, quello è lo sguardo e il fisico asciutto di Shabtai Shavit. Ma l’instabilità dell’Irak rischia di riverberarsi sulla regione. Non credo che gli Stati Uniti stiano per andarsene dall’Irak, almeno fino a che George Bush è il presidente. Ma prevedo che se venisse eletta, anche un’amministrazione democratica sarebbe riluttante ad andarsene: a causa della situazione energetica nel mondo e perché l’Iran è ora la nuova minaccia. Strategicamente, credo preferiscano tenere in Afghanistan e Irak un dispiegamento di forze attorno all’Iran. Quanto Israele è responsabile nella decisione d’invadere l’Irak nel 2003? Cosa avete raccontato agli americani riguardo alle armi di distruzione di massa? Lasci che le dica una cosa su quello che è una buona intelligence. Abbiamo speso anni e anni per raggiungere il livello qualitativo che riconosce tutto il mondo. Questa credibilità si fonda prima di tutto sul non usare il Mossad per scopi politici. Chi lo fa la perde: ci vogliono anni per costruirla, un attimo per distruggerla. Non abbiamo mai usato la nostra intelligence per influenzare la politica americana. Cosa avete passato agli Usa? Tutto quello che sapevamo. L’Irak aveva una capacità residuale di missili Scud con un numero molto limitato di rampe di lancio, e una capacità molto minima di testate chimiche rimaste dalla prima guerra del Golfo. Dunque l’Irak non è più una minaccia. Non per noi né per la Siria che a sua volta non è una minaccia per noi. L’Irak era un Paese con abbondanza di terra coltivabile, risorse idriche illimitate, petrolio e gas, popolazione industrializzata. da queste cose che riconosci un vero nemico potenziale. La Siria è un Paese relativamente povero con una capacità militare relativamente debole. Alla fine degli anni 70 presero la decisione strategica di spendere i loro soldi per avere una capacità missilistica. Da allora non sono cambiati. Il Paese ora è sotto pressione ed è fuori dal Libano. Secondo lei sono davvero fuori? Si, resta solo un pugno di agenti del Mukabarat. Hanno perso quasi tutto il loro controllo sul Libano. E secondo lei i guerriglieri irakeni passano dalla Siria? In gran parte no. Che vantaggio avrebbe Bashar Assad ad appoggiare la guerriglia? Nessuno: dal punto di vista politico, strategico né finanziario. Col ritiro da Gaza ora c’è chi dice che Israele si può ritirare anche dalla valle del Giordano, la sua ”Maginot” storica. La nostra presenza non è più così essenziale come in passato. Non abbiamo più una minaccia orientale. Le nostre relazioni con la Giordania sono eccellenti e quando avremo finito di costruire il Muro anche la Cisgiordania non sarà più una minaccia. Israele è più sicuro dopo il disimpegno da Gaza? Se quel ritiro sarà parte di un processo politico più vasto. Israele non è mai stato così forte militarmente ed economicamente, dobbiamo dare una possibilità al processo politico. Se ci sbagliamo, se i palestinesi perdono un’altra opportunità, siamo abbastanza forti per invertire la marcia. In questo giro d’orizzonte abbiamo dimenticato l’Iran. Io non lo dimentico mai. Dopo la guerra con l’Irak, gli iraniani capirono di non aver vinto a causa di due elementi mancanti: i missili e le armi chimiche. Decisero allora di costruire la loro capacità strategica sui missili e le armi non convenzionali. Per questo da allora l’Iran è in cima alla lista dei nostri problemi. Una volta dissi alla mia gente: andate laggiù e cercate una sola cosa, la gittata dei missili iraniani. Tornarono con la risposta: 1.300 chilometri, la distanza dall’Iran settentrionale a Tel Aviv. Per me non fu un’indicazione ma una prova. Dall’inizio degli anni 90, mentre la priorità americana era l’Irak, la nostra era l’Iran. Ray Takeyh del Council on Foreign Relations americano, sostiene che state riempiendo Washington di rapporti segreti sull’Iran, per spingere Bush ad agire. Mentre invece non sarebbe questa la minaccia: "Poichéi due Stati non hanno territori disputati e Israele non ha brandito le sue armi nucleari per minacciare l’Iran, Teheran ha il lusso di guardare Israele come un affronto ideologico piuttosto che una sfida militare". Conosco quel Paese da 30 anni, ne ho passati molti camminando per le strade e il bazar di Teheran. So riconoscere gli iraniani buoni e quelli cattivi. Sono intelligenti, sanno aspettare e vedere come si comportano gli altri. Ma non accettano nessuna coesistenza con gli infedeli. Ciò che dico è reale. Oggi l’Iran ha già sviluppato una capacità operativa missilistica e lavorano su rampe per una gittata da 5mila chilometri. Perché lei è colomba con i palestinesi e falco con l’Iran? Mi chieda qual è la vera minaccia per Israele: le rispondo l’Iran. Mi dia una buona risposta sul perché hanno creato Hezbollah in Libano e per cosa dovrebbero sviluppare il nucleare quando sono così pieni di gas e di petrolio: che cosa cercano davvero in questa regione? Ugo Tramballi