La Stampa 04/11/2005, pag.3 Mattia Feltri, 4 novembre 2005
Le diecimila fiaccole di Cdl e Unione. La Stampa 04/11/2005. Roma. Tutti buoni, buonissimi, composti e compunti, con le bandiere e le candele, e quindi le mani troppo occupate per l’applauso frenetico, e le orecchie troppo tese per lasciar spazio al rumoreggiare delle bocche
Le diecimila fiaccole di Cdl e Unione. La Stampa 04/11/2005. Roma. Tutti buoni, buonissimi, composti e compunti, con le bandiere e le candele, e quindi le mani troppo occupate per l’applauso frenetico, e le orecchie troppo tese per lasciar spazio al rumoreggiare delle bocche. «Siamo in quindicimila», hanno detto col classico ottimismo degli organizzatori quelli della comunità ebraica, ma di sicuro non sono stati quattro gatti a rispondere all’appello di Giuliano Ferrara e del suo Foglio. Ammassate e quiete, almeno diecimila persone hanno manifestato in prossimità dell’ambasciata iraniana contro il presidente di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad, e il suo proposito di «cancellare dalla carta geografica» lo Stato d’Israele. E non soltanto erano in parecchi, ma di qualità alta e profondamente meticcia, come meticcia doveva essere la fiaccolata nelle intenzioni dichiarate di Ferrara. Un meticciato evidente sin dagli occupanti del palco improvvisato ieri sera in largo Santa Costanza (vietato avvicinarsi troppo alla sede diplomatica), e specialmente dagli oratori, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, il vicedirettore musulmano («laico», ha specificato) del Corriere della Sera, Magdi Allam, e la presidente cattolica del Meeting per l’amicizia, Emilia Guarnieri. Meticciato religioso e poi meticciato politico, visto che la piazza è stata onorata dalla presenza super-bipartisan di Piero Fassino, Roberto Calderoli, Alfonso Pecoraro Scanio, Enrico Boselli, Pierluigi Castagnetti, Giovanna Melandri, Carlo Giovanardi. E poi c’erano rappresentanti dei sindacati, il gonfalone di Firenze, organizzazioni cattoliche, e c’era il sindaco di Roma, Walter Veltroni, sempre strepitoso nel tocco in più: si è portato appresso una delegazione di deportati dei lager nazisti. Il piccolo miracolo ecumenico è stato consolidato da Massimo D’Alema, pronto ad annacquare le polemiche per l’assenza di Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri, Gianfranco Fini: «Penso che il governo abbia tutti i modi per manifestare dissenso, non solo quello di fare una sfilata davanti all’ambasciata di un Paese con il quale abbiamo relazioni», ha detto il leader diessino. E il piccolo miracolo ecumenico è anche sventolato in un consorzio di vessilli con la stella di David, a stelle e strisce, blu con le stelle, tricolori, arcobaleno, ed è infine evoluto in un miracolo della resurrezione con la comparsa di bandiere provenienti dall’aldilà: quelle del Pli, del Pri e del Psdi. E siccome Boselli era lì in ricordo «di un grande socialista» come Yitzhak Rabin, il primo ministro israeliano ucciso nel novembre del ’95 da un connazionale estremista di destra; e siccome Fassino era lì, e non significava «appiattirsi sulle posizioni dei falchi Usa del partito repubblicano»; e siccome Veltroni era lì per «un’idea di convivenza civile»; e siccome Calderoli era lì per caldeggiare l’espulsione dell’Iran dall’Onu; e siccome, insomma, ognuno aveva il suo buon motivo per essere lì, e non sempre i motivi erano confliggenti, e anzi si condensavano nel diritto indiscutibile di Israele alla sopravvivenza, non si può che applaudire. Anche perché questa tensione verso il meticciato ha avuto una perfetta sintesi nelle parole di Allam: «La mia è una battaglia per la vita di tutti, compresi i palestinesi e compresi i musulmani vittime del barbaro terrorismo di matrice islamica». Chi si oppone all’esistenza di Israele, ha aggiunto, di fatto si oppone all’esistenza della Palestina. E che la strategia di Ahmadinejad sia di «stampo nazista» potrebbe essere confermato anche soltanto dal fatto che l’unica opposizione concreta alla fiaccolata è venuta dai neofascisti di Forza Nuova. Ma per la verità è venuta anche dal partito marxista-leninista. Dopo aver seguito il meditato intervento di Emilia Guarnieri, che ha invitato a non confondere il concetto di «tolleranza» con un atteggiamento di «indifferenza generica», si sono potute meglio apprezzare le successive parole del rabbino Di Segni, il quale ha ritenuto doveroso ringraziare aderenti e presenti, ma anche chi ha dissentito nei modi ma non nei motivi della manifestazione. Il riferimento era diretto, per esempio, a Fausto Bertinotti. A tutti gli altri, affascinati dalla politica del governo iraniano, oppure insensibili al tema, Di Segni ha riservato il suo «orrore». E si è tenuto stretta la diffusa e incondizionata solidarietà spiegando che «la nostra non è una protesta né contro l’Islam, né contro l’Iran né contro il popolo iraniano. Tanto è vero che noi non bruciamo le bandiere». Semmai è contro «un male antico che riemerge in modo nuovo», e del resto, ha detto, se siamo qui a riaffermare il diritto all’esistenza di Israele, significa che è un punto ancora in discussione. E infine ecco, tutti buoni, buonissimi, composti e compunti, sopra e sotto il palco, quasi una riunione accademica, sinché non è comparso per la chiusura Giuliano Ferrara, e l’ha proposta in lingua farsi: «Durud bar azadi, zendebad Israel», viva la libertà, viva Israele. E ancora, scandito e gridato, «Zendebad-Israel-zendebad-Israel», per il tambureggiante epilogo di una serata ben fatta. Mattia Feltri