Salvatore Cannavò, Liberazione, 04/11/2005, 4 novembre 2005
Se la sinistra attacca la destra da destra, Liberazione, 04/11/2005 Bisognerà guardarsi bene dall’antiberlusconismo che offusca la ragione e i sentimenti
Se la sinistra attacca la destra da destra, Liberazione, 04/11/2005 Bisognerà guardarsi bene dall’antiberlusconismo che offusca la ragione e i sentimenti. Bisognerà farlo con attenzione perché un eventuale maggioranza di centrosinistra non durerebbe un giorno se arrivasse alla prova elettorale unita solo dal collante dell’avversario da battere ”a qualunque costo”. Si tratta di una linea politica miope che può solo fare danni a una coalizione che invece ha il dovere di cambiare profondamente questo paese. Un esempio di questa impostazione ce lo da ieri l’Unità. Con un fondo di prima pagina, a firma del direttore, Antonio Padellaro, intitolato ”fiaccole e brindisi”, lo storico giornale della sinistra compie un’operazione che ci lascia stupiti e che quindi, con molto rispetto, vogliamo affrontare. Stiamo parlando dell’iniziativa, promossa dal governo, di offrire un pranzo agli ambasciatori dei paesi islamici per celebrare la fine del Ramadam. Una cerimonia, presieduta autorevolmente dal presidente del Consiglio e a cui, ovviamente, partecipa anche l’Iran, con il suo ambasciatore a Roma. L’iniziativa ha del sorprendente: ma come, non era stato proprio Berlusconi a teorizzare la ”superiorità” della civiltà occidentale rispetto a quella islamica? E non è la destra a essere schierata in prima fila, non solo contro l’Iran, con posizioni, come quella di Pera, che incitano allo scontro di civiltà? Improvvisamente, e sorprendente, il governo se ne esce invece con un’iniziativa di grande apertura culturale. Nel banchetto svoltosi a Villa Madama, infattti, (a cui hanno preso parte 41 ambasciatori) Berlusconi ha parlato dell’importanza che ”gli italiani conoscano meglio i fondamenti della religione islamica perché, dopo la tragedia dell’11 settembre, sia chiaro a tutti i terroristi che uccidono non hanno nulla a che fare con essa” (sì, avete letto bene, ha detto proprio così). E poi ha sottolineato l’importanza del ”dialogo tra le nostre civiltà” che per quanto differenti ”sono accomunate dagli stessi valori di umanità”. Insomma roba da far impallidirei l vecchio papa Woytila e degne di un apprezzamento disinteressato, come ha immediatamente rilevato il segretario del Prc, Fausto Bertinotti, che ha parlato di un discorso ”civile” e da ”promuovere”. Per l’Unità tutto questo, invece, non è esistito, e l’editoriale di Padellaro se la prende con un governo che ”sei giorno dopo le inaccettabili affermazioni del presidente iraniano non ha ancora convocato l’ambasciatore di Teheran a Roma” dimostrando un polso molto più debole di quello di Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Mosca, Budapest. Anzi, il quotidiano dei Ds mette in berlina Silvio Berlusconi per aver brindato con l’ambasciatore iraniano ”alla pace trai popoli”, sottolineando poi la distanza esistente tra la fiaccolata di ieri sera e il brindisi della sera precedente e invitando il governo, e soprattutto la Farnesina, a far sentire forte la voce italiana contro l’Iran, soprattutto in sede europea, rimettendo mano ai contratti di petrolio e gas naturale che importiamo da quel paese. Insomma, il paradosso di una critica da ”destra” (se ci è consentito il termine) da parte di un giornale di sinistra a un governo di destra. E che fa presupporre che a via Nomentana, ieri sera, i più duri non fossero Ferrara e i suoi amici ma niente di meno che gli uomini del centrosinistra. Non vogliamo crederlo: e infatti non è vero. Il fatto è che la questione rimanda a quanto dicevamo all’inizio, e cioè all’approccio da assumere nei confronti delle politiche del governo e, di rimando, alle idee che si vogliono difendere e affermare. Il paradosso dell’Unità è che, in nome di un principio assoluto – la critica a Berlusconi – mette in ombra un’iniziativa intelligente, come il pranzo di Villa Madama, per poi avallare di fatto un’ipotesi di politica estera cara ai ”falchi” di Washigton. E invece l’iniziativa del governo offre il destro per adottare un approccio diverso, da quello seguito finora, all’intera questione mediorientale e al rapporto con il mondo islamico. Un approccio che può mettere in ombra lo ”scontro di civiltà e quindi i muri, le barriere, gli spauracchi che quello si porta dietro per creare mobilitazione e coscienza del ”nemico”. un’iniziativa che si pone in oggettiva contraddizione con la fiaccolata proprio perché quella rappresenta il modo più adeguato di affrontare il problema, mentre questa risponde ancora alla logica della civiltà occidentale, in questo caso Israele, da difendere pregiudizialmente. Dallo scontro di civiltà, infatti, deriva una ”politca dei due tempi’” in cui al primo posto c’è il necessario risentimento morale contro le affermazioni del presidente iraniano e poi – poi, non si sa quando - viene la risoluzione di un indefinito ”rebus mediorientale” (in genere la negazione dello stato palestinese viene disciolta in un’indistinto conflitto arabo-israeliano, mentre lì c’è un conflitto chiarissimo e circoscrivibile). Al contrario, noi crediamo che sia più efficace una posizione ”sintetica” in cui l’opposizione al carico di violenza che Ahmadinejad vuole imprimere alla regione (in gran parte per motivi di consenso interno) è più efficace se rappresenta una posizione di pacifismo ”assoluto” in cui la fine dell’occupazione dei Territori occupati e il riconoscimento dello stato palestinese sorreggono ulteriormente il diritto all’esistenza di Israele che rappresenta ormai un fatto talmente acquisito da essere difficilmente reversibile. Se una contraddizione va rilevata nell’atteggiamento del governo italiano, non è il brindisi con l’ambasciatore iraniano in occasione della fine del Ramadan e in nome dell’amicizia tra i popoli, quanto il resto della politica estera che invece esalta la linea dura imposta dall’amministrazione Usa che mette, ormai, al centro dello scacchiere mediorientale, gli interessi di Israele e non, invece, quelli della convivenza pacifica tra i due popoli. Ma se non ci liberiamo di un antiberlusconismo preventivo questa discussione rischieremo di farla tra le pieghe di urgenze che non siamo noi a dettare. Oppure la faremo in ritardo, magari fuori tempo massimo. Salvatore Cannavò