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 2005  novembre 04 Venerdì calendario

All’Islam è richiesto un passo, L’Avvenire, 04/11/2005 Di che cosa parliamo quando parliamo di Medio Oriente? Per rispondere non basta certo definire lo spazio geografico, una regione di poco meno vasta dell’Australia e di molto più vasta dell’Unione Europea che va dall’Africa (Egitto) all’Asia (Iran), popolata da 320 milioni di abitanti

All’Islam è richiesto un passo, L’Avvenire, 04/11/2005 Di che cosa parliamo quando parliamo di Medio Oriente? Per rispondere non basta certo definire lo spazio geografico, una regione di poco meno vasta dell’Australia e di molto più vasta dell’Unione Europea che va dall’Africa (Egitto) all’Asia (Iran), popolata da 320 milioni di abitanti. E nemmeno quello economico, l’enorme riserva naturale che ospita i due terzi delle riserve mondiali di idrocarburi. Curioso, anche, quanto poco ci si ricordi del fatto che il Medio Oriente è la regione in cui non solo le tre grandi religioni monoteistiche sono nate ma pure sono vissute per secoli l’una accanto all’altra. Più o meno in pace, mostrando relativa e non garantita tolleranza l’una nei confronti delle altre, alternando la quiete a massacri feroci: ma non peggio di quanto succedeva altrove sotto altre bandiere. Gli esempi sono infiniti, anche se ormai servono soprattutto ad alimentare inutili polemiche su chi si sia comportato peggio. Potremmo ricordare, nella scia emotiva della marcia per il diritto di Israele a esistere e contro le minacce del presidente iraniano Ahmadinejad, che la prima crociata (1095) fu lanciata per liberare i Luoghi Santi e frenare la pressione su Bisanzio dei Turchi Selgiuchidi, ma ebbe come prologo una serie di sanguinosi pogrom contro gli ebrei tedeschi, che non volevano finanziare la spedizione, da parte dei nobili francesi ch’erano alla testa delle truppe crociate. Ed è un fatto storico che citiamo proprio perché potremmo facilmente ricordare quante umiliazioni debbano ancor oggi subire i cristiani pur di non abiurare la propria fede. Resta il fatto che la vicenda del Medio Oriente, dai Sumeri all’Impero Ottomano, è per quasi cinque millenni caratterizzata da uno spiccato pluralismo religioso e culturale. Come si vede, l’intolleranza è un prodotto dell’età moderna, quando il Medio Oriente si fraziona in Stati ricalcati sul modello di quelli europei. Stati che, non potendo essere "nazionali" nel pieno senso del termine (con l’esclusione, forse, di Iran ed Egitto), hanno trovato nel fattore religioso l’elemento aggregante rispetto alla frammentazione etnica e tribale. Oggi, dei 16 Paesi della regione, solo due Cipro e Israele hanno maggioranze che non si riconoscono nella religione islamica, e uno il Libano ha trovato una sua faticosa formula di pluralismo religioso e culturale. Proprio per questo una solida speranza per il riassetto della regione potrà nascere solo se troveremo il modo di ritornare a quella condizione antica, a quella convivenza tra le tre grandi religioni che proprio tra queste sabbie furono rivelate all’uomo. Questo non significa che non si debbano chiudere i conflitti politicomilitari, o che i focolai del terrorismo non vadano spenti: è un lavoro che deve essere decisamente completato. Significa però rendersi conto che anche la pace tra Israele e i palestinesi (il conflitto da più lungo tempo aperto) chiuderà un doloroso capitolo particolare ma non quello generale. il momento in cui l’islam, religione divisa al proprio interno ma comunque dominante in Medio Oriente, deve affrontare un responsabile sacrificio: restituire alle altre religioni (e quindi alle altre culture) l’antica libertà, la libertà di cui l’islam storico seppe tra l’altro approfittare per acquisire contributi preziosi. Per ottenere questo, però, noi dobbiamo dialogare con l’islam ragionevole, che esiste e aspetta un segnale forte. Parlare troppo di guerra non indebolisce affatto i fanatici, mentre toglie spazio a chi ha intelligenza del mondo e coscienza della propria storia. Fulvio Scaglione