La Repubblica 04/11/2005, pag.5 VANNA VANNUCCINI, 4 novembre 2005
Slogan, striscioni e invettive ma contro l´Italia niente violenze. la Repubblica 04/11/2005. Ieri mattina, chi a Teheran si trovava a passare per la via Neauphle le Chateau (che prende il nome della banlieue dove l´imam Khomeini passò gli anni del suo esilio parigino), incontrava due gruppi di giovani che offrivano, a distanza di un isolato, un quadro paradigmatico di quello che è l´Iran di oggi
Slogan, striscioni e invettive ma contro l´Italia niente violenze. la Repubblica 04/11/2005. Ieri mattina, chi a Teheran si trovava a passare per la via Neauphle le Chateau (che prende il nome della banlieue dove l´imam Khomeini passò gli anni del suo esilio parigino), incontrava due gruppi di giovani che offrivano, a distanza di un isolato, un quadro paradigmatico di quello che è l´Iran di oggi. Davanti all´Ambasciata d´Italia c´erano un centinaio di giovani che scandivano «Marg bar Amrika», «Morte all´America» e «Marg Bar Israil», «Morte a Israele» (Israele per la verità viene ufficialmente chiamato in Iran «Entità sionista» ma i manifestanti avendo interesse a farsi capire dagli occidentali non andavano per il sottile). Davanti all´Ambasciata di Francia, ad appena un isolato di distanza, c´era una lunga fila di giovani che non erano venuti per protestare ma per chiedere un visto per partire per l´Europa. Il primo gruppo rappresenta un decimo dei giovani iraniani; il secondo gruppo il restante 90 per cento. Quella iraniana è oggi una società complessa, moderna, dove la teocrazia è certo un unicum al mondo e di democrazia ce n´è poca, ma dove in fondo tutto funziona come in occidente: i ricchi si godono le loro ricchezze e cercano di moltiplicarle; i poveri si arrabattano per sopravvivere, pregano Allah e covano rancore; e le classi medie cercano disperatamente di non impoverirsi e possibilmente di arricchirsi almeno un po´. Ogni anno migliaia di giovani iraniani lasciano il Paese e basta sedersi in un caffè frequentato da studenti per capire che il solo argomento che li interessa ormai è come lasciare l´Iran; esattamente come alcuni anni fa, all´inizio dell´èra Khatami, l´argomento che li appassionava era la politica, che, speravano, poteva offrire all´Iran un modo di uscire da una rivoluzione islamica senza eccessivi danni. Nulla di questa realtà è cambiato da quando Ahmadinejad è diventato presidente grazie, da una parte, appunto al disinteresse per la politica della maggior parte degli iraniani e, dall´altra alla mobilitazione di alcuni milioni di pasdaran. Davanti all´Ambasciata d´Italia i manifestanti sono rimasti un paio d´ore, poi se ne sono andati avendo cura di ripiegare i loro striscioni che verranno buoni per la prossima occasione. Questi gruppi di giovani vengono regolarmente reclutati (dietro modeste ricompense oppure anche solo per il gusto di passare una giornata diversa, fuori dal tran tran nelle periferie senza lavoro e senza divertimenti dove abitano). Mèta prescelta per le manifestazioni di protesta è di solito l´Ambasciata britannica (quella americana è stata trasformata in museo). Lì normalmente vola anche qualche sasso. Davanti all´Ambasciata d´Italia invece manifestazioni finora non ce n´erano state e ieri mattina non sono volati sassi - forse perché le mura esterne sono prive di finestre. Nessuno ha rivendicato la manifestazione, nemmeno i basiji, i volontari islamici che formano il retroterra culturale e sociale cui attinge il presidente. Ahmadinejad, che era stato eletto sulla promessa di migliorare le condizioni di vita dei poveri (il 40 per cento degli iraniani vive sotto la soglia di povertà e il 35 per cento dei giovani tra i 25 e i 44 anni sono disoccupati in un Paese che è il secondo produttore di petrolio del mondo) ha varato ieri un programma per dare ai poveri una parte delle immense entrate petrolifere. 14 milioni di famiglie potranno comprare azioni delle compagnie petrolifere pagandole in venti anni. Con le sue invettive contro Israele Ahmadinejad è riuscito in questi giorni a mascherare la debolezza che ha contrassegnato i suoi primi quattro mesi di governo, a serrare i ranghi dei suoi seguaci e obbligare tutti gli altri al silenzio. Mercoledì aveva nominato quattro ministri e richiamato, per sostituirli con uomini suoi, 29 ambasciatori dalle varie capitali nel mondo, incluso quelli impegnati nel delicato negoziato nucleare con l´Unione europea. Precedentemente aveva sostituito con uomini suoi (cioè uomini provenienti dalle file dei Sepah Pasdaran, le Guardie rivoluzionarie) i prefetti di tutte le province. Ahmadinejad è convinto che la Repubblica islamica può sopravvivere solo com´era nata, cioè nel confronto contro l´Occidente. Ma molta parte della stessa nomenklatura religiosa è consapevole del pericolo di un aumento delle tensioni con l´Occidente. Non a caso ieri è stato consentito agli ispettori dell´Aiea l´accesso a siti nucleari che precedentemente erano stati loro preclusi. Insieme alla preoccupazione, tra i conservatori iraniani c´è però anche la tentazione di approfittare dell´occasione offerta dall´ascesa del potere sciita in Iraq per diventare una potenza regionale a pieno titolo (incluse le ambizioni nucleari). Dipenderà anche dalle reazioni occidentali se prevarrà la prima o la seconda. VANNA VANNUCCINI