MACCHINA DEL TEMPO LUGLIO 2005, 4 novembre 2005
Leggendo il rapporto di Legambiente ”Ambiente Italia 2005” (pp.236, 19,80 _) viene da pensare che l’Italia abbia la febbre e non riesca a guarire
Leggendo il rapporto di Legambiente ”Ambiente Italia 2005” (pp.236, 19,80 _) viene da pensare che l’Italia abbia la febbre e non riesca a guarire. Il quadro che emerge sul nostro Paese, infatti, è tutt’altro che roseo. Col contributo di venti esperti, il rapporto analizza la qualità dell’ambiente e la competitività dell’Italia, due aspetti per i quali il nostro Paese non brilla affatto. Tra il 2003 e il 2004 siamo retrocessi nella graduatoria mondiale in quanto a competitività, in controtendenza con i dettami di Kyoto abbiamo aumentato le emissioni di gas serra e non siamo riusciti a schiodare il Pil (prodotto interno lordo) da un misero 1,3 per cento. I nostri consumi non crescono; cresce, in compenso, il trasporto su ruote che, invece, continua a essere il mezzo principale per la distribuzione delle merci. Tuttavia, nonostante la scarsità di materie prime e i problemi economici ed energetici, non possiamo considerarci ”poveri”. La nostra ricchezza sta nella valorizzazione delle risorse territoriali e ambientali. Nella creazione di ”reti territoriali della qualità”: imprese agroalimentari, turistiche o culturali per le quali esiste un forte legame con il territorio. Non a caso l’industria legata al vino è di tutto rispetto (muove 8 miliardi di euro l’anno e oltre un milione di persone), così come lodevoli sono i risultati nel riciclaggio dei rifiuti. Allora, qual è la strada da seguire per guarire dalla febbre? Come suggerisce Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente: «Bisogna evitare di sprecare il talento che abbiamo».