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 2005  novembre 04 Venerdì calendario

Una colorata folla bipartisantra kippah e slogan in farsi. La Repubblica 04/11/2005. Roma. In mezzo ad una marea di bandiere biancocelesti con la stella di David, Giuliano Ferrara prende la parola in farsi, che è la lingua di Mahmoud Ahmadinejad: «Zendebab Israel! Zendebab Israel! Viva Israele! Viva Israele!» Ecco - dice Ferrara - a Roma, per una sera, si parla così, in iraniano

Una colorata folla bipartisantra kippah e slogan in farsi. La Repubblica 04/11/2005. Roma. In mezzo ad una marea di bandiere biancocelesti con la stella di David, Giuliano Ferrara prende la parola in farsi, che è la lingua di Mahmoud Ahmadinejad: «Zendebab Israel! Zendebab Israel! Viva Israele! Viva Israele!» Ecco - dice Ferrara - a Roma, per una sera, si parla così, in iraniano. L´ambasciatore di Teheran, per quel poco che starà ancora qui, dovrà ascoltarci...». Bravo Giuliano! Un applauso! Qualcuno alza uno striscione. Celentano ha contagiato persino questo appuntamento: «Israele è rock, il presidente iraniano è lento». I giovani ebrei con la kippah applaudono il direttore del «Foglio» che ha convocato questa «piazza meticcia», come dice lui. Una piazza di «diversi, opposti, normali, strani, uniti». Piero Fassino, svetta per altezza: «Sono qui come tanti cittadini per riaffermare il diritto ad esistere di Israele. La pace in Medio Oriente si ottiene non con uno stato in meno ma con uno stato in più». Il centrosinistra non fa gruppo, si presenta in ordine sparso. Basso profilo come Giuliano Amato, come Massimo D´Alema che tiene in mano la maglietta della manifestazione, una t-shirt con la croce nera che cancella Israele prodotta dalla comunità ebraica di Roma. Il presidente dei Ds è lì, tra le fiaccole di Santa Costanza, Fini invece ha dovuto rinunciare: «Che cosa ne penso della sua assenza? Penso che il governo possa manifestare il suo dissenso in altre maniere, non solo partecipando ad una sfilata davanti all´ambasciata di un paese con il quale abbiamo relazioni diplomatiche». Non c´è Fini ma ci sono i suoi, che serrano le fila, fanno gruppo: ecco Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Italo Bocchino, Andrea Ronchi, il consulente bulgaro Mairov, l´uomo che tesse da sempre i contatti della destra in Israele. Tutti insieme. Le telecamere li inquadrano alle prese con i saluti di rito al rabbino capo della comunità di Roma, all´ambasciatore israeliano Gol, ormai una vecchia conoscenza. Amos Luzzatto, capo delle comunità ebraiche italiane, se ne sta un po´ in disparte, qualche metro più in là. Alle sue spalle Bondi, Cicchitto, Elio Vito, Antonio Tajani che deve correre quasi subito a Primo Piano per un´intervista. Piazza meticcia, l´ha chiamata «Il Foglio». Ognuno ha le sue ragioni per essere davanti a quel piccolo palco allestito su un camion messo di traverso. Ognuno fa gruppo con i suoi, ognuno ha la sua storia, anche le sue contraddizioni. Roberto Calderoli, per esempio, che invoca tolleranza zero per gli immigrati, specie se musulmani, è venuto a dire che bisognerebbe cacciare subito l´ambasciatore iraniano. Ma non è serata da distinguo. Bandiere israeliane, americane (poche),qualche tricolore della pace. Ci sono gli ex deportati dei Lager, i rautiani, i monarchici, hanno aderito Cohn Bendit e Giano Accame, Gae Aulenti e Baget Bozzo, Glucksmann e Zeffirelli. Marco Pannella, tonificato dal nuovo corso radicale, si aggira con un cartello che invoca l´ingresso di Israele nell´Unione Europea, Bobo Craxi, piegato dalle fatiche dell´ultimo congresso, spiega perché è venuto alla fiaccolata: «Sento da tempo un rumorino di fondo antisemita che non mi piace e questo non giova certo alla causa palestinese». A destra c´è la tentazione forte di fare la conta degli assenti, di planare sulla polemica politica. Gasparri sibila su Diliberto: «Qualche mese fa ha stretto la mano agli hezbollah in Libani. E´ chiaro che se uno stringe la mano ai terroristi non può stare ad una manifestazione per la democrazia. Il problema è tutto di Prodi». Ironia isolate, battute come quella di Pannella: «Vedo con piacere che chi mi insultava per le cose che dicevo su Israele ora è in questa piazza». Piazza meticcia che non potrà trasformarsi solo per «una giusta causa», come la chiama D´Alema, ma è anche vero che, osserva Amoz Luzzatto, riuscire a stare insieme è sempre una bella prova di democrazia». «Siamo quindicimila», tuonano dal palco. La polizia dice diecimila. Poco importa. L´atmosfera è di festa, quasi alla fine l´evento si sia trasformato da quella «roba seria, non frivola», per dirla alla Ferrara, in una serata liberatoria con i giovani ebrei che ascoltano musica kletzmer e saltano tenendo stretta la bandiera con la stella di David. «Zendebab Israel! Zendebab Israel!» Viva Israele! Viva Israele»! La fiaccolata finisce con l´inno di Mameli e l´inno israeliano. Se ne vanno Di Pietro e Biondi, Chicco Testa e Clemente Mimun, Dario Franceschini e Willer Bordon. Israele è rock, il presidente iraniano è lento.... Alcuni giovani ebrei se la prendono con Fausto Bertinotti: «Se fosse stato qua sarebbe uscito dall´anacronismo in cui sta vivendo». A poche centinaia di metri, l´ambasciata iraniana è immersa nel buio più assoluto, irraggiungibile come un castello, blindata dalla polizia. Alessandra Longo