La Repubblica 03/11/2005, Marco Lodoli pag.I (cronaca di Roma), 3 novembre 2005
Quella vita vera con i fidanzati rumeni. La Repubblica 03/11/2005. Faccio fatica a restare dietro la cattedra, mi sento un leone in gabbia
Quella vita vera con i fidanzati rumeni. La Repubblica 03/11/2005. Faccio fatica a restare dietro la cattedra, mi sento un leone in gabbia. Quando spiego, devo camminare avanti e indietro, cercando di coinvolgere gli studenti in un modo quasi fisico, e così, senza volerlo, mi capita di leggere le scritte a pennarello e i simboli che istoriano i banchi. Sono messaggi sintetici ma importanti, che raccontano l´aria che tira. Nei primissimi anni Ottanta si affacciavano ancora slogan rivoluzionari, poi il malessere delle periferie ha prodotto parecchie svastiche, quindi la Roma e la Lazio hanno avuto la meglio su ogni fazione politica. E naturalmente l´amore ha sempre avuto sui banchi la sua fiorita bacheca. Soprattutto le ragazze sentono il bisogno di esprimere i loro sentimenti: quanti giuramenti di amore eterno ho letto, nomi che ricorrevano appassionatamente per mesi e mesi, e poi di colpo sparivano. Nomi di ragazzi reali o soltanto sognati da lontano, dalle quattro mura malinconiche di una classe. Nomi di cantanti di boy-band, prima i Take That, quindi i Backstreet Bois e ora i Blue. Ebbene, pochi giorni fa ho letto una frase che non sono riuscito a decifrare al volo: Dragostea, te iubesc mult. E un´altra; iubirea mea, esti lumina mea. Che significano, e a chi sono rivolte queste parole oscure? Di colpo ho scoperto un fenomeno che neppure immaginavo: cinque ragazze della quarta A sono fidanzate con giovani rumeni. Hanno imparato un poco la loro lingua, almeno quello che serve, le parole trepidanti dell´amore. Avevo l´impressione che in periferia ci fosse poca simpatia per gli immigrati. Ed ecco che d´improvviso le cose sembrano cambiate, adesso molte ragazze guardano con interesse questi immigrati, ne apprezzano il coraggio, la caparbietà, la voglia di lottare e di fare sacrifici. E alcune si innamorano di tanta energia vitale. A loro i giovani italiani sembrano deboli e viziati, persi dietro un telefonino o una lamentela perenne. «I giovani italiani sono stanchi, depressi, sconfitti prima ancora di combattere, persone senza slanci, già arrese nei loro vestitini firmati» mi ha detto una delle nuove innamorate. E così imparano con gioia a dire e a scrivere «dragostea, te iubesc mult», tesoro mio ti amo tanto, e sono felici di questi nuovi amori, sentono che la vita pulsa, che il vento soffia, che il tempo finalmente si muove. Marco Lodoli