Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 03 Giovedì calendario

Il Colosseo è inondato dalla luce del sole, appena schermata dal velarium che funge da copertura, e nell’arena i gladiatori offrono al pubblico urlante l’agognato spettacolo di sangue

Il Colosseo è inondato dalla luce del sole, appena schermata dal velarium che funge da copertura, e nell’arena i gladiatori offrono al pubblico urlante l’agognato spettacolo di sangue. Questa volta, però, non c’entrano i maghi degli effetti speciali né i registi alla Ridley Scott (quello che ha diretto ”Il Gladiatore”, per intenderci), perché il film è completamente virtuale. Edifici, case, scene di vita nella Roma imperiale e personaggi narranti, tutto è parto del computer e dell’ingegno di un pool di esperti mondiali coinvolti in ”Virtual Rome”, il progetto che prevede la creazione, entro la primavera del 2006, di un teatro virtuale da 150 posti (la cui location definitiva, però, è ancora segreta). L’idea è offrire, alle migliaia di turisti che affollano quotidianamente i siti archeologici più famosi della capitale, un ’antipasto’ da consumare prima della visita sul campo. Una sorta di viaggio nel tempo, fino a 2000 anni fa, che sia non soltanto originale ed emozionante, ma che abbia una forte valenza contestualizzante, cioè che fornisca un’informazione storico-archeologica più diretta e impattante (grazie alle immagini virtuali) di quelle contenute nei pannelli esplicativi posti all’ingresso dei monumenti antichi. Chi si farà garante della corrispondenza storica dei modelli ricostruiti al computer è un comitato scientifico composto da esperti italiani e internazionali. Il filmato virtuale durerà 10-15 minuti e per godersi in maniera semi-immersiva le varie scene (oltre al Colosseo, si ”camminerà” nei Fori imperiali e si potranno visitare la Casa di Augusto, la Basilica di Massenzio, la Domus Aurea neroniana e tanti altri luoghi) sarà sufficiente inforcare speciali occhiali per la visione 3D. Partner di Virtual Rome sono Past Perfect Productions, la società romana ideatrice dell’iniziativa, che modella i siti, progetta e studia i contenuti e lo storyboard del film, nonché AF Costruzioni, che si occuperà dello spazio da adibire a teatro virtuale. La parte tecnologica è affidata a tre colossi americani, Ucla (l’Università di Los Angeles), l’Università della Virginia e Fakespace Systems, che ha già stupito il mondo con il suo virtual unwrapping (si può tradurre, ”spacchettamento virtuale”) della mummia del sacerdote egiziano Nesperennub, nell’ambito della mostra ”Mummy: The inside story” al British Museum di Londra. I personaggi virtuali e le folle di persone saranno invece realizzati dal Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Salerno. Allestire teatri a Roma è facile, si dirà, mentre allestirli in altri posti, spesso attraversati dalle rotte turistiche a causa dello scadente stato di conservazione dei loro siti archeologici, può risultare un flop. Ecco allora la seconda scommessa. Nel prossimo mese di novembre, sarà aperto un teatro ’pilota’, più piccolo di quello romano, a Nocera Inferiore (Sa). Promotore dell’iniziativa è il locale ”Patto dell’agro Nocerino-Sarnese” (agenzia di sviluppo locale nata per favorire l’occupazione sul territorio della Valle del Sarno) che intende sfruttare il virtuale per ridestare negli abitanti della zona l’amore per il proprio patrimonio culturale. Non vi spaventate se, nei prossimi anni, vedrete sorgere altri teatri, in tutta Italia. Nessuno intende sostituire il classico tour archeologico con un tour virtuale. A meno che questo, per ragioni di sicurezza o di indisponibilità del bene (pensate alla splendida villa romana di Murecine, trovata nel ’99 non molto lontano da Pompei e poi sepolta di nuovo per permettere la costruzione della terza corsia dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria) non sia possibile. Al contrario, si è pensato anche a come esportare l’alta tecnologia all’interno dei siti stessi, offrendo ai turisti dei tour virtuali in real time. scattata, cioè, l’ora dei computer palmari, degli handhelds (sorta di piccole consolle) e, in futuro, dei videofonini (vedere box a pagina 116). Le vecchie audioguide hanno i giorni contati. I palmari, progettati dalle società Pierreci, Audioguide e Global Art Systems promossi dalla Soprintendenza archeologica di Roma, che ne ha sviluppato i contenuti, sono già in uso da oltre un anno alla Domus Aurea, mentre gli handhelds denominati MUSE (Museum & Sites Explorer), nati da una collaborazione tra Ducati Sistemi, Università di Bologna e ArtResearch, sono stati testati alla Casa del Centenario, a Pompei, con il sostegno della locale Soprintendenza e dovrebbero essere disponibili dal prossimo settembre. Per i videofonini bisogna aspettare un altro po’. MUSE è tecnologicamente molto più avanzato del palmare. Si avvale di una banca dati di immagini virtuali preimpostata e gestisce sia contenuto virtuale che veri e propri film, immagini e audio. Il dispositivo handheld, in più, è dotato di bussola, accelerometro e di un sensore GPS grazie ai quali potrà determinare con precisione la posizione dell’osservatore. Ciò significa che sullo schermo apparirà, in tempo reale, l’immagine virtuale esattamente corrispondente alla struttura cui è rivolto il suo sguardo. Ulteriore evoluzione di questo sistema, in cui l’utente dialoga direttamente con la macchina, potrebbe essere quella di una guida virtuale umanizzata, che in gergo tecnico si chiama avatar. Sull’argomento sta concentrando tutte le sue attenzioni e il suo know how il Dipartimento di informatica dell’università di Salerno autore, recentemente, di un modello di schiava romana, ”Pompea” (vedere box a pagina 114), che ha partecipato anche al famoso Miss Digital World, il contest mondiale in cui si affrontano i migliori personaggi virtuali. Ricreati gli scenari e i personaggi, costruite le macchine, non rimane che fare... gli utenti. Le aziende si stanno ancora interrogando su come rendere confortevoli le ricostruzioni e i relativi supporti tecnologici, in grado di assecondare i comportamenti tipici delle persone che si muovono nell’ambiente virtuale. Per avere la risposta basta recarsi al CINECA (Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale) di Bologna, dove un uomo, che ha le mani infilate in speciali guantini interattivi, ”naviga” in una villa romana visualizzata su un megascreenn grande 1 x 1,35 metri. Il suo compito è sperimentare nuove interfacce 3D. «I guanti sono muniti di tracker ottici collegati a flash a infrarossi – spiega il ricercatore Michele Diegoli - grazie a loro posso muovermi con un discreto margine di libertà nella terza dimensione. Il futuro della realtà virtuale è questo perché è questo che vuole la gente». Le aspirazioni dei ”virtualnauti” sono anche nelle sue mani, è proprio il caso di dirlo. Ma oltre che di eccellenti tecnici, chi si occupa di realtà virtuale ad alti livelli deve ormai avvalersi anche di valenti psicologi e sociologi. Questo perché sono cambiate le mode e anche le regole del gioco. Anni fa si è cominciato timidamente a ricostruire qualche monumento in 3D, offrendo al pubblico modellini belli, ma ’inerti’. Pian piano il pubblico ha chiesto, invece, di essere sempre più coinvolto e ha chiesto di poter interagire con quei modellini, magari entrandovi dentro e visitandoli. Un tendenza che punta diritto all’ultima frontiera della realtà virtuale. L’ambiente cosiddetto ”full immersive”, in cui l’utente è completamente calato, grazie all’uso di caschetti speciali, in un ambiente virtuale e perde tutti i riferimenti esterni. Insomma, vive la storia.  facile immaginare quanto, prima di questo grande e definitivo salto tecnologico, sia importante fare ancora dei test sulla percezione che le persone hanno del virtuale e sulla funzione che il virtuale deve avere nel concreto. Bene, i teatri virtuali (come quelli che stanno per nascere a Roma e Sarno o quello che esiste già al CINECA) che proiettano spettacoli in ”stereoscopia” (cioè in 3D) si propongono come la soluzione intermedia tra il passato e il futuro. Il film virtuale a cui il turista assiste nel teatro, infatti, è fortemente ancorato, nella struttura, nella regìa, nella scelta delle immagini e delle inquadrature, ai dettami dello ”storytelling”. Allo spettatore, in pratica, viene raccontata una storia a cui lui non è chiamato, tutto sommato, a partecipare attivamente. Insomma: immagine virtuale sì, ma è come se si assistesse comunque a una proiezione cinematografica. Ciononostante, la concentrazione dello spettatore non si abbassa mai, perché vede ricreati sullo schermo scenari e ambientazioni che non potrebbe mai vedere altrove, né dal vivo, né in cartolina né su un libro di storia. In una parola lo spettatore ”impara divertendosi” attraverso la realtà virtuale.Gli inglesi lo chiamano edutainment (parola derivata dalla crasi di education ed entertainment, istruzione e intrattenimento). Di fronte a questa funzione essenziale del virtuale, che può sicuramente contribuire a ridestare, nei cittadini e nei forestieri, sensibilità verso luoghi e circostanze storiche importantissimi del nostro Paese, troppo spesso dati per scontati o addirittura dimenticati, la strada che porta a un massiccio uso dell’alta tecnologia nei siti archeologici o nei musei appare sempre più sgombra di ostacoli.