MACCHINA DEL TEMPO agosto 2005, 3 novembre 2005
Duemila anni fa il Vesuvio le rubò, oltre alla vita, la freschezza di un volto grazioso e ancora giovane
Duemila anni fa il Vesuvio le rubò, oltre alla vita, la freschezza di un volto grazioso e ancora giovane. Oggi, una task force medico-scientifica congiunta della Seconda Università di Napoli e del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Salerno le ha ridato tutto con gli interessi, grazie alla tecnologia virtuale. Parliamo della ”schiava di Murecine”, il soggetto di sesso femminile ritrovato sepolto sotto uno strato di fango e cinerite in una località alle porte di Pompei (l’odierna Moregine). Oltre a splendidi ambienti affrescati, la terra aveva restituito anche il suo corpo, purtroppo mal conservato. Il cranio, in particolare, era ridotto in centinaia di frammenti. Ma gli studiosi non si sono persi d’animo e ne hanno tentato, con successo, la ricostruzione facciale. Solo per riassemblare il cranio ci sono volute 9 ore di lavoro continuo. Fortunatamente c’erano tutti i pezzi fondamentali (la volta cranica completa e una porzione sufficiente del mascellare e della mandibola), altrimenti non si sarebbe potuto procedere. Dopo aver fotografato e radiografato ogni cosa, i medici della SUN e gli informatici di Salerno hanno deciso di confrontare questo soggetto con il soggetto femminile moderno più simile per parametri craniometrici, i cui dati, nel frattempo, erano usciti automaticamente dalla banca dati medica in dotazione al Policlinico della Seconda Università di Napoli. L’opera era praticamente compiuta, non rimaneva altro che ’sovrapporre l’ immagine fotografica e craniometrica della donna moderna selezionata con quella della donna antica, deformando al computer i tessuti della pelle della prima fino a farli aderire perfettamente alle fattezze della seconda. Nell’ultima fase, relativa all’inserimento delle ’textures’ (capelli, acconciatura, sopracciglia), avrebbe invece giocato un ruolo decisivo la banca dati storico-artistica. Occorreva, infatti, espungere i dettagli più verosimili dal novero di quelli presenti nelle immagini pittoriche d’archivio che ritraevano donne dell’epoca. Il risultato è a dir poco sconvolgente.