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 2005  novembre 03 Giovedì calendario

Gli antichi egizi la curavano con un intruglio di datteri, zampe di cani e criniere d’asino cotte nell’olio

Gli antichi egizi la curavano con un intruglio di datteri, zampe di cani e criniere d’asino cotte nell’olio. Cleopatra invece preferiva sfregare la testa di Giulio Cesare con un miscuglio di topi bruciati, denti di cavallo, grasso d’orso e midollo di cervo. Bastano questi esotici riti contro la calvizie per capire l’importanza che, in tutte le epoche, hanno rivestito i capelli. «A una chioma lussureggiante venivano assegnati attributi positivi di virilità e potere, mentre alla calvizie simbolismi negativi. Molti scienziati sostengono che i capelli non hanno alcuno scopo funzionale: è un’argomentazione semplicistica, che ignora gli enormi significati psicologici e sociali attribuiti ai capelli», spiega Daniele Campo, medico tricologo all’Istituto Ortodermico Italiano di Roma. «Nessuno dovrebbe sorprendersi del fatto che ogni anno sono spesi milioni di euro per la cura dei capelli, né che i tricologi improvvisati - venditori di miracolose ricrescite - siano moltissimi». La calvizie è il nome che si usa per definire l’alopecia androgenetica (Aga), una condizione cronica, geneticamente determinata, che riguarda soprattutto gli uomini. Anche le donne, però, in particolare dopo la menopausa, possono esserne colpite. Ma il fenomeno è alquanto raro, tanto che la ”pelata” può a ben diritto essere considerata il corrispettivo maschile della cellulite femminile. L’alopecia androgenetica - come suggerisce il nome stesso - è legata agli ormoni maschili ed è ereditaria. Ma attenzione, l’eccesso di testosterone non c’entra niente, anche se si è sempre diffusa la falsa credenza che la calvizie è il prezzo da pagare per i troppi eccessi sessuali. «In realtà si tratta dell’involuzione dei follicoli piliferi causata da un enzima, la 5 alfa redattasi, che converte il testosterone in un ormone più potente, il diidrotestosterone (Dht). questo ormone a provocare la progressiva miniaturizzazione del follicolo fino all’atrofia», spiega Campo. «A ogni nuova ricrescita, i capelli sono sempre più sottili, fino a scomparire». In genere, i primi segnali di calvizie cominciano a manifestarsi dopo i 30 anni, mentre nei casi gravi compaiono già a partire dai 18 anni, fino a provocare il diradamento dei capelli entro i 25. Altri fattori concorrono al suo insorgere ma sono secondari rispetto alla questione ormonale: stress, ipotiroidismo, brusche variazioni di peso, stati anemici. I rimedi più efficaci sono quelli farmacologici. «La finesteride e il minoxidil costituiscono il cardine su cui ruota la moderna terapia dell’alopecia. La prima sostanza si usa in lozione ed è un inibitore dell’enzima 5 alfa redattasi, mentre il minoxidil è in grado, mimando l’azione di un fattore di crescita, di invertire il processo di miniaturizzazione del follicolo», continua Campo, che mette in evidenza anche i passi da gigante fatti dalla chirurgia negli ultimi anni. «Si prelevano i capelli dalla zona donatrice, cioè quella posteriore tra nuca e orecchie - dove i bulbi piliferi sono resistenti all’azione dell’ormone responsabile della calvizie - e si trapiantano nelle zone senza capelli. Dopo tre mesi, dai bulbi trapiantati crescono nuovi capelli». La chirurgia funziona sempre, tranne quando i capelli della zona donatrice sono pochi. «Nel mio istituto si effettuano 300 trapianti di capelli ogni anno», commenta Campo. L’efficacia degli altri trattamenti, invece, è quasi nulla. «Le varie lozioni reclamizzate dalle industrie cosmetiche hanno un effetto blando rispetto ai farmaci. Si tratta di sostanze antiossidanti, di integrazione vitaminica e di vasodilatazione, che non sempre funzionano», spiega l’esperto, «Ci sono inoltre i cosmetici, utili per chi non è ancora completamente calvo: servono a migliorare la capigliatura e a vivere con più serenità il proprio aspetto estetico, mascherando il diradamento dei capelli nell’attesa che la terapia farmacologia dia dei risultati». Ma la scienza continua a studiare con interesse il fenomeno dell’alopecia. Per alcuni tipi di calvizie sembra che di mezzo ci siano addirittura i geni della madre. Già da tempo, infatti, si sospettava che la calvizie precoce fosse do- vuta a fattori ereditari, anche se non era ben chiaro quali fossero i geni coinvolti. Ora, invece, un gruppo di studiosi tedeschi diretti da Markus Nothen, dell’Università di Bonn - che ha pubblicato i risultati della ricerca sull’American Journal of Human Genetics - ha messo in evidenza per la prima volta un gene associato più d’ogni altro alla perdita dei capelli. Il gene si trova sul cromosoma X, ossia quello che ogni maschio eredita dalla propria madre. Si tratterebbe di un gene che codifica per un recettore androgeno, una proteina che risponde agli stimoli degli ormoni sessuali maschili. La calvizie precoce, hanno spiegato i ricercatori, è il risultato di alcune varianti di questo gene, che portano a un arretramento progressivo dell’attaccatura dei capelli e al diradamento in cima al capo (la cosiddetta ”chierica”). Oltre alle ricerche sulle cause genetiche dei problemi tricologici, di recente si studiano anche le ”ricadute psicologiche” della perdita. Uno studio della Gallup, condotto su 1.500 uomini in cinque Paesi europei e risalente all’anno scorso, rivela che sono i tedeschi, assieme agli inglesi, a soffrire di più per la calvizie. I mitici cento colpi di spazzola, questa volta, non sono un rimedio.