La Repubblica 26/10/2005, pag.17 Maurizio Ricci, 26 ottobre 2005
L´ecatombe della spagnola e la febbre dilagò nel mondo. La Repubblica 26/10/2005.Roma. passata da poco l´alba dell´11 marzo 1918, quando il sergente Albert Gitchell, capocuoco di Camp Funston, a Fort Riley, nel Kansas, si alza dalla sua branda dopo una notte d´inferno
L´ecatombe della spagnola e la febbre dilagò nel mondo. La Repubblica 26/10/2005.Roma. passata da poco l´alba dell´11 marzo 1918, quando il sergente Albert Gitchell, capocuoco di Camp Funston, a Fort Riley, nel Kansas, si alza dalla sua branda dopo una notte d´inferno. La testa gli pulsa come un tamburo, ha la gola in fiamme e le ossa rotte. Al diavolo il breakfast per i 26mila soldati, raccolti al campo, in attesa di essere spediti in Europa, nella fornace della grande guerra. Gitchell si affretta verso l´infermeria. Con 39 e mezzo di febbre e una tosse incessante, gli dicono di ricoverarsi nell´ospedale del campo. Il cuoco si alza dalla sedia e s´avvia verso la morte e verso la storia. Il decesso viene registrato 4 giorni dopo e il suo è il primo caso ufficialmente registrato di "spagnola", l´epidemia più devastante mai sofferta dall´umanità. Virus anomalo, l´agente della spagnola è parente stretto - il più stretto possibile, dicono gli scienziati - del virus dell´aviaria, di cui in questi giorni spiamo le mosse, nell´angoscia che riesca a fare il salto che lo porti ad aggredire l´uomo. Novant´anni fa, quel salto il virus lo fece e, nel giro di un anno, causò più morti dei quattro anni di "peste nera", a metà del ’300. La missione dei soldati che s´addestravano a Camp Funston per la guerra era portare la morte: si dimostreranno assai più efficienti di quanto potevano pensare. Nel grande macello della Prima guerra mondiale, morranno poco meno di 10 milioni di soldati. Ma il virus che i militari americani porteranno dal Kansas colpirà un miliardo di persone, metà della popolazione di allora e ucciderà, secondo il Bullettin of Medical History, fra 50 e 100 milioni di malati, il grosso in tre mesi terribili, fra il settembre e il dicembre del 1918. Nessun paese, nessun continente sarà risparmiato: l´unico posto abitato in cui non furono registrati casi di spagnola è l´isola di Marajò, alle foci del Rio delle Amazzoni, in Brasile. Quella mattina di primavera del 1918, a Camp Funston, si accorgono subito d´avere a che fare con un´emergenza. Il soldato nella fila dell´infermeria, subito dietro Gitchell, il caporale Drake, autista, ha gli stessi sintomi. E così quello subito dietro di lui, il sergente Hurby. A mezzogiorno, all´ora del rancio, i ricoverati sono 107. A fine settimana 522. Nel giro di pochi giorni ne morranno 40. Il virus, secondo la ricostruzione più dettagliata disponibile, viene da poco lontano: dalla contea di Haskell, a meno di 300 chilometri da Fort Riley. un´America remota, contadina e poverissima, dove le case sono fatte di zolle d´erba tagliate alla meglio e dove le famiglie condividono lo spazio con polli e maiali, in condizioni non diverse dalla Cina rurale di oggi. qui che, a gennaio, sono stati segnalati i primi casi di quella che i medici di allora chiamano "polmonite fulminante". Ma, in un panorama spopolato, dove le comunicazioni sono rare e difficili, l´epidemia è rimasta contenuta. Quando i ragazzi di Haskell, però, la portano nell´affollamento e nella promiscuità dei dormitori di Camp Fulton, esplode come un falò e si diffonde, sui treni e sui camion, lungo le arterie della vita militare. In aprile ha investito 24 dei 26 campi d´addestramento e 30 delle 50 maggiori città americane. Il passo successivo sono le navi che trasportano in Europa i reparti da combattimento. A maggio, da Madrid, l´Agencia Fabra manda alla Reuters di Londra un cablo in cui informa d´una nuova epidemia esplosa nella capitale spagnola. Nel giro di pochi giorni, 8 milioni di spagnoli sono a letto con la febbre. La situazione non è diversa negli altri paesi: nello stesso mese, la flotta di Sua Maestà britannica, per 12 giorni, non può prendere il largo perché ci sono troppi malati a bordo. Ma la Spagna non è un paese in guerra, non c´è la censura militare e i giornali possono parlare liberamente di questa nuova influenza. E i giornali degli altri paesi parlano di questa influenza "spagnola". il nome che gli resterà cucito addosso. Tuttavia, sono i giorni delle grandi offensive e controffensive sui campi della Prima guerra e l´attenzione del mondo è calamitata altrove. Inoltre, come di norma succede con l´influenza, l´epidemia cala con i primi caldi e questa prima ondata viene rapidamente dimenticata. Ma, nel brodo di coltura delle trincee della Marna e della Somma, nelle spaventose condizioni igieniche della vita al fronte, il virus sopravvive, si rafforza. Soprattutto, muta. Quando, il 22 agosto, riappare a Brest, il grande porto d´andata e ritorno delle truppe Usa, è diventato una furia omicida. In pochi giorni, la seconda ondata è rimbalzata all´altro capolinea della rotta dei soldati, a Boston. Il virus ha investito il mondo. Questa volta, la distanza fra la vita e la morte è poco più che un fiato. I giornali americani raccontano di 4 signore che hanno giocato fino a tarda sera a bridge: la mattina dopo 3 sono morte. Oppure di pendolari che vanno al lavoro al mattino e crollano esanimi sul treno del ritorno la sera. La medicina, che ha appena avuto importanti successi contro tifo, tetano e malaria, brancola nel buio. «Non ne sappiamo di più di quanto i fiorentini del ’300 sapessero della peste nera», dice un medico inglese di allora, Victor Vaughan. Gli antibiotici arriveranno solo 10 anni dopo, la teoria dei germi è agli albori: nessuno ha ancora mai isolato un virus, ci si accanisce, invece, alla ricerca di un bacillo. Si cerca di curare con chinino, con salassi, con la morfina, con il tabacco, con bagni caldi, con bagni freddi. In Francia, un farmacista lancia il metodo dei due berretti: s´appende un berretto alla maniglia della porta e si beve vino rosso finché non se ne cominciano a vedere due. A questo punto, a letto, una bella sudata e passa la paura. La verità è che, secondo il più vecchio detto della medicina, semplicemente "chi non muore, guarisce". una brutta morte: i polmoni si riempiono d´una schiuma rosseggiante di sangue che arriva ad uscire dalla bocca, dal naso, dagli occhi, dalle orecchie. Da Camp Devens, vicino Boston, dove i decessi per spagnola sono oltre 100 al giorno, un medico, in una lettera, la racconta, in presa diretta, a un amico. "Due ore dopo il ricovero cominciano ad avere macchie scure sulle guance e, poche ore dopo, la cianosi li colora di blu dalle orecchie, via via a tutta la faccia, fino a che diventa impossibile distinguere i bianchi dai neri. La morte arriva in poche ore ed è puramente una lotta per l´aria, fino a che soffocano. orribile". Al contrario della normale influenza, la "spagnola" - con un messaggio inquietante per chi oggi studia le misure di prevenzione contro un´aviaria di domani - non uccide i deboli, ma i forti. Oltre metà dei morti registrati ha fra i 15 e i 34 anni. La guerra non c´entra: il dato vale per paesi belligeranti e non, per uomini e donne (soprattutto incinte). Il tasso di mortalità, che è del 2,5-5% sul totale della popolazione, sale al 20% per i giovani adulti contagiati. La spiegazione, dice la scienza di oggi, è quella che si chiama la "tempesta di citochina": il sistema immunitario produce anticorpi in eccesso che s´affollano nei polmoni, soffocando le cellule. Più giovane e vigoroso il sistema immunitario, più facile che il contagiato muoia. Di fronte al disastro, e all´impossibilità di combatterlo, l´unica risposta è la paura. Si gira per le città con una mascherina di garza sulla bocca. A New York c´è una multa di 500 dollari per chi starnutisce in pubblico. Altrove è vietata anche la stretta di mano. In tutto il mondo, resteranno chiusi per mesi teatri, sale da ballo, chiese, mercati. Filadelfia, a fine settembre, tiene una manifestazione all´aperto per una sottoscrizione bellica e la sconta con centinaia di migliaia di contagiati e migliaia di morti. Lo stesso avverrà a novembre, per le celebrazioni dell´armistizio. Non ci sono abbastanza becchini, abbastanza casse da morto. Negli Usa, le vittime arriveranno a 675mila. In Italia, dove il primo segnale ufficiale è a Sassona, in provincia di Vicenza, a metà settembre, quando il capitano medico del Secondo Gruppo d´Assalto chiede al sindaco di chiudere le scuole per una "epidemia di tifo", le vittime sono fra 350 e 500mila e i contagiati 4 milioni e mezzo, su una popolazione di 36 milioni. In Francia, i morti saranno 400mila. In Inghilterra, 200mila. In Germania e in Austria-Ungheria, che qualcuno ha accusato d´aver lanciato il morbo, come arma batteriologica, i morti arriveranno a 2 milioni. Si fanno funerali anche di notte, per smaltire la fila. Ma la censura militare impedisce di saper di più di quanto avviene in Europa. A Torino, in ottobre, la spagnola uccide oltre 400 persone al giorno, ma la notizia non deve circolare per non demoralizzare l´opinione pubblica. Il governo di Vittorio Emanuele Orlando vieta i rintocchi funebri delle chiese e i funerali in corteo. Quasi mimasse la furia distruttiva della guerra, l´epidemia si quieta con la fine del conflitto. A metà dicembre, con il ritorno a casa delle truppe, anche la seconda ondata s´è esaurita. Ce ne sarà una terza, fra febbraio e aprile del 1919, ugualmente letale, ma, a questo punto, il numero delle persone rese immuni dall´aver superato il contagio in autunno è abbastanza alto da contenere l´estensione dell´epidemia. E, con il virus che ritorna fra gli uccelli, sparisce anche la memoria della spagnola. Come se venisse inghiottita dalle ferite della guerra, l´epidemia, che pure ha ucciso molto di più, scompare dalla coscienza comune, per restare confinata sulle lapidi dei cimiteri. Non ci sono film, non ci sono racconti, non ci sono canzoni. Sono scarse anche le foto. Edvard Munch, in due autoritratti, è uno dei pochi a lasciarcene una testimonianza. Intellettuali come Guillaume Apollinaire e Edmond Rostand, pittori come Egon Schiele ne sono stati portati via in silenzio. Hemingway, Fitzgerald, Faulkner l´hanno tutti incrociata senza mai scriverne. John Dos Passos, che ha attraversato l´Atlantico con i soldati che morivano intorno a lui come mosche, ne accenna solo nella novella "1919" e nelle finte memorie "Tre soldati". Non tutte le morti, evidentemente, sono uguali. Maurizio Ricci