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 2005  novembre 03 Giovedì calendario

Diceva Freud, più di cento anni fa, che ansia e senso di colpa sono causati da un desiderio incompatibile con la morale

Diceva Freud, più di cento anni fa, che ansia e senso di colpa sono causati da un desiderio incompatibile con la morale. Di opinione del tutto diversa è Lucio Della Seta, psicanalista junghiano, autore del libro Debellare il senso di colpa (Marsilio, p. 175, 12 euro). Secondo lui la morale non c’entra nulla. Piuttosto, ad agire sull’individuo, sono ricordi di ferite che la sua autostima ha subìto durante l’infanzia. Traumi dovuti all’inadeguatezza psicofisica rispetto agli adulti, ma anche a episodi che avrebbero potuto essere evitati, come abbandoni, mancanza di affetto, critiche cattive. Secondo Della Seta, però, ansia e sensi di colpa non vanno evitati. Bisogna affrontarli. Come? Diogene dava ai suoi allievi con questi problemi un’aringa morta da portare in giro: in genere la brutta figura guariva i discepoli dall’ansia paralizzante di farne altre. Oggi, che girare per la città con un’aringa al seguito parrebbe perlomeno curioso, che cosa si può fare? «Dipende dagli individui. Ad esempio tanti non possono entrare in un negozio senza comprare niente, perché si vergognano; a questi io consiglio di entrare in un bar, senza consumare nulla, andare in bagno e uscire senza ringraziare: può sembrare maleducato, ma aiuta a liberarsi da ansie e sensi di colpa! Un altro esercizio: quando si entra in un ascensore con altre persone, non girarsi subito verso le porte ma rimanere con le spalle all’uscita; un modo per affrontare tranquilli l’ipotetico pericolo. Qualunque cosa - ovviamente senza esagerare – che possa sembrare una brutta figura, va fatta». Ed è difficile, perché in realtà la nostra paura più grande è sentire l’ostilità – vera o presunta – degli altri. Forse può aiutare la teoria contenuta nel libro del professor Della Seta: il libero arbitrio non esiste, si può solo accettare o rifiutare il proprio destino. «Se capiamo che il libero arbitrio non c’è, senso di colpa e ansietà svaniscono. Si verifica un cambiamento di prospettiva straordinario», dice Della Seta. «Ma riuscirci è difficile, perché nell’infanzia ci illudono che tutto quello che facciamo dipende da noi». Pare comunque provato che ci sia una predisposizione al senso di colpa. I sistemi nervosi sono diversi come pellicole fotografiche: si imprimono di più o di meno. Fra i sintomi del senso di colpa: ipocondria, superstizione, pretese irrealizzabili, indecisione, confronto negativo, desiderio di piacere a tutti, gelosia, aggressività, onnipotenza (sviluppata da piccolo e mai più passata). Soffermiamoci sul ”name dropping”, ovvero l’abitudine a vantare conoscenze stratosferiche. Una sera a cena, un’attrice sconosciuta parlava della sua festa di compleanno, dicendo: Akira mi ha regalato un preziosissimo taglio di kimono. Akira era Kurosawa, ovviamente. Mitomania? «Non solo. Anche desiderio di rendersi accettabile e interessante, derivante da senso di colpa». Che, inutile a dirlo, si sviluppa da bambini: con genitori disinteressati, ma anche troppo preoccupati. Tutti i bambini lottano, nessuno sfugge ai sensi di colpa. E fra le mille colpevolizzazioni di un genitore verso il bambino, la peggiore è «tu non conti niente». Che ha condizionato la vita dello scrittore ceco Franz Kafka, vittima del padre, e che è la causa principale di tante anoressie. «Tutte le madri di anoressiche con cui ho parlato, non tenevano nessun conto di quello che diceva la figlia: se la ragazza tentava di parlare, la zittivano immediatamente». «Molta gente confonde l’ansia con lo stress; lo stress è non riuscire a far fronte a tutti i propri impegni, mentre l’ansia è il corpo che si mette in moto per un pericolo pensato. Se impariamo che le reazioni del corpo che si prepara al pericolo reale (tachicardia, sudorazione, dilatazione delle pupille) scattano anche per un pensiero - da ”non valgo nulla” a ”devo prendere l’aereo” - ci rendiamo conto che soffriamo sì, ma non corriamo alcun pericolo. E il corpo, autonomamente, abbandonerà la sua posizione di difesa. Nel mio lavoro devo innanzi tutto capire e far capire ai pazienti da dove nascono i pensieri di pericolo; conoscendone le origini si combattono molto meglio». Origini che quasi sempre partono dalla subordinazione acritica dei bambini al volere degli adulti. Che, come scrive Della Seta, «fa dire a Dio nella Bibbia ”Onora il Padre e la Madre” e non anche ”Onora i tuoi figli”».