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 2005  novembre 03 Giovedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 7 NOVEMBRE 2005

«Oggi 10 giugno la città è in lutto. C’è grande emozione tra il popolo, sgomento per la morte del suo leader. Ma c’è anche molta paura. Paura che l’influenza - sì, quella portata dagli uccelli - possa colpire anche loro. Quella che fu la culla della civiltà, l’Eden di Adamo, rischia di diventarne la tomba. Dal Tigri all’Eufrate una sola parola: paura!» (Plutarco raccontando l’epidemia iniziata a Babilonia il 29 maggio del 323 avanti Cristo con l’ingresso in città di Alessandro il Macedone, morto due settimane dopo che uno stormo di corvi imperiali gli aveva svolazzato intorno per crollare morente ai suoi piedi». [1]

Inizia oggi a Ginevra il summit sull’Aviaria (conclusione mercoledì). Organizzazione mondiale della Sanità, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’agricoltura, Organizzazione mondiale per la salute animale e Banca Mondiale valuteranno le contromisure per tenere sotto controllo la diffusione del virus tra gli animali e le azioni per affrontare un’eventuale pandemia umana. [2] Edoardo Altomare: «Immaginate una slot-machine genetica. E che a giocare sia un virus, uno dei più aggressivi dell’ultimo secolo. Il suo obiettivo? Accumulare un numero sufficiente di mutazioni genetiche per potersi trasmettere da uomo a uomo in modo rapido ed efficiente, innescando una pandemia potenzialmente in grado di causare decine di milioni di morti in tutto il mondo. Quel virus è l’H5N1». [3] Robert Wallace (University of California): «L’H5N1 è un motore di ricerca darwiniano più sofisticato di Google». [4]

Pochi giorni fa l’Oms ha stimato le vittime di un’eventuale pandemia di influenza aviaria in 7 milioni. [5] Luca Carra: «Il manifesto degli apocalittici è stato stilato in agosto sulla rivista ”Foreign Affairs” da Michael Osterholm, esperto americano molto ascoltato dalla Casa Bianca. A lui si deve il record della stima dei morti: da 180 a 360 milioni». [6] Ernesto Ferrero: «Nulla ci appare più credibile dell’annuncio di una catastrofe sanitaria mondiale, e abbiamo già dimenticato le profezie apocalittiche che accompagnavano l’Aids o la mucca pazza di Creutzfeldt-Jakob. C’è chi ha definito ”micidiale” l’epidemia influenzale da cui si è scatenato il virus H5N1 perché ha prodotto in Asia sessanta morti, cioè poco più dei morti per incidenti automobilistici di un qualsiasi week-end italiano, e molto meno di quelli di una qualsiasi influenza nostrana, che ogni inverno decima gli anziani. Dopo aver consumato con voluttà tanta dietrologia pittoresca (le spiegazioni complicate o improbabili, alla Dan Brown, sono le più gustose, e anzi irrinunciabili), non vorremmo cascarci anche stavolta». [7] Gianluca Nicoletti: «Ai tempi della Sars superò tutti in fantasia il professor Chandra Wickramasinghe, del Centro Cardiff di Astrobiologia: in un’intervista a ”The Guardian” addirittura azzardò per il virus un’origine extraterrestre» . [8]

«Ci sarà una nuova pandemia umana? Probabile. Quando? Non si sa. Sarà molto letale? Non si sa. Sarà da virus H5N1? Forse» (Gianni Rezza, direttore del reparto di Epidemiologia e del dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità). [9] Stefano Bartezzaghi: «Pandemia è una nobile e utile parola tecnica ma viene pronunciata come se si trattasse di un sacro spauracchio, l’incrocio fra un’epidemia e un pandemonio (o fra Panurge e Geremia)». [10] Margaret Chan (Organizzazione mondiale della sanità): «L’influenza aviaria è un rischio molto maggiore per la pollicoltura industriale che per la popolazione». [11] L’epidemiologo Tom Jefferson: «Se si deve avere paura della pandemia? Se fossi un pollo vietnamita sì, sarei davvero terrorizzato». [6]

I ricercatori della Nottingham University stimano che in caso di pandemia il Pil del Regno Unito potrebbe subire un calo dell’8 per cento; circa il 3 per cento dell’occupazione totale (941 mila posti di lavoro) andrebbe perduto a seguito del fallimento di numerose imprese. L’economista Thea Sinclair sostiene che l’impatto economico varierebbe da un paese all’altro, ma la Gran Bretagna, la Grecia, la Spagna e l’Italia sarebbero tra i più colpiti in quanto dipendenti dal turismo. L’influenza tradizionale costa all’America in media 118 miliardi di dollari l’anno, l’influenza aviaria, si dice, potrebbe costare sei volte tanto. Clifford Tan, analista Citigroup a Singapore, stima che la pandemia potrebbe ridurre del 5 per cento il Pil di diversi paesi asiatici: «Sarebbe la maggior flessione mai registrata in Asia, punto e basta». [12]

Il 16 novembre in un grande allevamento di pollame a Galliera, pochi chilometri da Bologna, verrà simulato un attentato terroristico a colpi di virus H5N1. Il professor Stefano Cinotti, preside della facoltà di Veterinaria dell’Università di Bologna: «Esiste la possibilità che questo genere di cose non avvengano solo in modo fortuito: un aspetto che non va sottovalutato, così come la simulazione non va trattata sotto il profilo apparentemente folkloristico, perché un’eventualità del genere può accadere. Basta liberare un pulcino o un piccione infetto». [13] Giampaolo Visetti: «Da diecimila anni, periodicamente, la natura si trasforma nel primo bio-terrorista. Nessun virus, fino ad oggi, è stato estinto. L’incubatrice globale, attingendo alla dispensa mobile di animali domestici e selvatici, rifornisce di nuovi veleni la cucina rappresentata dalla Terra. Le epidemie zootiche si scatenano nell’Asia sud-orientale, dove nidifica e sverna l’ottanta per cento dei volatili. Nelle paludi si generano virus ibridi e gli uccelli-camerieri servono gli ignoti mostri nei piatti dei diversi continenti». [14]

Il Codacons ha chiesto che tutti i piccioni vengano allontanati dalle città, per «evitare contagi». [15] L’ornitologo Fabio Perco: «Gli uccelli hanno le ali e fanno ciò che gli pare». [16] Andrea Corso, uno dei più noti birdwatchers italiani: «In questi giorni mi è capitato di sentirmi chiedere dalla gente se avevamo pronto un progetto per non far passare gli uccelli migratori. E quando ho spiegato che questo non era possibile, la prima reazione è stata: ”Allora sterminiamoli tutti”. Ormai si va diffondendo l’idea che questi uccelli siano portatori di un male e che dunque vadano uccisi. Mi accorgo che io stesso, per via della mia attività di ricerca sul campo, vengo guardato con sospetto». [17] Un cacciatore: «Ma lei lo sa che se spari al germano femmina il maschio torna a cercarla, mentre se spari al maschio la femmina scappa subito? Queste sono le cose da raccontare. L’influenza? Lasciamola là dov’è, che se la tengano in Asia. Così magari - lo scriva pure - ci fa anche il favore di ridurre il numero dei cinesi». [18]

Da quando la medicina moderna è stata in grado di ricostruire i percorsi dei virus, le origini di gran parte delle malattie che hanno devastato il mondo sono state individuate in Cina, nel fertile Guangdong. Rampini: «Sotto questa umidità quasi tropicale, nell’affollamento e nella promiscuità tra uomini e animali nelle fattorie e nei mercati, nelle metropoli e nei porti. Da qui ebbe inizio nel 1894 l’ultima grande epidemia di peste bubbonica che dall’India alla California seminò 12 milioni di morti. Forse qui nacque il primo virus della ”spagnola” che fece più vittime della prima guerra mondiale. Con certezza si sa che partirono dal Guangdong le due ultime pandemie del dopoguerra, le grandi influenze del 1957 e del 1968 (tre milioni di morti). Qui sono apparse per la prima volta sia la Sars nel 2002, sia la febbre aviaria che è dilagata nel Sud-est asiatico e ha raggiunto l’Europa». [19] Paolo Rumiz: «Non esiste al mondo nessun singolo uccello capace di portare nella pancia un germe assassino dall’Asia fino qui. Il viaggio dall’Indocina all’Europa è avvenuto in un altro modo. A piccoli salti, da un animale all’altro. E con l’attiva collaborazione dell’uomo». [20]

«L’ultima epidemia di afta suina arrivata in Italia è stata portata da due camionisti che avevano comprato in Asia un panino confezionato con carne infetta: al loro ritorno in Europa avevano fatto pulizia buttando qualche avanzo che era finito in una discarica dove pascolavano i maiali» (Enrico Moriconi, presidente dell’Associazione veterinari di salute pubblica). [21] Vittorio Guberti (Istituto nazionale per la fauna selvatica): «Le anatre che volano verso i lidi caldi sono un po’ come i camionisti quando incontrano una trattoria con il parcheggio pieno. Vedono un laghetto affollato, capiscono che lì si mangia e scendono. E allora iniziano i guai». [22] Margaret Chan dice che «nella storia nessun intervento umano è mai riuscito a bloccare una pandemia, una volta avviata». [11] Per questo bisogna sperare in un vaccino. John Treanor, immunologo al dipartimento malattie infettive di Rochester: «Stiamo sperimentando un vaccino anti H5N1. Lo abbiamo provato su 450 volontari sani e su alcune decine di loro ha dato una buona risposta anticorpale protettiva. Ma sono dati preliminari. Inoltre le possibili mutazioni future del virus sarebbero un problema. In quel caso dovremmo creare un nuovo vaccino». [3] Aurelio Sessa (Società italiana di medicina generale): «Il vaccino contro l’aviaria umana non c’è perché non c’è il virus». [9]

«Dal giorno in cui l’Oms dichiarerà lo stato di pandemia, si dovrà prima isolare il virus, fare il vaccino, produrlo su scala industriale e immunizzare la gente: calcolando i tempi, ci vorrà circa un anno. Avremmo un vaccino per immunizzare solo i sopravvissuti» (Rino Rappuoli, capo della ricerca nei vaccini della Chiron, colosso della farmaceutica biotecnologica Usa). [23] Nella migliore delle ipotesi potrebbero essere vaccinate 75 milioni di persone. Gabriele Beccaria: «Ci si strapperà di mano la dose che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte? Vivranno i ricchi e moriranno i poveri?». [24] Eugenia Tognotti: «Ai primi ”rumori” di colera, ad esempio, ricchi e potenti si precipitavano a fare incetta di provviste, sguarnendo le botteghe e lasciando i poveri senza cibo e soccorsi. Durante il colera di Napoli del 1836, anzi, questa sfacciata incetta di vettovaglie provocò terribili tumulti: ”il basso volgo - spiegava un contemporaneo - non vede di buon occhio, in calamità pubblica, che altri abbiano mezzi che a loro mancano”». [25]

«Per proteggerci sul serio dovremmo vaccinare i cinesi» (Rumiz). [26] Rampini: «All’epoca dell’ultima pandemia di influenza che partì dal Guangdong, nel 1968, la Cina aveva 800 milioni di abitanti. Oggi ne ha mezzo miliardo in più. Allora aveva cinque milioni di maiali, oggi 508 milioni. I polli allevati nel 1968 erano 12,3 milioni. Oggi sono 13 miliardi. Aumenta in misura esponenziale la probabilità statistica che in questi grandi numeri nasca il prossimo flagello epidemico, e che dall’animale passi all’uomo». [19] Gino Girolomoni, precursore della bio-agricoltura in Italia: «Nel biologico la media è di tre polli al metro quadro, non uno in un foglio A4». [27]

Se non si previene bisogna curare. Marina Forti: «L’antivirale oseltamivir, nome ”generico” del farmaco in commercio come Tamiflu, sembra utile contro l’influenza da H5N1. Sembra utile, per ora: ma uno studio pubblicato questa settimana da Nature segnala un caso di virus H5N1 divenuto resistente al Tamiflu». [28] Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco all’Istituto Superiore di Sanità: «Diciamo che gli antivirali ”funzionicchiano”». [29] Comunque sia, tutti vogliono il Tamiflu: eBay, società leader delle aste via Internet, ha bloccato gli scambi del farmaco, dopo che sul suo sito il prezzo aveva superato i 146 euro (contro 40 di media). [30]

I farmacisti fanno i soldi, i pollivendoli sono in bancarotta. Galli e galline si vendono a 58 centesimi al chilo quando, solo per farli arrivare al peso giusto, se ne spendono 80. [31] I politici cercano in tutti i modi di tranquillizzare la popolazione. Il ministro dell’Economia francese Thierry Breton: «Ho mangiato pollo a mezzogiorno, in aereo, tornando da Pechino dopo aver partecipato a una riunione dei ministri delle Finanze del G20». [32] David Nabarro, coordinatore per l’Organizzazione mondiale della Sanità del piano per l’influenza aviaria: «Se continuo a mangiare il pollo? Assolutamente sì. Certo, prima lo cuocio. Ma a chi è mai venuto in mente di mangiare il pollo crudo?». [33]

«C’è gran fermento in questi giorni nello sperduto villaggio di Ceamurlia de Jos in Romania, sul delta del Danubio. Squadre di uomini in mascherina chirurgica, camici e stivali, passano di porta in porta, radunano polli, anatre e altro pollame domestico e li infilano in bidoni dell’immondizia per asfissiarli. Le carcasse vengono bruciate, messe nei sacchi e seppellite. Gli abitanti nascondono i polli, cercano di farli uscire clandestinamente dal villaggio, o semplicemente li divorano prima dell’arrivo delle autorità. ”Negli ultimi giorni mangiamo quanti più polli possiamo”, dice Gina Brainleanu». [12] Dalla ”Repubblica” del 21 ottobre: «Oltre 3000 tra galline e polli giunti dalla Grecia sono stati bloccati alla dogana di Kakavija, in Albania e poi sepolti vivi dopo un ordine di abbattimento emesso per paura che potessero portare il virus della febbre aviaria. Dalle analisi condotte gli animali sono risultati sani». [34] Mina: «Scappa, Paperino! Prendi Qui, Quo e Qua e scappa come un pazzo». [35]

«In questi giorni si parla tanto, in relazione al rischio di influenza aviaria, di carni crude, saliva ed escrementi di volatili provenienti dall’Est, ma di piumaggio no. Ho acquistato, per mio figlio un piumino d’oca di una nota marca italiana, con all’interno una targhetta riportante la dicitura ”Made in China”. Ora, è vero che il piumaggio si trova all’interno, ma è risaputo che le piume tendono ad uscire. possibile che sulle stesse si annidi il virus H5N1?». [36] Dmitrij Lvov, direttore dell’Istituto Dmitrij Ivanovskij di Mosca: «L’Occidente è paralizzato dal panico perché si era dimenticato della sua esistenza». [14] Guido Ceronetti: «Giovani e vecchi, siamo in buona parte anime franate, aggredibili da qualsiasi ombra, soggette al panico quotidiano, alla Depressione che citofona imperiosa di voler salire» [37] Bartezzaghi: «Almeno si ricordi che (per un’arguzia del nostro vocabolario che solo oggi possiamo apprezzare appieno) il mangime dei polli si chiama panico». [10]