Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  ottobre 24 Lunedì calendario

Separati dalla nascita. La Repubblica 24/10/2005. Ciascun partito, dopo tutto, ha la scissione che si merita

Separati dalla nascita. La Repubblica 24/10/2005. Ciascun partito, dopo tutto, ha la scissione che si merita. Può essere gloriosa e a volte persino disinteressata, nobile per chi se ne va e al tempo stesso degna per chi rimane; può essere profetica, rispettabile, all´altezza delle passioni dei militanti o del dramma geopolitico di un intero Paese. Ma quest´ultima dei socialisti, francamente, sembra piuttosto una scissione all´acqua pazza. Prevedibile e prevista nel suo lunare dispiegamento; tanto più sospetta dal punto di vista delle idealità, quanto più irrilevante sul piano elettorale. Un indicatore di clima, semmai, una specie di sondaggio per addetti ai lavori, però fin troppo animato, a spintoni e sputacchi, senza troppa politica, oramai. Un pezzo di partito, è vero, si sposta a sinistra. Ma il dubbio è che sia soprattutto una scelta utilitaristica. Quando nell´inverno del 2001 a Palazzo Grazioli si distribuivano i collegi, nottetempo Bobo Craxi venne rinchiuso e dimenticato per ore in una stanza. Poi accontentato. Oggi passa all´opposizione. Benissimo: ma se lo faceva uno o due anni fa era meglio, anche per lui. Un altro pezzo di partito, con De Michelis, resta nel centrodestra. Però qui, guarda caso, ci si trovano quasi tutti quelli che già stanno al governo; e che non vogliono, né magari sanno rinunciare a una campagna elettorale fatta a mani nude e vuote. Perciò addio, meglio separarsi. Meglio per tutti. «Ogni scissione – diceva il vecchio Nenni – comporta un elemento doloroso nel suo aspetto umano in quanto comporta la separazione fra compagni che hanno dietro di loro un grande bagaglio di comuni sacrifici e di comuni lotte». Ma è ancora così? Davvero le lotte, i sacrifici e l´elemento umano condizionano, nel 2005, le scelte dei "dissocialisti" italiani? Vero è che la scissione è nel codice genetico del Psi. Nenni pronunciò quel giudizio nel gennaio del 1947, al XXV congresso del partito, nell´aula magna dell´università di Roma. (Per inciso: non c´era riscaldamento). Evocò allora tutte le separazioni della storia socialista: 1906 (uscirono i sindacalisti), 1911 (i riformisti), 1914 (i massoni), 1921 (i comunisti), 1922 (i turatiani). A quel tempo stava per andarsene Saragat, anzi era già pronta una sala a Palazzo Barberini. Quando prese la parola il futuro presidente della Repubblica ci furono disordini. «Cuore nero – gli gridarono – ci pugnali alle spalle!». Saragat sorrideva nervoso. Uno, due, cinque minuti d´imprecazioni. A sua difesa scattò un altro prossimo capo dello Stato, Pertini: «Finitela, per la Madonna! Siete democratici? Democrazia! Democrazia! E intanto ce la mettiamo sotto i piedi!». Alle 11.25 dell´11 gennaio, gridando «Viva l´Internazionale», i saragattiani abbandonarono la gelida aula magna. Fu quella una scissione che decise la storia d´Italia. Ebbene: vale la pena di evocarla a proposito di Zavettieri e Robilotta? Nel 1964, davanti al centrosinistra, ci fu la scissione del Psiup. La posta in gioco era importante non solo sul terreno politico: con tutta probabilità intervennero forze economiche e internazionali, l´Eni, i sovietici. E insomma: vuoi mettere lo scontro di ieri sulla titolarità dei delegati lombardi e pugliesi? Nel 1969 il fallimento dell´unificazione socialista concorse a mettere l´Italia sul piano inclinato della strategia della tensione e degli anni di piombo. La notte del 4 luglio, al Palazzo dei congressi, il giovane autonomista Bettino Craxi esplose contro i suoi stessi compagni che avevano favorito la fuoriuscita di Ferri e Tanassi: «Bestie politiche! Avete distrutto anni di lavoro!». Bene. Ma adesso, pur con tutto il rispetto, quale fallimento si potrebbe mai imputare a Caldoro o Battilocchio? E´ stato, si dice, un congresso "vero". E proprio l´aggettivo dovrebbe far riflettere, nel senso che il vigente regime televisivo prevede la somministrazione di svolgimenti ordinati, acclamanti e al limite trionfali. Ma «verità» a parte, mai come stavolta quel che è accaduto riguarda solo i socialisti. E l´unica consolazione, in fondo, è che ce ne siano disposti a comprendere che ormai saltato il contesto internazionale, spenti i fuochi ideologici ed erose le appartenenze, tutto inesorabilmente s´immiserisce, e la scissione diventa anche inutile. Filippo Ceccarelli