Corriere della Sera 31/10/2005, pag.22 Tim Parks, 31 ottobre 2005
La legge elettorale? Sembra scritta nel ’400. Corriere della Sera 31/10/2005. Tra il 1434 e il 1494 Firenze continuava ad essere una repubblica con una costituzione che vietava l’esistenza di fazioni politiche e che garantiva un governo scelto a sorte ogni due mesi tra i cittadini più validi della città
La legge elettorale? Sembra scritta nel ’400. Corriere della Sera 31/10/2005. Tra il 1434 e il 1494 Firenze continuava ad essere una repubblica con una costituzione che vietava l’esistenza di fazioni politiche e che garantiva un governo scelto a sorte ogni due mesi tra i cittadini più validi della città... Tra il 1434 e il 1494 Firenze era governata in tutto e per tutto dalla famiglia Medici - Cosimo il Vecchio, Piero il Gotto, Lorenzo il Magnifico e Piero il Fatuo - i quali, grazie alla loro potente fazione finanziata dalla loro banca, agivano e comandavano come se fossero dei principi... Come è possibile riconciliare queste due mezze verità? La sera dopo la morte di Piero il Gotto circa settecento cittadini si radunarono nel convento di Sant’Antonio e decisero che «la riputazione e grandezza» della famiglia Medici andavano preservate. «Con questo intendono», spiegò l’ambasciatore di Ferrara in una lettera al suo Signore, «che le cose segrete di questo governo passeranno per le mani di Lorenzo come prima passavano per le mani di suo padre». A quali «cose» si riferiva? A come venivano sistemate le elezioni a sorte della signoria in modo che la fazione dei Medici avesse sempre il sopravvento. «Una legge concepita e scritta in segreto», ha detto Romano Prodi dell’attuale proposta di riforma elettorale del governo Berlusconi, intendendo dire: una cospirazione per permettere alla coalizione di destra di aggrapparsi al potere, come anche qualche banchiere odierno, pur con meno stile di Cosimo de’ Medici, si aggrappa alla sua poltrona. Mandato in esilio dalla fazione degli Albizzi (era normale usare i tribunali per eliminare il nemico politico), fazione che egli stesso avrebbe poi esiliato en bloc quando un colpo di fortuna nel sorteggio di una nuova signoria gli permise di tornare a Firenze nel 1434, Cosimo era deciso a non dovere più fare le valigie. Arrivato al potere, se lo sarebbe tenuto a vita. Ma la modernità di Cosimo stava nel fatto che non credeva che una dittatura apertamente dichiarata potesse durare. Bisognava governare con un’aura di legittimità. I fiorentini del ’400, non tanto diversamente da noi oggi, volevano credere di vivere in una libera repubblica dove tutti, o almeno tutti i maschi benestanti, partecipavano alla gestione della cosa pubblica. Così, piuttosto che dichiararsi principe, Cosimo truccò le elezioni. Mise al lavoro una commissione di «accoppiatori», termine che designava i funzionari i quali, dopo uno «scrutinio» meticoloso, dovevano scegliere i nomi dei cittadini da mettere nelle borse elettorali per il sorteggio. Gli accoppiatori di Cosimo ridussero drasticamente il numero di nomi eleggibili. I nemici di Cosimo erano esclusi. Ma siccome la gente fiutava presto l’inganno, bisognava cambiare spesso le regole, bisognava a tutti i costi dare l’impressione che si stava davvero cercando un assetto ideale e leale. In un momento particolare, quando sembrava che, per volontà popolare, bisognava proprio tornare al sistema elettorale come concepito dalla costituzione, Cosimo avvertì i suoi alleati che in quel caso il solo modo di conservare il regime sarebbe stato di prestare grandissima attenzione agli «aspetti tecnici» dello scrutinio e del sorteggio. Ogni volta che sentiamo un uomo politico parlare solennemente degli «aspetti tecnici» delle elezioni, che sia George Bush nel novembre 1999 o Berlusconi nel 2005, possiamo star sicuri che ci stiamo avvicinando alle «cose segrete» della nostra repubblica. Tornando alla situazione attuale, colpisce quanti problemi di fondo sono rimasti uguali: come si fa a impedire che le grandi concentrazioni di ricchezza si impadroniscano del potere, pur sotto la copertura della costituzione? Come si può far sì che la naturale tendenza a formare gruppi intorno a idee o interessi particolari non danneggi il collettivo con una rissosa faziosità? In particolare impressiona, nel ’400 come oggi, la costante inventiva necessaria per escogitare leggi e sistemi, anche complicatissimi e addirittura geniali, che possono sembrare equi, o essere presentati come tali, mentre infatti proteggono i privilegi dello status quo. Una grande distanza tra retorica e realtà esige, ma anche garantisce, un’instancabile agilità mentale. Eppure almeno un aspetto della situazione è profondamente diversa. Quando nella Firenze del ’400 si arrivava ad un’impasse, quando la signoria composta da nove membri non riusciva, neanche dopo vari tentativi, a far approvare al consiglio del popolo e al consiglio del comune, ciascuno di circa duecento membri, una legge considerata fondamentale - e cioè ancora un cambiamento nelle regole elettorali - , allora si convocava in piazza «un parlamento». Non si ebbe un solo caso nel ’400 fiorentino in cui il voto di un parlamento non coincidesse con il volere della signoria. La signoria si appellava al popolo e il popolo le dava ragione. E perché? Perché la piazza era circondata di uomini armati, in certe occasioni soldati provenienti da un’altra città, Milano per esempio, richiamati dai Medici. Insomma per parlamento si legge «colpo di stato». Oggi le cose non stanno così in Italia. Quando tra qualche mese il parlamento italiano voterà questa riforma elettorale priva d’ogni ispirazione ideologica o progressiva ma elaborata con un’attenzione meticolosa a tutti quegli aspetti tecnici che potrebbero far sì che la Casa delle Libertà non perda le elezioni, o, se le perde, che non permettano ai vincitori di governare, non ci saranno uomini armati intorno ai parlamentari ad intimidire chi vota. Né ci sarà la minaccia della violenza squadrista che accompagnò la riforma elettorale di Mussolini nel 1923. Si capisce che c’è sempre qualche gesto intimidatorio quando un regime si trova davanti a una crisi di potere, ma nessuno rischierà la vita. Così sapremo che chi vota per questa legge è portatore di un cinismo sconfinato. Se Cosimo governò così a lungo (dal ’34 al ’64), fu perché capiva quando era il momento di cedere e perché sapeva anche agire negli interessi della repubblica e contro i propri quando era assolutamente necessario. Al potere aggiungeva la grazia, disse Machiavelli, lo copriva con la bontà. Eppure prima di morire Cosimo era già logoro, già il sistema scricchiolava, e dopo di lui ci sarebbe stato sempre più bisogno di violenza e di interventi stravaganti per mantenere i banchieri al potere. Finché, con la morte prematura di Lorenzo, si arrivò a Piero detto il Fatuo, uomo tanto incapace quanto arrogante (sembra che il suo unico talento fosse per il calcio fiorentino), e nonostante la minaccia di violenza dopo un paio di anni l’incanto mediceo si dissolse in un baleno. Quando Piero scappò nel 1494, in meno di 24 ore la signoria abolì tutte le regole elettorali che i Medici avevano costruito in 60 anni. Al fatuo il governo di Berlusconi è arrivato da tempo. Le cose segrete non sono più segrete. Di violenza non c’è traccia. Cosa si aspetta a rompere l’incantesimo? Tim Parks