Paolo Granzotto, Il Giornale, 27/10/2005, 27 ottobre 2005
Il giallo storico della fuga dei Savoia, Il Giornale, 27/10/2005 Caro Granzotto, un altro mistero italiano della Seconda guerra mondiale è la «fuga» - il 9 settembre 1943 - del re e del governo da Romaper trasferirsi al Sud
Il giallo storico della fuga dei Savoia, Il Giornale, 27/10/2005 Caro Granzotto, un altro mistero italiano della Seconda guerra mondiale è la «fuga» - il 9 settembre 1943 - del re e del governo da Romaper trasferirsi al Sud. Dato che uno degli obiettivi principali dei tedeschi, dopo l’armistizio, era la cattura del sovrano e di Badoglio - come conferma anche l’«ultimo federale» di Milano Vincenzo Costa nel suo libro di memorie, a pagina 14 - come mai la colonna delle macchine diretta e Pescara, incappata (fatto prevedibile) in ben tre posti di blocco tedeschi, fu ugualmente lasciata proseguire? Possibile che i militari germanici siano stati così sprovveduti da non individuare l’identità dei passeggeri? da scartare l’ipotesi che tra Badoglio e i tedeschi ci sia stato unaccordo segreto? Ma quale? Calogero Chinnici - Sommatino (Caltanissetta) No, caro Chinnici, quella è una ipotesi presa in con-siderazione anche dagli storici. Resta tuttavia una supposizione, unragionamento congetturale non suffragato dalle fonti, anche perché nella notte fra l’8 e il 9 settembre del ’43 moltissime carte finirono nei camini e nelle stufe prima che Corona, governo e comando militare prendessero la via di Ortona. L’altra ipotesi è che i tedeschi facilitarono, se nonproprio favorirono, la fuga del Re e di Badoglio per evitare di ritrovarseli fra le maninelle vesti di traditori equindi passibili della pena di morte. Non che si sarebbero tirati indietro, maforse ritennero non fosse il caso di alimentare i già vivissimi sentimenti antitedeschi. Certo è che in quelle circostanze il nostro comportamento risultò a dir poco sorprendente. E per moltissimi versi inspiegabile se non a condizione di dar per buono un accordo fra Badoglio e Kesserling. I fatti sono i fatti: nonostante gli impegni presi con gli angloamericani,non ci fu da parte nostra l’intenzione né di favorirli assecondando l’operazione «Giant» (che presupponeva il controllo da parte di forze italiane degli aeroporti militari della zona), né di fronteggiare i tedeschi diventati, da alleato qual erano, nemici. Quando già la Reuter aveva diffuso in tutto il mondo la notizia dell’armistizio, la maggioranza dei militari edei politici cheparteciparono al Consiglio della Coronasi dissero d’accordo col generale Carboni (il comandante del Corpo d’Armata Motocorazzato, responsabile della difesa di Roma) che proponeva di sconfessare gli accordi di Cassibile e continuare la guerra a fianco dei nazisti. Forse Carboni trovava più onorevole non voltare le spalle all’alleato in difficoltà, ma questo nobile scrupolo avrebbe dovuto manifestarsi prima della firma dell’armistizio, sottoscritto dal generale in ogni suoarticolo, non dopo. Comunquesia fu Vittorio Ema- nuele a tagliar corto affermando che il documento firmato a Cassibile andava onorato e non erano consentiti ripensamenti. Da quel momento l’unica cura del Comando Supremo fu quella di non provocare i tedeschi e, possibilmente, di non cadere nelle loro mani. Alle cinque del mattino del 9 settembre, mentre stava dirigendosi verso la Fiat 2800 che l’avrebbe portato aOrtona, il Maresciallo Badogliovenne avvicinato dal Capo di Stato Maggiore generale Ambrosio, anch’esso conle valigie in mano: «Vuole lasciare qualche ordine?». E Badoglio: «No, nulla». Il sospetto che per aver libera la via della fuga sia stata fatta abortire l’operazione «Giant», non siano stati impartiti gli ordini per difendere Roma (difesa tentata fuori tempo massimo e senza successo dalla Divisione Granatieri di Sardegna) e si sia consentita la liberazione di Mussolini (trasferito senza apparente motivo dalla Maddalena al Gran Sasso) è dunque forte. Diventa fortissimo se, come lei ricorda, caro Chinnici, i posti di blocco tedeschi disposti sulla via Tiburtina non solo non fermarono, ma addirittura presentarono le armi al convoglio diretto sull’Adriatico. Può darsi che chi li comandava fosse all’oscuro dell’armistizio o privo di ordini in proposito eche dunque, alla vista dei guidoni di Casa reale e dello Stato maggiore, siano scattati sugli attenti. Ma essendo l’efficienza e la tempestività vanto della Wehrmacht, si stenta a crederlo. Paolo Granzotto