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 2005  novembre 01 Martedì calendario

Ba Jin e la banda dei Quattro. La Repubblica 01/11/2005. Italo Calvino. Lo ricorderò sempre come editor accorto e amico, mezzo secolo fa

Ba Jin e la banda dei Quattro. La Repubblica 01/11/2005. Italo Calvino. Lo ricorderò sempre come editor accorto e amico, mezzo secolo fa. «Naturalmente ogni scrittore vorrebbe metter dentro tutto, nel suo primo libro. Sennò gli si spezza il cuore. Ma qui abbiamo una quindicina di racconti, ed è meglio star dentro le duecento pagine, in un debutto, sennò non ti leggono e non ti recensiscono. Un libro piccolo e bello si legge tutto e subito. Cinque storie, non di più. Se ti si spezza il cuore, ricordati che se va bene un primo libro dove ci hai messo dentro tutto, ti aspettano col fucile puntato al secondo, perché lì sempre casca l´asino. Però tu, il secondo, ce l´hai già. Sono questi altri racconti che per prudenza non mettiamo nel primo». E poi, con gli altri dirigenti di Einaudi: «Questo qui ha già ventisette anni. Non si può metterlo nei "Gettoni" fra i giovani. Ormai ha un´età da "Coralli"». E nessuno di noi scoppiava a ridere: né Bruno Fonzi, né Luciano Foà, né io. La schedina per Le piccole vacanze gli è generalmente attribuita, anche se Marco Vallora e altri einaudiani d´una volta ricordano che le "bandine" e i risvolti passavano attraverso più uffici. Ma era una lezioncina di sobrietà senza vanità che ho tenuta molto presente in seguito, giacché dal secondo libro in poi me le sono fatte modestamente in casa, con sollievo degli uffici stampa. Riproduco il primo capoverso: «Il mondo descritto in questi cinque racconti è quello della media e ricca borghesia italiana d´oggi; un mondo che finora non aveva trovato un posto convincente nella letteratura e che il nostro cinema, salvo due o tre timidi tentativi, non ha ancora saputo rappresentare. E´ dunque una vasta e inesplorata zona della società italiana che , tenuto conto di Gadda e di Scott Fitzgerald, svolge sotto i nostri occhi; e nella straordinaria ricchezza dei particolari accumulati intorno a ciascun personaggio, nei mille pettegolezzi detti o sussurrati, negli snobismi, nelle frasi e nei gesti tipici amorosamente raccolti, nel fittissimo intreccio delle vicende, dei richiami, delle allusioni, e soprattutto nella rapidità esplosiva della narrazione, il lettore riconoscerà l´esuberanza di chi sa di aver trovato una nuova direzione, di aver fatto una entusiasmante "scoperta"». Trovavo invece sbagliata la copertina - delle puttanone sfasciate di Mino Maccari tipo Grosz anni Trenta - perché erano un ovvio richiamo ai lettori del Mondo che pubblicava le vignette di Maccari e i miei scritti. Però, essendo nato appunto nel Trenta e appartenendo al post-dopoguerra, mi parevano delle vecchie zie di Longanesi e dei suoi. Ma ho ritrovato adesso un pacchetto di lettere di Italo, che credevo (sbagliando) di aver incluso nella donazione dei miei Grandi Vecchi a Maria Corti per il suo Fondo pavese. E invece sono qui tra gli Amici Vivi. Le più interessanti spiegano il suo rigetto dei premi letterari nel ’68; e poi gli inizi delle sue ricerche sui Tarocchi, in base a Greimas e Barthes. Ma già nel ’61 si dispiaceva che la parte maggiore della sua opera in quegli anni consistesse ormai nelle tante risposte alle varie inchieste. Spiegava di aver finalmente capito che «il gran segreto per uno scrittore è celarsi, eludere, confondere le tracce!». Però, «quando una dichiarazione di metodo promette di rimuovere il costume dell´intervista portandolo su un piano di competenza e utilità mai finora toccato, uno ha anche il dovere di incoraggiarti». Eppure, siccome stava uscendo in volume un suo racconto «triste triste», magari si poteva prendere spunto di lì, «ma non come "lancio" (il libro non si presta)». Alberto Arbasino