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 2005  novembre 02 Mercoledì calendario

Timm Uwe

• Amburgo (Germania) 30 marzo 1940. Scrittore • «[...] uno dei più interessanti scrittori tedeschi di oggi [...] appartiene alla generazione nata durante la guerra ed è il prodotto di un’educazione autoritaria alla quale, con la vita e l’opera letteraria, ha sempre voluto opporsi. arrivato tardi al grande successo, preso in mezzo tra gli scrittori del ”Gruppo 47” che si affacciarono alla ribalta subito dopo la fine della II guerra mondiale, come H.M. Enzensberger, Heinrich Böll o Günter Grass che sono per antonomasia ”la” letteratura tedesca del II dopoguerra, e dall’altra i giovani scrittori provocatori emersi dopo l’unificazione della Germania, molti provenienti dalle regioni dell’Est come Thomas Brussig o Ingo Schulze, o le nuove accattivanti scrittrici ironicamente definite in Germania ”le ragazze del miracolo”. La sua produzione letteraria è molto ampia e - dal suo primo libro Estate bollente (1974) [...] attraversa i grandi temi della storia e della società tedesca. [...] Come mio fratello ricostruisce la vicenda tragica di quel fratello, di sedici anni più vecchio di lui e di cui suo padre era orgoglioso, che lo scrittore ricorda solo attraverso una foto, alcune lettere e uno stringato diario dal fronte. Sulla sua figura e sulla sua scelta di obbedienza e di morte, Timm, con una lingua limpida e straordinaria vivacità creativa, fa congetture e rovescia una valanga di interrogativi, dubbi e riflessioni. [...] ”[...] Un libro che considero importante è quello di Christopher Browning Uomini comuni sulla partecipazione delle Forze armate all’olocausto e l’evoluzione di un’intera società verso l’etica dell’obbedienza assoluta. La società tedesca aveva una struttura autoritaria, dovere e ubbidienza ne erano i cardini centrali, non era immaginabile dire ”no”. Mia madre, che pure era una donna straordinaria, non mi ha mai detto: puoi dire ”no’, puoi rifiutarti, puoi disobbedire [...] Mio fratello non aveva compassione per se stesso perché veniva da una cultura che vietava la compassione per chiunque. Vedendo al fronte un russo che fuma una sigaretta, pensa: ”Un bel boccone per la mia mitragliatrice’. Qui nasce l’interrogativo: come si arriva a desiderare di uccidere o a desiderare di farsi uccidere? Non ho una risposta. La società, la famiglia , la figura paterna in particolare gli hanno trasmesso solo i valori del dovere e dell’ubbidienza. Per piacere a suo padre un giovane si arruola nelle Ss. Non do un giudizio morale. il lettore che deve trovare la risposta”. Rosso è un altro suo romanzo [...]. Abbraccia trent’anni e si direbbe che sia il percorso della sua vita. così? ”E’, diciamo, una summa della mia vita e delle mie esperienze e ha degli elementi autobiografici, ma non è un’autobiografia. Il protagonista, Thomas Linde, è un ex sessantottino che si guadagna la vita dicendo orazioni funebri e ama il jazz. Io non dico orazioni funebri, ma l’ho scelto perché si presta a situazioni diverse e incontri diversi. Rosso è un libro sui cambiamenti in atto nella società, nella sfera erotica e nei sentimenti. Molti comportamenti tradizionali vanno sparendo: donne mature vivono con uomini giovani, donne giovani con uomini più anziani, si formano coppie gay e coppie lesbiche. Ci si comporta seguendo i propri desideri: nel vestire, nel relazionarsi agli altri, nei rapporti tra i sessi. Il matrimonio tra omosessuali in Germania è diventato la normalità. E del tutto libera e nuova è anche la vita emotiva della mia giovane protagonista. [...] mi serviva mettere al centro del libro un personaggio che facesse da ponte verso altre figure: per esempio, verso un amico di tempi lontani, che non è sceso a compromessi, che è restato fedele a vecchi ideali. Anche lo stesso protagonista, in fondo, è restato fedele a un suo ideale. Non sarà perfetto da un punto di vista morale, dice qualche bugia, recita orazioni funebri perfino per un cane, se gli capita, ma non tradisce la propria identità libertaria” [...] ha vissuto in Italia dal 1981 al 1983 e la conosce bene. [...] ”Per me, quello è stato un periodo importante. Vi ho scoperto l’’estetica del quotidiano’, delle piccole cose, della cultura del cibo. Adoro la buona cucina, che infatti occupa un posto importante nei miei libri. [...]”» (Flavia Arzeni, ”Il Messaggero” 29/10/2005).