MACCHINA DEL TEMPO SETTEMBRE 2005, 31 ottobre 2005
Le prime esperienze di Coppa di Claudio Maletto, velista dell’anno 2002, risalgono al Moro di Venezia
Le prime esperienze di Coppa di Claudio Maletto, velista dell’anno 2002, risalgono al Moro di Venezia. Una strada tutta in salita: collaboratore dell’americano Doug Peterson nella scorsa edizione (2002 – 2003), lo yacht designer di Varese ne ha ereditato il ruolo su Luna Rossa con un curriculum di tutto rispetto, a partire dalla vittoria del 1978 nel mondiale Mini Tonner. A 58 anni, Maletto è tra gli yacht designer più apprezzati e, senza dubbio, uno dei più invidiati. Come si sposa la progettazione con le regole? La classe è molto vincolata, ma già 15 anni fa il regolamento, per la prima volta, ammetteva la costruzione di alberi in carbonio e lasciava spazio, per lo scafo e la coperta (la parte superiore), all’utilizzo di pannelli ”sandwich”. Si tratta di un fasciame di materiale composito con un’anima a nido d’ape realizzata in sintetico o alluminio all’esterno mentre quelle che chiamiamo ”pelli” esterne e interne sono laminate. Per le appendici è stato prescritto che materiali utilizzare e quali tecnologie sfruttare per produrli, ad esempio le temperature e la pressione di incollaggio. La logica è di non elevare troppo il costo dell’imbarcazione affinché non escano dalla portata del cantiere. In altre componenti invece la qualità è elevata, si è ammessa la fibra di carbonio ad alto modulo e l’utilizzo di autoclave invece del sacco del vuoto, la tecnica tradizionale per lo stampaggio di imbarcazioni a vela. Tutto questo cosa comporta? Con la recente introduzione della fibra ad alto modulo per gli alberi si sono risparmiati ad esempio 70 chili e avremo alberi non troppo fragili. Insomma, non dovrebbe più capitare di vederli mentre si spezzano in due nel bel mezzo di una regata. Cosa le piace di questo lavoro? La possibilità di svolgere programmi di ricerca triennali molto approfonditi con strutture come la galleria del vento e la vasca navale. Una percentuale consistente del budget è deputata alla ricerca, diciamo fino al 25 per cento. In cosa consistono questi test? Innanzi tutto, si confrontano i livelli di velocità della barca con modelli fisici in vasca navale, poi al computer con modelli numerici. Testiamo fino a ottenere una serie di risultati che immettiamo poi in un programma di previsione delle prestazioni, che confronta con prove molto estese. I dati poi sono incrociati con le previsioni meteo dell’area in cui si andrà a fare la regata, per stilare una classifica dei modelli che si ritiene possano essere più idonei in quel posto. E quando poi si mettono le vele? Nel programma immettiamo sia i risultati della vasca navale che quelli della galleria del vento, in cui testiamo le vele per avere un calcolo del candidato in vari angoli del vento reale e in varie condizioni di velocità. Alcuni team si presentano con due barche identiche, altri con barche del tutto diverse. Perché? Si tratta di due approcci completamente diversi. Chi opta per le due barche identiche dà molta importanza allo sviluppo delle vele e delle appendici (come la pinna e il bulbo sotto lo scafo), lasciando fisso lo scafo. Altri invece, come noi di Luna Rossa, scelgono due barche diverse e cercano di azzeccare le previsioni meteo per quella settimana. Nessuno dei due approcci si è mai rivelato senz’altro vincente. Nel dubbio, ad esempio, con il Moro ne costruimmo addirittura cinque, di cui due gemelle e le altre tutte diverse.