MACCHINA DEL TEMPO SETTEMBRE 2005, 31 ottobre 2005
Quella di Mascalzone è una vera telenovela, dalla polvere alle stelle con qualche scivolone e tanti recuperi
Quella di Mascalzone è una vera telenovela, dalla polvere alle stelle con qualche scivolone e tanti recuperi. Con tre barche impegnate sui campi di regata di tutto il mondo, cinque anni fa l’armatore Vincenzo Onorato si decise al grande passo. Auckland però non portò i risultati sperati. Il sindacato partenopeo, che correva e corre con i colori del Reale Yacht Club Canottieri Savoia di Napoli, all’ultima sfida fu eliminato al primo turno. Troppo poco per scoraggiare il suo patron che, in vista della sfida del 2007, promette di rifarsi e, a giudicare da quanto si è visto nelle preregate di Valencia, questa volta non scherza. Tra i suoi assi nella manica c’è Silvio Arrivabene, classe 1975. Dopo aver preso parte a eventi internazionali delle classi Maxi, Swan 45 e IMS, categoria quest’ultima in cui nel 2003 ha conquistato il titolo mondiale, si è lanciato come designer. Navigatore nel 2002 a bordo di Mascalzone Latino e, rientrato in Italia, il velista di Pordenone terminò il Master in Architettura navale e ingegneria marina a Trieste e oggi, a trent’anni, è l’assistant designer del sindacato napoletano. Le barche di Coppa America e la Formula Uno. Cosa ne pensa? Le similitudini ci sono e non sono poche. Qualche esempio? Una Ferrari potrà avere un alettone aerodinamico che le consenta di correre più veloce. Su uno yacht di quelli che progettiamo noi basta cambiare qualche dettaglio del timone per ottenere prestazioni molto diverse. Che cos’è cambiato con il nuovo regolamento? C’è possibilità di confronto nella fase della progettazione. Fino a un anno fa, ogni team lavorava per conto suo nella sua base e per fare previsioni poteva solo contare sui database delle precedenti competizioni o sulle prestazioni in mare della barca. Ma anche avendo a disposizione due barche, che tra di loro potranno differire solo per pochi dettagli, non c’è modo di verificare a pieno la bontà delle proprie intuizioni. Ma ci sono state anche innovazioni relative al peso... Non più di 24 tonnellate contro le 25 di prima. Una barca più leggera è una barca più veloce. Quasi tutti abbiamo pensato di alleggerire il bulbo, quella sorta di zavorra che si trova sotto la chiglia. Oggi pesa 18 tonnellate. La barca è più agile nelle andature di poppa, quelle previste subito dopo il giro di boa. Il risultato è una maggiore probabilità di sorpassi e una maggiore spettacolarità per chi assiste alla regata. Anche se a Valencia, nell’Act 1, sono stati pochi. Qualche indiscrezione sul design di Mascalzone? Abbiamo alleggerito il peso e aumentato la superficie immersa portando il pescaggio da 4 metri a 4,10. Dieci centimetri di leva in più fanno la differenza. Poi ci stiamo sbizzarrendo sulle appendici, che sono diventate protagoniste della fase di progettazione. Infine stiamo curando con attenzione la realizzazione delle vele, in particolare di quelle di prua. L’ultima tendenza è di disegnare dei fiocchi molto allunati con delle stecche, come si usa con le rande. Questo comporta però di dover progettare di conseguenza anche l’albero e le crocette. Insomma, nulla è lasciato al caso nella Coppa America.