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 2005  ottobre 31 Lunedì calendario

In Europa l’alleato nazi-fascista aveva già capitolato, ma né le sconfitte di Iwo Jima e Okinawa, né i massicci bombardamenti su Tokyo avevano convinto il Giappone alla resa

In Europa l’alleato nazi-fascista aveva già capitolato, ma né le sconfitte di Iwo Jima e Okinawa, né i massicci bombardamenti su Tokyo avevano convinto il Giappone alla resa. Il presidente americano Harry S. Truman aveva perciò deciso l’uso di un’arma nuovissima quanto potente, la bomba atomica, sollevando le proteste di alcuni scienziati che avevano partecipato al progetto e che già avevano tentato di esprimere le loro perplessità al presidente Franklin D. Roosevelt prima della sua morte improvvisa (12 aprile 1945): la caduta di Hitler, infatti, rendeva del tutto ingiustificato il lancio delle prime atomiche sul Giappone. Le commissioni governative formate da Truman per affrontare la questione (una era composta dagli scienziati Oppenheimer, Fermi, Compton e Lawrence) conclusero invece che sarebbe stato necessario colpire al più presto, senza alcun particolare preavviso circa la natura dell’arma, un obiettivo costituito da installazioni militari circondate da abitazioni o da altri edifici particolarmente danneggiabili. La bomba atomica avrebbe indotto il Giappone alla resa incondizionata, evitando così un’invasione che sarebbe costata la vita a mezzo milione di soldati americani. Dopo un test nel deserto del New Mexico (16 luglio), furono preparate due bombe a fissione, una all’uranio 235, ribattezzata ”Little Boy”, e l’altra al plutonio 239 (’Fat Man”). Il 28 luglio il Giappone respinse l’ultimatum americano. Il 6 agosto 1945, il quadrimotore B-29 ”Enola Gay” (nome della madre del pilota, il 29enne Paul W. Tibbets) sganciò ”Little Boy” su Hiroshima, antico villaggio di pescatori dell’isola di Honshu, poi trasformato in centro di produzione di materiale bellico. La bomba esplose a 576 metri dal suolo; dopo 7 secondi il silenzio fu rotto da un tuono assordante: il 98 per cento dei palazzi della città venne distrutto o danneggiato nel raggio di tre chilometri, 30.000 persone morirono sul colpo, altre 40.000 due giorni dopo. Un fungo di fumo velenoso si alzò fino a 17.000 metri, restando visibile per 90 minuti. Cadde una pioggia viscida e i fiumi strariparono, invadendo i resti della città. Tre giorni dopo ”Fat Man” fu lanciata su Nagasaki, costringendo il Giappone alla resa definitiva. Dopo 5 mesi, le vittime per le radiazioni erano già 230 mila e molti altri, silenziosamente, sarebbero morti negli anni a venire.