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 2005  ottobre 31 Lunedì calendario

Esistono scimmie che hanno fama di uccidere i leoni. Sono le lion killers: così almeno le chiamano gli abitanti di Bili, in Congo, a un dipresso dall’impenetrabile foresta africana

Esistono scimmie che hanno fama di uccidere i leoni. Sono le lion killers: così almeno le chiamano gli abitanti di Bili, in Congo, a un dipresso dall’impenetrabile foresta africana. Di queste bestie non si sa nulla, ma i pochi che le hanno incontrate dicono che sono alte due metri e hanno la faccia nera, larga e feroce. Abitano le foreste inesplorate e impenetrabili del Congo nord orientale dove, secondo certi zoologi fantasiosi, potrebbero perfino nascondersi gli ultimi dinosauri: e infatti c’è chi aveva intenzione di andare lì a cercarli. Il primo a interessarsi di queste scimmie è stato un ufficiale belga che, nel 1898, era tornato dal Congo con tre grossi crani in valigia, convinto che fossero di gorilla. Gli esperti però li trovarono un po’ anomali, quindi conclusero che doveva trattarsi di una sottospecie ancora sconosciuta. Più di un secolo dopo, nel 1996, Karl Ammann, un fotografo svizzero che vive in Kenya e si batte per difendere i grandi primati, ha sentito parlare di queste misteriose ”assassine di leoni”, che somiglierebbero ai gorilla ma si comporterebbero come scimpanzé: come questi ultimi, infatti, non aggrediscono i cacciatori, ma fanno silenziosamente dietrofont quando li incontrano e spariscono nel nulla. Anche Ammann ha trovato un grosso cranio con caratteristiche tipiche degli scimpanzé ma anche dei gorilla, e così - per studiare la nuova specie - è riuscito a far giungere nel Congo due importanti primatologi americani come George Schaller e Richard Wrangam. I due non hanno trovato le misteriose scimmie, anche se le tracce rinvenute sottolineano questa strana commistione tra gorilla e scimpanzé in un unico primate. Eppure, se qualcosa sta stimolando gli studiosi, è proprio questa commistione, alquanto inspiegabile. I nidi scoperti dai ricercatori erano collocati a terra, come quelli dei gorilla (di solito gli scimpanzé li fanno sugli alberi) ma, analizzando le feci, ecco le tracce di una dieta ricca di frutta, come quella degli scimpanzé. Insomma, un rebus. Qualche tempo dopo è stata la volta di Ron Pontier, un missionario che, volando lentamente sulla zona inesplorata e sfiorando quasi le cime degli alberi, ha visto un’enorme scimmia attraversare una radura, scomparendo subito nella macchia. Poi, sempre su invito di Ammann, si è mossa la studiosa Shelly Williams, che lavora all’Istituto Jane Goodwall del Maryland (Usa).  stata lei la prima scienziata a vedere finalmente le ”scimmie del mistero”, ed è riuscita persino a filmare quattro di questi animali per alcuni giorni e notti. Prima di annunciarlo al mondo, Shelly Williams ha però voluto che anche altri esperti vedessero i filmati e dessero il loro parere. accaduto così che alcuni ricercatori australiani dell’Università di Canberra abbiano visto e dato il loro assenso. Così le fotografie delle scimmie del mistero sono arrivate in Occidente, aprendo un dibattito fra i primatologi che si sono impegnati subito in furibondi litigi. La Williams ritiene che si tratti di una nuova specie: forse gorilla e scimpanzé avevano avuto un contatto quando il livello del fiume che divide le zone dove abitano s’era abbassato, ed erano stati travolti dalla passione, generando una specie ibrida? Ma come mai uccidono i leoni? Perché sono così grandi? Perché cantano alla luna con strani ululati da licantropo e mangiano sbucciando la frutta con le dita invece che con i denti? E da chi possono avere ereditato la loro invulnerabilità alle frecce avvelenate dei cacciatori? Si tratta di una nuova specie o di una sottospecie di comuni scimpanzé? Queste ipotesi hanno suggerito un’altra variante: potrebbe trattarsi di una specie che si è evoluta per conto proprio, in una zona isolata e mai raggiunta dall’uomo. Così il litigio continua, anche perché il responso del Dna estratto dai peli trovati nei nidi (nessuno si lancia nella difficile avventura di strapparli a quei giganti!) ha dato risposte poco attendibili: da un pelo si ricava solo il Dna mitocondriale, ossia della linea materna. Poi si è sperato che gli esperti potessero trarre qualche informazione dalle feci, così ne hanno raccolte a chili, ma anche in questo caso il Dna è mitocondriale. Però guai a chi le butta via, perché si può tentare una nuova analisi con tecniche nucleari. Fra tanti scienziati in agitazione, uno studente patito degli animali, Cleve Hicks, ha detto qualcosa di originale: «Queste scimmie non sono una sottospecie. Il loro comportamento fa pensare piuttosto che siamo di fronte all’evoluzione in atto. Una nuova specie si sta distaccando dagli scimpanzé. Il problema è che gli uomini le permettano di sopravvivere».