Note: [1] Gian Micalessin, Il Giornale 27/10; [2] Vanna Vannuccini, la Repubblica 27/10; [3] Luigi Geninazzi, Avvenire 28/10; [4] Gian Micalessin, Il Giornale 23/9; [5] Guido Rampoldi, la Repubblica 29/10; [6] Giuseppe Zaccaria, La Stampa 19/6; [7] Andrea, 29 ottobre 2005
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 31 OTTOBRE 2005
Com’è che ha detto il presidente iraniano? [1]
«Israele deve essere cancellato dalla carta geografica». [1]
Fa sul serio? [2]
«Tenga presente che stava parlando a un convegno dal titolo ”Un mondo senza sionismo”, con cui ogni anno Teheran celebra la sua solidarietà con i palestinesi. [2] Detto questo, sarà stato il Ramadan, sarà stata l’ebbrezza d’una conferenza davanti a quattromila studenti, l’entusiasmo delle ragazze avvolte nello chador dalla testa ai piedi che l’acclamavano entusiaste, la rabbia dei ragazzi con la testa fasciata di verde e i versetti coranici sulla fronte che imploravano la ”Morte all’America e a Israele”, questa volta Mahmoud Ahmadinejad non ce l’ha fatta a trattenersi». [1]
S’è fatto prendere la mano? [3]
«Non direi. lui che usa la folla, non il contrario. E le parole più illuminanti stanno nella frasetta introduttiva: ”Come ci ha insegnato l’iman Khomeini...”. Per l’ex pasdaran che ha trionfato nelle elezioni presidenziali dello scorso giugno il mondo è cominciato con la rivoluzione khomeinista del 1979. E la lotta contro Israele non è motivata semplicemente dall’occupazione dei Territori palestinesi ma fa parte di una ”guerra del destino” tra l’islam e l’Occidente giudaico-cristiano. Archiviata l’era riformista di Khatami, in Iran non c’è più spazio per quel dialogo fra civiltà portato avanti, sia pur timidamente, dal predecessore di Ahmadinejad che ai funerali di Giovanni Paolo II non disdegnò di comparire accanto al presidente israeliano Katsav». [3]
Perché ce l’ha con Israele? [3]
«Per quelli che la pensano come Ahmadinejad la nascita d’Israele è una tappa della guerra con l’Occidente, uno scontro che si protrae da secoli e che negli ultimi trecento anni ha visto la ritirata della nazione islamica. L’ultima difesa sarebbe caduta quando l’oppressore ha dato vita al regime sionista usandolo per penetrare nel mondo musulmano. [3] Gli striscioni con la scritta ”cancellare Israele dalla mappa del mondo” sono sempre comparsi nelle riunioni delle Guardie Rivoluzionarie e da quando alle elezioni presidenziali di giugno i pasdaran, con un ”golpe freddo”, hanno stabilito la loro supremazia su tutti i centri di potere eletti, quella frase compare regolarmente nelle parate. [2] Il 22 settembre a Teheran, durante quella in ricordo della guerra con l’Iraq, sfilarono 6 missili Shebab 3 in grado di colpire obiettivi a più di 2000 chilometri di distanza, quindi anche Israele. Su ognuno c’era scritto ”Cancelleremo Israele dalle carte geografiche”». [4]
Nessuno disse niente? [4]
«Gli addetti militari di Italia, Francia, Grecia e Polonia abbandonarono il palco d’onore, ma Ahmadinejad ne fu quasi contento. Tanto che disse: ”Oggi i nemici hanno capito che la nazione iraniana è veramente determinata nel difendere i propri ideali, la propria integrità territoriale, il sistema islamico e i risultati della rivoluzione islamica”. [4] Il fatto è che l’Iraq senza Saddam ha gravi problemi di coesione interna, la Siria è in grosse difficoltà per il suo coinvolgimento nell’uccisione del primo ministro libanese Hariri e l’Iran si ritiene l’unico Paese in grado di arginare Israele. Perciò definisce ”un trucco inaccettabile” il ritiro da Gaza e minaccia i Paesi arabi moderati di ”bruciare nelle fiamme accese dalla rabbia della grande nazione islamica”». [3]
Sembra che Ahmadinejad non abbia nessuna paura dell’Occidente. [5]
«Quel suo tono brutale e imperioso è il tono d’un regime totalitario che non teme più di sfidare gli avversari perché ne conosce la debolezza. la lingua del vincitore e poiché Teheran ha motivo per considerarsi tale, faremmo bene a preoccuparci. Beninteso, la rivoluzione khomeinista rimane grossomodo dov’era tre anni fa, in coma terminale. Ma nel frattempo l’invasione dell’Iraq ha rianimato quel regime. L’ha rafforzato con i proventi del petrolio e, soprattutto, gli ha permesso di dislocare in Iraq un tale armamentario di strumenti politici e militari che oggi nessuno, neppure Washington, può prescindere dalla volontà di Teheran. Inoltre il ”processo democratico” in Iraq è perfettamente funzionale ai progetti iraniani». [5]
In che senso? [5]
«A Teheran non è piaciuto che dalla bozza della Costituzione resa pubblica in agosto sia sparito l’articolo che avrebbe vincolato la permanenza delle basi aeree americane in Iraq all’assenso dei due terzi del parlamento iracheno. Ma in cambio Washington ha rinunciato alle obiezioni sugli articoli che autorizzano le nove province sciite a unificarsi in una regione con proprie milizie, leggi e diritti petroliferi sui giacimenti non ancora sfruttati. Insomma a formare uno staterello sciita, verosimilmente governato dal partito più votato in Iraq, quello Sciri khomeinista che Teheran ha sapientemente allevato nel ventennio dell’esilio. Perciò l’Iran si considera l’unico vincitore della guerra lanciata da Bush. Ciò detto, è probabile che nella percezione della propria forza il regime iraniano metta anche quel delirio d’onnipotenza tipico dei totalitarismi». [5]
Che tipo è Ahmadinejad? [6]
«Secco, magro, bassino, l’abbigliamento dimesso e la barba rada del ”mujahed”. [6] Figlio di un fabbro, ha quasi cinquant’anni. Combattente della rivoluzione, servo della nazione, povero tra i poveri, ha stupito tutti con la sua rapida ascesa. Era praticamente uno sconosciuto. Non importa fosse sindaco di Teheran, il Consiglio Comunale che lo nominò nel 2003 era stato votato da un risicato 14% di elettori. Si sapeva solo che era un fedelissimo della Guida Suprema Ali Khamenei, amico di suo figlio, laico sì ma animato da un fervore religioso. stato Pasdaran, miliziano rivoluzionario, infiltrato oltre le linee nemiche, capo dei Basiji, i giovani volontari islamici. Di sicuro un duro. [7] Certo non si può dire che abbia un’idea esatta del mondo. Come il suo mentore non capisce l’inglese, non guarda le tv satellitari, non viaggia all’estero». [5]
La sua elezione, mi par di capire, è stata una sorpresa. [6]
«Pochi giorni prima delle elezioni un politologo iraniano l’aveva liquidato così: ”Chi, quello? Al massimo può rifare qualche marciapiede”. Da sindaco si era accanito contro qualsiasi iniziativa sostenuta dal governo riformista ed aveva fatto sparire dai negozi di giocattoli e di libri della capitale ogni traccia delle Barbie per far spazio alla saga di Harry Potter, a suo dire meno antislamica. [6] Date le dimissioni, si inserì fra le otto candidature presidenziali accolte dal Consiglio. Mentre tutti gli altri scatenavano campagne elettorali rivolte ai giovani lui continuava a lavorare in silenzio, forte dell’appoggio dell’intera struttura islamica dei reazionari». [6]
Chi l’ha votato? [8]
«Prima bisogna chiedersi: l’hanno veramente votato? L’ex presidente Abolhassan Banisadr, da vent’anni esiliato in Francia, spiega che c’erano 45 mila urne in tutto il paese e 14 ore per votare. Facendo una media di due minuti a persona, fanno 420 voti ad urna che moltiplicato per 45 mila fa 18 milioni 900 mila voti. Dallo scrutinio ne risultano però 28 milioni. Delle due l’una: o hanno votato a tempo di record, oppure qualcuno ha inserito nelle urne 10 milioni di voti. Diciamo che c’è stata una guerra di regime fra i mafiosi politico-religiosi di Hachemi Rafsanjani e i nuovi mafiosi militar-finanziari di Ahmadinejad. Questi ultimi si sono imposti grazie al messaggio populista diffuso durante la campagna elettorale: ridistribuzione della ricchezza, prezzi bassi, aumento degli stipendi, sussidi per i poveri». [9]
Adesso i poveri stanno meglio? [10]
«Macché. Said Leylaz, presidente della più importante fabbrica automobilistica iraniana, dice che Ahmadinejad non è riuscito a far nulla per mantenere le promesse di maggior benessere in base alle quali era stato votato. L’economia peggiora, l’inflazione aumenta, gli investimenti stranieri diminuiscono. Perciò ha bisogno di un nemico per mobilitare la gente». [10]
Le sue minacce sono credibili? [8]
«Banisadr dice che oggi per il regime iraniano non è importante l’atomica quanto la sopravvivenza. Se la sopravvivenza lo esige, rinunceranno facilmente non solo all’atomica, ma anche all’energia nucleare. Il regime è isolato a livello internazionale e anche all’interno. In fondo l’Iran non ha bisogno né della guerra né dell’energia nucleare, perdipiù basata su tecnologia russa obsoleta. Rafsanjani aveva accettato di riconciliarsi con gli americani se fosse stato eletto. Ahmadinejad è pronto a fare la stessa cosa se la sopravvivenza del regime lo esige. Ma l’esige? Riconciliarsi con gli americani vuol dire perdere tutte le amicizie attuali, e quindi perdere il potere, visto che sono queste amicizie mafiose che lo distribuiscono». [8]
Lui però ce l’ha soprattutto con Israele? [11]
«Sono state le sue prime parole appena eletto: l’Iran vuol convivere ”pacificamente” con tutti gli stati. Con un’eccezione: Israele. I servizi segreti di Tel Aviv prevedono azioni per destabilizzare il regime del leader pragmatico palestinese Abu Mazen e per rafforzare movimenti radicali come Hamas e Jihad islamica. [11] Un noto commentatore di Tel Aviv ha criticato Bush e gli Stati Uniti per aver attaccato l’Iraq di Saddam Hussein invece di scatenare la potenza americana contro l’Iran per cambiare il regime e per impedire agli ayatollah di armarsi d’ordigni nucleari. [12] I pasdaran hanno assunto il pieno controllo della ricerca e lavorano in collaborazione con il ministero della Difesa: una prova che gli studi non sono per scopi civili. Il programma è sviluppato in quattro grandi centri, protetti da altrettante guarnigioni: Lavizan II, Parchin, Hemmat, Isfahan. A questi ”laboratori” si aggiungono due centri universitari (Malek Ashtar e Imam Hosseini) e un impianto della Difesa vicino a Lavizan. Dopo le rivelazioni dell’opposizione il regime ha creato una serie di impianti nascosti da tunnel e bunker». [13]
Quanto tempo manca prima che abbiano in mano l’atomica? [14]
«Secondo il Consiglio nazionale di resistenza iraniana, un gruppo con sede a Parigi che si oppone al regime della repubblica islamica, Teheran è ormai ”pronta al 95 per cento”. [14] Ad agosto i servizi segreti israeliani parlavano di 8-10 mesi. [15] La National Estimate Intelligence (Nei) americana è più ottimista e dice che l’Iran avrebbe bisogno di dieci anni per produrre l’uranio necessario a caricare una bomba. Negli anni scorsi però gli analisti Usa non ne hanno azzeccata una: nel 2002 Stephen Hadley - allora vice della Rice, oggi consigliere per la Sicurezza nazionale - paventò l’idea di un possibile ”cambio di regime”. La realtà ha imboccato una strada totalmente opposta. [16] Il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom dice che la domanda non è se saranno capaci di avere la bomba nel 2009, nel 2010 o nel 2011 ma: quando avranno il know-how per farlo?». [17]
Fanno paura i mullah con la bomba. [15]
«Giovedì è entrato in orbita il primo satellite iraniano. Ufficialmente servirà a fotografare zone agricole, risorse naturali ed eventuali zone disastrate, ma Israele pensa che servirà a raccogliere informazioni sul potenziale militare dello stato ebraico. [18] A Teheran i giornali di destra chiedono la guerra. Venerdì ”Kayhan” ha titolato: ”Se è vero che l’apparizione del Messia è imminente, perché allora il clero non emette una fatwa che annunci la guerra santa contro Israele?”. [19] Insomma, tutte le più fosche previsioni si stanno avverando. L’Iran ha scelto lo scontro con l’Occidente. Ma prima ancora che una terrificante minaccia nei confronti del mondo esterno l’atomica nelle mani degli ayatollah sarebbe un’arma di ricatto verso il popolo iraniano, spinto a identificarsi con il regime sull’onda di un nazionalismo orgoglioso e insensato. Come ci ha insegnato il lungo periodo della guerra fredda contrassegnata dall’equilibrio del terrore, il contrasto fra democrazia e dittatura fatica a trovare soluzione quando chi usa la mano pesante nei confronti dei propri sudditi è pronto ad impiegare l’atomica contro i nemici esterni». [15]
Teheran dice che il nucleare gli serve a scopi civili. [20]
«Ahmadinejad ripete che la religione gli proibisce di avere armi nucleari, che il suo capo religioso glielo lo ha proibito ecc. [20] Ma essendo l’Iran uno dei più grandi produttori di petrolio e di gas naturale al mondo, è difficile credere che abbia bisogno di altra energia. In realtà la riapertura della centrale atomica di Isfahan è uno sberleffo al mondo. In primo luogo all’Unione europea che tramite i negoziatori di Germania, Francia e Gran Bretagna aveva offerto all’Iran un pacchetto d’incentivi politici ed economici in cambio dello stop al programma nucleare. Teheran è da tempo in affari con i Paesi della Ue ma è sempre più interessata a stringere rapporti economici e politici con l’India, il Pakistan, la Cina». [15]
Tutte potenze nucleari bisognose di petrolio. [15]
«L’Iran intende realizzare un gigantesco oleodotto che, via India e Pakistan, arrivi fino in Cina. Un progetto che interessa molto il governo di Pechino, pronto a porre il veto per bloccare le eventuali sanzioni che venissero adottate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu nei confronti di Teheran. L’Ue, che si era assunta la responsabilità di negoziare con il regime degli ayatollah anche nei confronti degli Stati Uniti, deve constatare il suo ennesimo fallimento. Forse c’è ancora qualche margine di manovra per riprendere il negoziato interrotto bruscamente dal nuovo governo di Teheran. Purchè sia chiaro che l’obiettivo finale è la liberalizzazione del regime degli ayatollah, in sintonia con le richieste che giungono dalla società iraniana». [15]
E se non si riesce a fermarli? [21]
«Come ha detto John Reid, ministro della Difesa del governo di Tony Blair, questo è un test importante per la comunità internazionale e per l’Onu. Dobbiamo sperare che l’Iran rispetti gli accordi sulla non proliferazione atomica e che la questione si risolva in modo pacifico. Se non succedesse, la parola passerebbe alla comunità internazionale e, da ultimo, alle Nazioni Unite e al Consiglio di sicurezza cui toccherebbero decisioni non facili da prendere. [21] Il rischio è che l’Europa rimanga ancora una volta inerte limitandosi a deplorare». [22]
La diplomazia è impotente? [5]
« improbabile che possa placare le smodate ambizioni iraniane, dal nucleare ai progetti egemonici sul sud dell’Iraq. E le alternative sono quasi nulle. Le soluzioni militari, come raid aerei limitati contro obiettivi iraniani, aiuterebbero Bush a tornare il war president che piacque all’elettorato statunitense; ma aiuterebbero assai più gli ayatollah, regalando ad essi il patriottismo iraniano. E soprattutto esporrebbero gli americani ad una furibonda rappresaglia in Iraq». [5]
Che fare, allora? [22]
«Sarebbe bene che l’Europa non ripetesse con l’Iran l’errore commesso a suo tempo con l’Iraq, per il quale l’unica vera ”proposta” dei Paesi europei contrari alla guerra era di lasciare indisturbato al potere Saddam Hussein.
Gli europei potrebbero agire su diversi fronti. Per esempio, chiedendo, con Israele, la cacciata dell’Iran dall’Onu. Potrebbero chiedere che l’Iran venga escluso da tutte le manifestazioni internazionali. Qualcuno dice che escluderli dai prossimi mondiali di calcio potrebbe dar vigore all’opposizione. Nonostante vi si svolgano elezioni l’Iran non è una democrazia ma una teocrazia, con il potere ben saldo nelle mani dei religiosi. La nuova crisi iraniana conferma che, senza democrazia, in Medio Oriente non ci sarà mai pace». [22]