MACCHINA DEL TEMPO SETTEMBRE 2005, 28 ottobre 2005
Ciò che abbiamo recuperato dal mare è soltanto una parte infinitesimale di quanto è sepolto sotto metri d’acqua e fanghiglia
Ciò che abbiamo recuperato dal mare è soltanto una parte infinitesimale di quanto è sepolto sotto metri d’acqua e fanghiglia. L’International Registry of Sunken Ships, il registro su cui sono segnate le navi che non sono mai giunte nei porti dove le attendevano, contiene informazioni e coordinate su oltre 30 mila naufragi. Ma non si pensi che ciò basti a far individuare il relitto. Fino agli inizi dell’Ottocento, anni in cui entrò in uso l’orologiio di precisione di Harrison, la longitudine era calcolata approssimativamente. Inoltre, una volta trovati i resti, occorre raggiungerli. E non sempre la discesa nelle profondità marine è agevole. «Per questo si usano robot subacquei», afferma Ivan Caronti, ingegnere e titolare dell’impresa per lavori subacquei Sisgen. «Sono i cosiddetti Rov, di solito di due tipi: quelli collegati alla nave appoggio da una sorta di cordone ombelicale e quelli indipendenti. Sono quest’ultimi a essere tra i più sofisticati e costosi, guidati attraverso impulsi acustici, gli unici in grado di propagarsi sott’acqua». «Il campo della tecnologia sottomarina è molto vivace», commenta Sebastiano Tusa. «Ma lo sprone non sono i relitti, quanto la ricerca di sacche di petrolio sotto il livello del mare. questa ricerca, infatti, che manda avanti la tecnologia. Studiosi e cacciatori ne approfittano, poiché le novità si susseguono in fretta (come per i computer) ed è quindi possibile acquistare a buon prezzo macchine all’avanguardia».