MACCHINA DEL TEMPO SETTEMBRE 2005, 28 ottobre 2005
Fino al 1498, Venezia aveva dominata sul commercio con l’Oriente. Padrona di rotte preferenziali con i porti dell’Asia Minore, faceva il bello e il brutto tempo da sempre
Fino al 1498, Venezia aveva dominata sul commercio con l’Oriente. Padrona di rotte preferenziali con i porti dell’Asia Minore, faceva il bello e il brutto tempo da sempre. Le altre potenze europee tentarono inutilmente di contrastare tanto successo, fino a quando il portoghese Vasco de Gama riuscì a circumnavigare l’Africa e a raggiungere le mitiche Indie, doppiando il Capo di Buona Speranza. Così, nel Cinquecento, i portoghesi cominciarono a servirsi di caravelle (navi leggere di circa 100 tonnellate, riunite in squadre di 7-14 unità) per portare carichi preziosi dai porti di Hormuz in Persia, di Goa in India e di Malacca in Estremo Oriente. Verso la fine del secolo, i progressi condussero alla realizzazione di gigantesche caracche d’oltre 1.500 tonnellate. Il viaggio da Lisbona a Goa, andata e ritorno, durava 18 mesi, compresi i 3 o 4 di permanenza in India. La rotta ”Carreira da India” era pericola. Soltanto quattro navi su cinque tornavano a casa. Una restava sul fondo dell’oceano. Nel 1991, la società indonesiana PT Javayatama Istikacipta annunciò di aver individuato un relitto a 36 metri di profondità, sotto uno strato di fango, nei pressi della scogliera di Tengah, a nord di Tanjung Jambuair. Ancor più scalpore fece il nome della nave, che sembrò riemergere da un passato leggendario: la caracca portoghese ”Flor de la Mar”. Nel 1511, Afonso de Albuquerque, governatore portoghese di Goa, decise di conquistare il ricco porto di Malacca, nella Penisola Malese. L’ingente bottino fu caricato su quattro navi. Tra queste v’era la Flor de la Mar. Nel viaggio di ritorno, l’imbarcazione fu sorpresa da una tempesta nei pressi della costa orientale di Sumatra. La Flor de la Mar si mise all’ancora, ma non bastò. La tempesta s’ingrossava di minuto in minuto e la nave si schiantò sugli scogli. Lo scafo si spezzò in due. Albuquerque si salvò, ma la nave colò a picco con tutte le sue ricchezze in un fondale profondo 36,5 metri. Dei 400 uomini dell’equipaggio, ne sopravvissero solo tre. Nel XX secolo vi furono vari tentativi di recupero.La fortuna arrise a Robert Marx, uno dei più celebri cacciatori di tesori dei nostri tempi (vedi box a lato). Subito insorsero problemi con i governi malesi e indonesiani, che reclamavano il tesoro per intero senza scendere a compromessi. Bob Marx, assieme alla società PT Javayatama Istikacipta, trovò il relitto sotto uno strato di 15 metri di fango. Ma la fortuna si fermò qui, giacché riuscì a recuperare solo qualche oggetto, statuette d’oro e porcellana cinese. Ma, anche se la speranza del colpaccio non è morta, ancor oggi il tesoro della Flor de la Mar, dal valore di 9 milioni di dollari, giace sui fondali, a circa 40 metri di profondità.