MACCHINA DEL TEMPO SETTEMBRE 2005, 28 ottobre 2005
Siamo tra la seconda metà e la fine del Cinquecento: la Spagna non è seconda a nessuno come abile sfruttatrice del Nuovo Mondo
Siamo tra la seconda metà e la fine del Cinquecento: la Spagna non è seconda a nessuno come abile sfruttatrice del Nuovo Mondo. A quei tempi, oltre 3 milioni di pesos finivano ogni anno nelle casse della monarchia e una cifra parecchie volte superiore nella saccoccia dei mercanti. La rotta tra Acapulco (Messico) e Manila, nelle Filippine, era tra le più battute. Nonostante la madre patria preferisse che l’argento del Perù giungesse in terra spagnola, i mercanti si lasciavano sempre più irretire dal desiderio dei facili guadagni che pullulavano tra quelle acque. Alla fine del XVI secolo, dalle miniere del Sudamerica giungevano da 3 ai 5 milioni di pesos per acquistare seta, porcellane e altre merci orientali. La Spagna tentava di porre un freno, limitando per legge uno scambio non superiore a due navi l’anno, che globalmente non dovevano trasportare oltre i 200 mila pesos. Invece, ogni nave finiva per stipare qualcosa come 2 milioni di pesos. Fare il capitano su questa rotta era un affare d’oro: un comandante poteva guadagnare circa 40 mila pesos tra commissioni, regalìe e bustarelle, senza contravvenire all’ordine di non commerciare direttamente con nessuno. Ma anche tornare in Spagna aveva i suoi vantaggi: i galeoni solcavano le onde in flotte numerose, da dieci fino a quaranta navi, ciascuna piena zeppa di gioielli, oro, perle, cacao, cuoio e smeraldi. I contro erano le intemperie, le insidie naturali e le guerre che potevano scoppiare tra le nazioni, a volte improvvisamente. La ”Nuestra Señora de la Concepción” era una veterana della rotta Acapulco-Manila e ritorno. I due porti distavano in linea retta circa 15 mila chilometri e, sebbene il viaggio di andata fosse relativamente tranquillo, quello di ritorno era irto d’insidie. Partendo da Manila, occorreva superare il pericoloso Stretto di San Bernardino, poi puntare verso nord-est fino a circa 35° nord, oltre le Marianne, un gruppo di isole dell’Oceano Pacifico. Qui si potevano sfruttare i venti da ovest, che avrebbero spinto la nave sulla costa occidentale americana, da cui si scendeva a sud, verso Acapulco. Il 20 settembre del 1638, però, qualcosa andò storto e la Nuestra Señora de la Concepción non giunse mai ad Acapulco. Mentre si avvicinava alle Marianne, scoppiò una tempesta d’enorme violenza. Gli alberi della Concepción si spezzarono come grissini e la nave, senza alcun controllo, si schiantò sugli scogli davanti alla punta sudoccidentale dell’isola di Saipan. Degli oltre 400 marinai, se ne salvarono pochissimi: chi sopravvisse ai flutti, fu ucciso dagli indigeni. La Concepción e il suo carico divennero leggenda. Sulle sue tracce si mise, già nel 1688, il capitano inglese sir William Phipps. Trovato il luogo del naufragio, recuperò 26 tonnellate d’oro e d’argento, che finirono tutte all’Inghilterra. Ma la nave era un vero pozzo senza fondo. Nel 1976, quando il cacciatore di tesori Burt Webber scoprì di nuovo il relitto, riuscì a recuperare altri milioni di dollari in argento.