MACCHINA DEL TEMPO OTTOBRE 2005, 27 ottobre 2005
Erano giunti a bordo di grandi navi che provenivano da Calcide, nell’Eubea, da Sparta e addirittura da Cuma, lontanissima città dell’Asia Minore
Erano giunti a bordo di grandi navi che provenivano da Calcide, nell’Eubea, da Sparta e addirittura da Cuma, lontanissima città dell’Asia Minore. Erano greci alla ricerca di nuove terre ove collocarsi e prosperare, aprire nuovi mercati, ricercare nuove ricchezze, tentare la sorte in un Mediterraneo in parte ancora da esplorare. Qui, nel Sud dell’Italia, trovarono spiagge e golfi incantevoli, una terra promessa già nei paesaggi e nel clima. La chiamarono Magna Grecia, la Grecia grande, quasi immensa, che non faceva rimpiangere gli angusti confini delle città-stato originarie, strette tra montuosità e acque. Qui eressero templi ai loro dei e fondarono città importanti: Pithecusa, Crotone, Siracusa, Agrigento, Sibari, Locri. Trovarono genti autoctone e usanze e culture locali, che in qualche misura addomesticarono ai loro intenti e da cui furono, in qualche misura, addomesticati. Di tutta questa ricchezza culturale è specchio una splendida mostra a Catanzaro, nel Complesso monumentale di San Giovanni, aperta fino al 31 ottobre. La sua originalità non sta tanto nella testimonianza di un’antica civiltà, quanto alla sua graduale riscoperta e rivalutazione dal XVIII secolo ai nostri giorni. L’intento giustifica il titolo: ”Magna Graecia. Archeologia di un sapere”. «Quello che la mostra propone è il racconto di una scoperta, anzi di una doppia scoperta», racconta il curatore della manifestazione, Salvatore Settis. «Da un lato, la ”scoperta della Magna Grecia”, prima attraverso i ritrovamenti occasionali e la passione dei collezionisti che li raccolgono e ne promuovono il primo studio; poi attraverso l’opera sul territorio dei pionieri, fra l’ultimo Ottocento e il primo Novecento; e infine con il sistematico lavoro delle strutture pubbliche di tutela, le Soprintendenze. Ma con questa scoperta se ne intreccia un’altra, non meno importante: la ”scoperta” dei metodi scientifici dell’archeologia, il suo consolidarsi come disciplina, la legittimazione che le viene da importanti risultati conseguiti sul campo dello scavo, ma anche su quello dell’interpretazione». Tra gli oltre 800 antichi e preziosi reperti (come il meraviglioso Trono Ludovisi), la Magna Grecia riscopre la sua primavera.