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 2005  ottobre 27 Giovedì calendario

Ogni volta che incontrava un gatto, lo salutava e ci parlava a lungo in tedesco, probabilmente in dialetto bavarese

Ogni volta che incontrava un gatto, lo salutava e ci parlava a lungo in tedesco, probabilmente in dialetto bavarese. E il gatto, affascinato, lo seguiva. Una volta si è portato dietro fino al Vaticano una decina di felini. Sono dovute intervenire le guardie svizzere». Così ha raccontato il cardinale Tarcisio Bertonatti a proposito di papa Ratzinger, che da sempre ha per i gatti una vera passione. Tante volte, quando era cardinale, teneva in braccio e coccolava un soriano dal pelo chiaro con striature marroni. Quel felino, di nome Chico, sette anni d’età, oggi noto come il ”gatto papale”, è diventato una celebrità del valore di 200 mila euro. Ma lui (il gatto!) sembra infischiarsene, anzi, da qualche tempo è di pessimo umore: non ha potuto seguire l’amato cardinale in Vaticano e abita in casa della famiglia dei signori Rupert e Therese Hofbauer, a pochi metri dalla villa che il nuovo Papa si era costruito negli anni Sessanta a Pentling. «Papa Ratzinger ha visto crescere Chico giorno dopo giorno», ha raccontato la signora Therese: «Fu il dono di un amico a nostra figlia Tanja. Il cardinale lo prese subito in simpatia. Gli faceva molta compagnia». Ma il Papa non è certo il solo a gradire la presenza dei flessuosi felini. Nel mondo gli amanti dei gatti sono sempre più numerosi. Ogni dieci milioni di persone se ne contano sette milioni, mentre i cani non superano i sei milioni. E non dimentichiamo che d’estate la gente abbandona tanti cani per andare in vacanza, mentre i gatti restano nelle loro stanze, accuditi in pochi minuti da parenti o amici di buona volontà. Ma la passione per i gatti nasce solo dal fatto che sono molto più facili da gestire dei cani? O ci sono ragioni più profonde? Lo abbiamo chiesto all’etologo Giorgio Celli, grande amante dei gatti ai quali ha dedicato diversi studi e tanti libri. Professor Celli, perché i gatti hanno più successo dei cani? «Intanto creano meno problemi di convivenza sociale. Con il cane è tutto più difficile perché in genere non può entrare negli alberghi, nei ristoranti e in molti esercizi pubblici. A proposito, il Touring ha pubblicato un libretto con l’elenco dei luoghi dove gli animali domestici sono ammessi, e a mio parere è una buona iniziativa. Ci sono due introduzioni, una è di Margherita Hack e riguarda i cani, una è mia che parlo dei gatti. Un gatto è accolto più facilmente in un hotel o in una pensione, magari portato in gabbietta, perché si parte dal presupposto che possa restare tranquillo in camera. E anche a casa, se è solo, non dà problemi, e l’industria si è premurata di offrirgli vere e proprie casette speciali, con i ”servizi igienici” che ormai sono perfetti, e contengono addirittura sostanze deodoranti». Secondo lei il gatto non soffre di solitudine? Sicuramente sente la mancanza della persona con cui ha un rapporto affettivo, ma se resta un po’ solo non ne fa un dramma. difficile soffrire davvero la solitudine quando si dorme 16 ore il giorno, con fasi di sonno Rem in cui si ha l’attività onirica, cioè si sogna molto. stato accertato che i gatti sono gli animali che sognano di più. Come sappiamo che sognano? Risulta dall’elettroencefalogramma. Quando poi sono svegli si dedicano con grande pignoleria a fare toletta, cosa che occupa molto del loro tempo e che sicuramente fanno con piacere, perché di natura sono molto puliti. Con una vita così intensa che problema c’è a restare un po’ soli? Come dicevo, il gatto sente la mancanza della persona che si occupa di lui, che lo ama, e non è affatto vero, come molti credono, che i gatti si affezionino solo alla casa. Sono legatissimi anche ai padroni però sono più indipendenti, mentre i cani lasciati soli nelle case abbaiano, guaiscono e infastidiscono i vicini. Sentimenti a parte, un gatto è più facile da tenere. Per i cani c’è anche il problema delle uscite quotidiane e degli escrementi, e se è giusto che il padrone li raccolga e non li lasci lì a imbrattare le strade, raccattarli non è piacevole. Maometto considerava i cani impuri, mentre amava molto i gatti. Si dice che un giorno, per non svegliare la gatta – o il gatto, non si sa bene – che si era addormentata sulla sua tunica, ne abbia tagliato un pezzo. Non era solo per non svegliarla, era perché ne aveva un gran rispetto. I gatti sono la sua passione, professore. Ma che cos’è che glieli fa amare tanto? Prima di tutto la loro bellezza. Sono morbidi, flessuosi, efficienti, eleganti, sensuali e femminei. Femminei, anche i maschi? E secondo lei è importante? Perfino il nostro nuovo Papa è un gattofilo. Non sarà mica sedotto dalla femminilità?  il loro modo di muoversi, il loro modo di esistere che è felpato e femmineo. Quando un gatto cammina è silenziosissimo, perché le unghie sono retrattili ed è come se camminasse in pantofole. La sua magia nasce anche dal fatto che ce lo troviamo lì all’improvviso, quasi sorto dal nulla, una specie di apparizione. Nel mondo la bellezza e la grazia sono sempre state femminee, secondo me. Ha mai sentito che un uomo dica alla sua amata ”sei la mia cagnolina”? No, le dice ”sei la mia gattina”, o ”sei la mia micia”. Questo amore per i gatti viene da molto lontano, da migliaia di anni fa. Gli antichi Egizi li veneravano, li adoravano e una delle loro dee più importanti, la dea Bastet, che rappresentava il piacere, la fecondità, la maternità, aveva la testa di gatto. Nessun’altra civiltà al mondo ha mai riservato tanti onori a queste bestiole. Ne sono stati trovati centinaia di migliaia, imbalsamati con la stessa cura riservata ai faraoni, cioè a esseri divini. Per la famiglia la morte di un gatto era una gran tragedia, i ”parenti” umani si rasavano le sopracciglia in segno di lutto. E se qualcuno si permetteva di ucciderne uno, anche vagabondo, in Egitto veniva punito con la pena di morte. Ma non erano stati venerati solo perché avevano salvato dai topi i granai dei faraoni? Certo, mangiandosi i topi s’erano guadagnati la gratitudine generale, ma la venerazione è qualcosa di più. Li hanno perfino associati alla divinità che fa sorgere il sole. Per gli Egizi il gatto era un ponte verso il metafisico, verso l’aldilà. Il guaio è che questo suo lato misterico ha finito per eccitare la fantasia dell’uomo anche al negativo, e nei cupi secoli del Medioevo gliene hanno fatte di tutte. Li hanno sepolti e bruciati vivi, li hanno torturati perché ”confessassero” di essere gli intermediari tra il demonio e le streghe... ma dal momento che non confessavano un bel niente, le torture finivano solo con la morte. I cavalieri Templari avevano il culto dei gatti neri, e questa era una ragione di più per considerare con diffidenza sia gli uni sia gli altri. Non parliamo poi di una certa setta di Valdesi che nei riti satanici aveva, come gesto supremo, quello di baciare il sedere di un gatto. Siamo stati così crudeli e pazzi? Sembra incredibile. Eppure c’è stato anche un papa che ha ordinato lo sterminio dei gatti. Ogni cristiano che volesse fare ”la volontà di Dio” era autorizzato a infliggere strazianti pene e poi a uccidere qualsiasi gatto gli capitasse a tiro. I felini furono anche crocefissi e gettati dai campanili durante le feste consacrate, morirono a milioni e se non si sono estinti è merito dei contadini, che sapevano quanto fossero utili. Forse gli uomini vedevano i gatti come piccole bestie feroci... Victor Hugo scrisse che Dio fece il gatto perché l’uomo potesse accarezzare la tigre. Però i gatti sono diversi da tutti gli altri felini: loro soltanto sanno fare ”ron ron”. un suono dolce e strano che la scienza non sa ancora come spiegare. Quelle fusa dipendono da una rugosità delle corde vocali? Da una strozzatura della vena cava? Certo è un modo per rassicurare se stessi, per produrre endorfine ed esprimere soddisfazione. Ma non finisce qui: il loro ”ron ron” ha una specie di analogia con il battito cardiaco di chi li tiene in braccio e le endorfine le fa produrre anche a noi, rendendoci più calmi e sereni. Lo affermano importanti riviste scientifiche come ”Lancet”: accarezzare un gatto, spiegano, è meglio di un tranquillante, e secondo una statistica a una persona colpita da infarto difficilmente capita una ricaduta, se ha vicino un gatto che gli toglie l’ansia. La gattoterapia è diventata una cura per bambini autistici, per anziani malati, perfino per alcune persone in coma. Secondo lei, professore, sono davvero capaci di percezioni extrasensoriali? Hanno percezioni molto più sottili delle nostre, anche perché sono i migliori osservatori che si conoscano, a un livello addirittura scientifico. Per me il gatto è un vero scienziato. Conosce le minime variazioni del nostro umore studiando i nostri gesti. Per esempio quando il mio gatto - diciamo uno dei miei gatti - si accorge che mi sto muovendo in modo diverso, anche se faccio finta di nulla, lui sa già quello che sto per fare, magari capisce che sto per portarlo dal veterinario e così se la svigna. Ritengo che i gatti possiedano davvero un’eccezionale capacità di leggere non tanto nel nostro pensiero, ma nei nostri gesti. Sono soprattutto le persone sole che adottano un gatto? Questa è l’era dei single, quindi degli introversi, per cui il rapporto con un gatto, solitario anche lui e indipendente, è il migliore che si possa immaginare e riempie la vita senza creare obblighi eccessivi. In fondo anche il gatto, per tendenza, è un single.