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 2005  ottobre 27 Giovedì calendario

 dalla caldissima estate del 2003 che dall’Italia si levano puntualmente voci allarmistiche sulla tropicalizzazione del Mediterraneo e sullo spettro di cicloni violenti come quelli oceanici

 dalla caldissima estate del 2003 che dall’Italia si levano puntualmente voci allarmistiche sulla tropicalizzazione del Mediterraneo e sullo spettro di cicloni violenti come quelli oceanici. innegabile che anche l’acqua del nostro mare si stia scaldando più del solito. Ma questo basta per ipotizzare una futura catastrofe? «Gli uragani tropicali sono sistemi che si sviluppano in oceano aperto, nei pressi dei Tropici, e alterano la circolazione per un raggio di migliaia di chilometri attorno all’occhio centrale», afferma Piero Lionello, docente di Oceanografia fisica e Fisica dell’atmosfera all’Università di Lecce, nonché di Modellistica e simulazione all’Università di Padova. «Questa dinamica non sembra verosimile nel Mediterraneo, collocato alle medie latitudini (dove la forza di Coriolis ha un ruolo fondamentale) e caratterizzato da una complessa articolazione di penisole, sottobacini ed elevate catene montuose, che vincolano l’estensione dei fenomeni, limitando l’intensità dell’interazione aria-mare che alimenta gli uragani. Inoltre, lo sviluppo degli uragani – che avviene attraverso processi non ancora completamente compresi - richiede alcuni requisiti: elevata temperatura degli strati superiori del mare (oltre i 26° C fino ad almeno 60 metri di profondità), elevata umidità della colonna d’aria, instabilità dell’atmosfera, circolazione atmosferica debole e relativamente omogenea lungo la verticale. Di solito, questi due ultimi punti non sono presenti durante l’autunno del Mediterraneo. Voci sulla possibile formazione d’uragani hanno dunque basi scientifiche alquanto deboli».