Corriere della Sera 22/10/2005, pag.43 Sergio Romano, 22 ottobre 2005
Perché il Consiglio di sicurezza non verrà riformato. Corriere della Sera 22/10/2005. L’arma del veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu è, come si sa, un privilegio di Cina, Russia, Usa, Regno Unito e Francia
Perché il Consiglio di sicurezza non verrà riformato. Corriere della Sera 22/10/2005. L’arma del veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu è, come si sa, un privilegio di Cina, Russia, Usa, Regno Unito e Francia. In talune occasioni, peraltro rare, il suo uso risultò provvido, ma in altre, come nel caso del Kosovo, essa venne usata da Cina e Russia alla stregua di vero e proprio ricatto. Mi chiedo allora se l’allargamento ad altri membri qualificati (i criteri dovrebbero essere altamente selettivi) di tale diritto oppure la sua definitiva abrogazione non siano argomenti meritevoli di attenzione da parte della comunità internazionale. Che cosa ne pensa? Lorenzo Milanesi Milano Caro Milanesi, il Consiglio di sicurezza è in realtà il consiglio di amministrazione del mondo. Ma le quote di potere riservate dallo Statuto alle singole potenze rispecchiano la società internazionale del 1945, non quella del 2005. La Gran Bretagna e la Francia hanno perduto nel frattempo i loro imperi coloniali. L’Unione Sovietica ha cessato di esistere. Altri Paesi, intanto, hanno acquistato dimensioni e influenza che giustificherebbero l’attribuzione di un seggio permanente. Il Giappone, ad esempio, ha i diritti e le prerogative di un Paese di media importanza, ma assicura il 19,5% del bilancio dell’organizzazione; mentre la somma dei contributi provenienti da quattro membri permanenti (Cina, Francia, Gran Bretagna e Russia) non supera il 15%. giusto che Tokio paghi una somma di poco inferiore a quella degli Stati Uniti (22%), ma non abbia gli stessi diritti della Francia e della Gran Bretagna? Il Giappone, evidentemente, pensa di no e intende negoziare nei prossimi mesi la diminuzione dei suoi contributi. possibile riformare il Consiglio di sicurezza e adattarlo alle nuove circostanze della società internazionale? Vi erano sul tavolo, negli scorsi mesi, due progetti. Il primo avrebbe aumentato il numero dei membri da 15 a 25 e creato cinque nuovi seggi permanenti fra cui, forse, Brasile, Germania, Giappone e India. Il secondo, favorito dall’Italia, non avrebbe modificato il numero dei membri permanenti, ma creato accanto a essi una nuova categoria di membri semipermanenti. Gli Stati Uniti, tuttavia, sostengono che un tale allargamento del Consiglio ne ridurrebbe l’efficienza. Sarebbero disposti ad accettare l’attribuzione di un seggio permanente al Giappone perché la sua presenza farebbe da contrappeso alla crescente importanza della Cina, ma non intendono attribuire gli stessi diritti né alla Germania né probabilmente al Brasile. E poiché è difficile immaginare che la riforma del Consiglio di sicurezza, soprattutto in questo momento, avvenga contro la volontà dell’America, le cose probabilmente rimarranno come sono. Mi consolo con una considerazione. Ai nuovi membri permanenti, se fosse stata scelta la prima soluzione, non sarebbe stato attribuito il diritto di veto. La riforma avrebbe avuto quindi l’effetto di confermare la perpetuazione di un privilegio che è diventato sostanzialmente iniquo. meglio tollerare un residuo storico piuttosto che conferirgli, con nuove firme e nuovi timbri, una vita nuova. Credo che il diritto di veto andrebbe abrogato e sostituito da un sistema ponderato in cui ogni Paese avrebbe un numero di voti calcolato sulla base di alcuni parametri: prodotto interno lordo, forza militare, contributo alla sviluppo del terzo mondo, contributo alla ricerca scientifica e alla innovazione tecnologica. Ma questo, per ora, è soltanto un sogno. Sergio Romano