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 2005  ottobre 26 Mercoledì calendario

Il suo desiderio era di essere ricordato dai posteri come uno dei più grandi comandanti della storia, e certamente fu il migliore tra gli strateghi inglesi dai tempi di Wellington

Il suo desiderio era di essere ricordato dai posteri come uno dei più grandi comandanti della storia, e certamente fu il migliore tra gli strateghi inglesi dai tempi di Wellington. Bernard Law Montgomery era un grandissimo soldato e un uomo dal pessimo carattere. Difficile e intrattabile, presuntuoso e ribelle a qualunque autorità (da Eisenhower allo stesso Churchill), Monty (così lo chiamavano tutti) era nello stesso tempo estremamente efficiente e affidabile e si era guadagnato sul campo il rispetto di superiori e nemici. Apprezzatissimo ufficiale istruttore, nella Prima guerra mondiale combatte in prima linea in Francia, guadagnando in esperienza e in capacità di comando. Nell’estate del 1942 viene chiamato a risollevare le sorti degli Alleati in Africa, dove, alla testa dell’8a armata, sconfigge Rommel a El Alamein, la battaglia che viene considerata l’inizio della fine di Hitler. Tornato a Londra, viene accolto dalla gente come un eroe nazionale, tanto che Churchill confessa a re Giorgio VI: «Sua Maestà, delle volte penso che Monty voglia prendere il mio posto». «Ah sì? Pensavo volesse prendere il mio».Durante la campagna di Sicilia, che Eisenhower gli impedisce di gestire a modo suo, nasce la sua rivalità con il generale americano Patton. nominato da Eisenhower (che lui considera un burocrate da ufficio senza esperienza sul campo) comandante di tutte le forze di terra e con lui organizza lo sbarco in Normandia, modificando i piani più volte (aumenta il numero delle teste di ponte e dei soldati coinvolti), reputando gli americani strateghi mediocri e soldati impreparati. Fermato troppo a lungo dai tedeschi a Caen e sconfitto ad Arnhem per un errore tattico, perde la fiducia di Churchill e di Eisenhower e subisce gli attacchi della stampa, che mette in dubbio la sua fama di uomo risoluto. Quando si vanta con i giornalisti per aver salvato gli americani nella battaglia del Bulge, Eisenhower lo punisce tagliandolo fuori dall’attacco finale a Berlino, che poi fu comunque delegato ai Russi. Ma Monty si prende la sua rivincita: quando viene a sapere che l’esercito tedesco del Nord (Paesi Bassi, Danimarca e Germania nord-occidentale) intende deporre le armi, convoca la stampa inglese e americana nella sua tenda perché sia testimone della resa dei generali tedeschi (che tratta davanti a tutti con evidente disprezzo) alla sua persona e non ad altri. Per Eisenhower era «un ottimo superiore, un collega difficile, un sottoposto impossibile». Dopo la guerra divenne comandante in capo delle forze di occupazione inglesi in Germania e vicecomandante supremo delle forze NATO fino al suo ritiro (1958). Montgomery fu il miglior comandante alleato della Seconda guerra mondiale, non fu secondo a nessun generale americano per esperienza, capacità, competenza e successo nelle operazioni. Era all’altezza sotto ogni punto di vista: morale, psichico e fisico. E si può ben dire che fu il suo spirito indomito a sostenere gli alleati e a portarli alla vittoria. Ma fino alla fine non fece nulla per farsi amare. Quando si ritirò dopo ben 50 anni di servizio, scrisse un libro di memorie nel quale non risparmiò pesanti critiche a tutti i generali alleati, esaltando invece i propri successi e sminuendo o tacendo del tutto gli insuccessi. Poco prima di morire disse a un amico: «Dovrò incontrare il Signore e rendere conto di tutti gli uomini che ho ucciso a El Alamein».