MACCHINA DEL TEMPO NOVEMBRE 2005, 26 ottobre 2005
Fascista convinto, favorevole alle leggi razziali del regime, comandante carismatico, vero modello del ”condottiero romano”, era soprannominato dalle sue truppe il Leone Bianco
Fascista convinto, favorevole alle leggi razziali del regime, comandante carismatico, vero modello del ”condottiero romano”, era soprannominato dalle sue truppe il Leone Bianco. Il suo granitico senso dell’onore e del dovere gli impediva compromessi di stampo politico, spingendolo però a ottenere i suoi obbiettivi senza mezze misure, anche a costo di un uso indiscriminato della forza (fu il primo a usare sistematicamente i gas). Presta dapprima servizio nei reparti coloniali eritrei (1908) e nelle truppe libiche (1913). Partecipa quindi (col grado di capitano, poi di maggiore) alla Prima guerra mondiale. Divenuto, dopo l’armistizio, colonnello dei reparti coloniali libici, opera alla loro testa con feroce energia (si parla di almeno 60 mila morti) nella riconquista della Tripolitania (1922-1923) e poi della Cirenaica (1925-1931). Celebrato dal regime fascista come uno fra i comandanti più prestigiosi, è nominato successivamente generale di brigata, vicegovernatore della Cirenaica, generale di divisione (1930) e generale di corpo d’armata per meriti eccezionali (1932). Nel 1935 è inviato come governatore generale in Somalia. Durante la guerra etiopica ha il comando del fronte meridionale e sconfigge gli Abissini a Neghelli e nella battaglia dell’Ogaden; nominato maresciallo d’Italia e viceré d’Etiopia al posto di Badoglio, nel febbraio 1937 viene ferito in un attentato ad Addis Abeba, di cui si vendica con una sanguinosa repressione che azzera quasi completamente la resistenza libica e causa migliaia di morti anche tra i civili e i religiosi copti. Sostituito come viceré (le sue violenze appaiono eccessive anche al regime) e tornato in Italia nel 1938, ottiene il titolo di marchese di Neghelli. Scoppiato il secondo conflitto mondiale, viene nominato Capo di Stato Maggiore dell’esercito e comanda le forze armate dell’Africa settentrionale, ottenendo il governo della Libia. Badoglio, pupillo di Casa Savoia, vede in Graziani il grande rivale tanto da boicottarlo, in piena guerra, lesinando rifornimenti di uomini e mezzi necessari per la condotta delle operazioni contro gli inglesi in Libia, da cui fu costretto a ripiegare. Esonerato dall’incarico per gli insuccessi subiti, viene sostituito dal generale Gariboldi (febbraio 1941). Ritiratosi a vita privata fino all’armistizio, dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Repubblica Sociale e diviene ministro della Difesa e Capo di SM del governo di Salò. In tale veste guida le operazioni di guerra a fianco dei tedeschi e combatte contro gli angloamericani in Garfagnana (agosto 1944), anche se affermerà di aver aderito alla Rsi per «spirito di sacrificio» e per sottrarre l’Italia centro-settentrionale alla vendetta tedesca. Consegnatosi agli Alleati come prigioniero di guerra, è restituito alle autorità italiane dopo un periodo di internamento in un campo di concentramento angloamericano. Il suo nome è fra quelli denunciati dal governo etiopico come criminale di guerra. Viene giudicato dal Tribunale Supremo Militare e dalla United Nations War Crime Commission come il principale fra i criminali di guerra italiani. Nel maggio 1950 la Corte d’assise straordinaria di Roma lo condanna a 19 anni non per i crimini commessi, ma per collaborazionismo. amnistiato tre mesi dopo. Diventa presidente onorario del MSI, uscendone però nel 1954. Muore a Roma nel 1955.