MACCHINA DEL TEMPO NOVEMBRE 2005, 25 ottobre 2005
Sul Velcro è stato raccontato di tutto e di più. Perfino che sia un’invenzione ”regalataci” dagli alieni
Sul Velcro è stato raccontato di tutto e di più. Perfino che sia un’invenzione ”regalataci” dagli alieni. Invece, il diffusissimo sistema di chiusura ha un inventore umanissimo: George de Mestral, svizzero. L’idea nacque per puro caso. Erano i primi anni 50: de Mestral, durante una vacanza, un pomeriggio decise di raggiungere l’abitazione attraversando una strada nei campi. C’era un vento forte, che sollevava polvere e, soprattutto, i fiori della bardana. L’erba, della famiglia delle Composite, ha piccoli fiori rossi raccolti in capolini sferici uncinati, che si attaccano ai vestiti e al pelo degli animali, per favorire la disseminazione. Giunto a casa, de Mestral si accorse di averne alcuni attaccati alla giacca. Invece di spazzarli via, l’inventore si mise a osservarli, tentando di capire perché proprio questi fiori - e non altri - riuscissero ad attaccarsi alla stoffa in maniera così tenace. Li osservò al microscopio e scoprì i minuscoli uncini, che s’incastravano nelle anse formate dal tessuto. De Mestral decise di approfondire. Nacque così il Velcro, dove due superfici (una di microscopici uncini, l’altra di anse piccolissime) si uniscono con forza. Le caratteristiche dell’invenzione fanno sì che possa aprirsi con facilità, ma che rimanga ben chiuso quando necessario. Il nome commerciale nacque da un acronimo: le iniziali di velvet (velluto) e crochet (gancio). Il successo, però, non fu immediato. All’inizio, infatti, il Velcro era realizzato manualmente, con una lavorazione molto laboriosa. Creare meccanicamente le anse in nylon non era difficile. Il problema erano gli uncini: come farne di così piccoli? Semplice: bastava produrre le anse e poi tagliarle all’estremità! Da un’ansa si ricavavano infatti due uncini.