Vanity Fair 20/10/2005, pag.173 Francesco Bonami, 20 ottobre 2005
Arte furba. Vanity Fair 20/10/2005. Avete presente la Venere di Milo? La famosissima scultura greca del Louvre, del secondo secolo prima di Cristo, trovata in una grotta dal pastore Yorgos nel 1820? Secondo voi, se avesse le braccia, ci piacerebbe di più? E se al David di Michelangelo mancasse una mano o magari anche una gamba, sarebbe più bello? Chi lo sa
Arte furba. Vanity Fair 20/10/2005. Avete presente la Venere di Milo? La famosissima scultura greca del Louvre, del secondo secolo prima di Cristo, trovata in una grotta dal pastore Yorgos nel 1820? Secondo voi, se avesse le braccia, ci piacerebbe di più? E se al David di Michelangelo mancasse una mano o magari anche una gamba, sarebbe più bello? Chi lo sa. Al re francese, Luigi XVIII, la voglia di far rimettere le braccia alla Venere gli era venuta, poi si rese conto che era bella così com’era e lasciò perdere l’idea delle protesi. L’artista inglese Marc Quinn deve aver pensato lo stesso di Alison Lapper, una sua amica focomelica, nata senza braccia e con poche gambe, quando l’ha presa come modella per la scultura di marmo bianco che oggi troneggia sul quarto basamento di Trafalgar Square, a Londra. L’IMPORTANTE SCANDALIZZARE. La Royal Society for the Encouragement of Arts, Manufactures and Commerce seleziona ogni anno il progetto di un artista britannico da mettere sopra la base, vuota, nella famosa piazza. Mark Wallinger ci mise un Cristo martoriato alla maniera di Mel Gibson, Bill Woodrow un bell’albero secco con le sue radici, Rachel Whiteread il calco della stessa base, ribaltata e trasparente, come se fosse l’anima o l’idea dello spazio vuoto. Marc Quinn, che faceva parte della generazione degli YBA, Young British Artists, giovani artisti inglesi, quasi tutti invecchiati abbastanza male, ha invece deciso, nella migliore tradizione del suo gruppetto, di scandalizzare. Lo scandalo viene usato dai creativi britannici come un impressionista usava il colore o Bernini il marmo: uno strumento del mestiere. La mattina l’YBA si sveglia e pensa: "Che cosa posso inventarmi per far rizzare i capelli ai miei concittadini bacchettoni?". I fratelli Chapman creavano dolci fanciulli con, al posto del naso, un fallo, al posto della bocca, un buco del sedere, o le orecchie trasformate in vagine. Tracy Emin mostrava il letto dove ne aveva fatte di cotte e di crude e si ubriacava in televisione. Damien Hirst tagliava a pezzi una mucca e la lasciava divorare dalle mosche. Il pubblico, come da programma, si scandalizzava, i collezionisti compravano, tutti erano contenti. Marc Quinn, un simpatico dandy che come tutti i dandy ha poco da dire, aveva già provato a fare scandalo mostrando una scultura-autoritratto fatta di sangue, messa dentro una teca refrigerata. Nessuno aveva battuto ciglio, nemmeno quelli dell’Avis: con il proprio sangue uno fa quel che gli pare. Anemico forse ma ambizioso, come tutti i suoi colleghi, lo scultore ha pensato bene di riprovarci, usando però non la banalità del proprio plasma, ma la controversa deformità della sua amica, ritraendola non solo nuda, ma anche incinta di otto mesi e mezzo. Una specie di Madonna del parto di Piero della Francesca, con qualche pezzo e vestito in meno e qualche dettaglio in più, mentre le dimensioni del soggetto sono state ingrandite sufficientemente perché non si rischi di perdere nulla. ANCHE NELSON NON STA BENE. Chi tanto gusto non ce l’ha, ora, passando per Trafalgar Square, può ammirare la Venere di Milo contemporanea come l’ha definita con la dovuta modestia l’autore – che si staglia, nel candore del suo marmo, contro il cielo blu, fra un re a cavallo e i leoni dell’Impero britannico. In alto, in cima alla colonna, piccino, piccino, osserva tutto il vice ammiraglio Nelson, anche lui, certo, non in perfette condizioni fisiche, avendo già perso pezzi un braccio e un occhio per difendere la patria prima di morire, nel 1805, proprio nella battaglia navale di Trafalgar. Così, sotto l’occhio di Nelson, la scultura della donna focomelica, incinta e nuda, è stata messa al suo posto. Lo scandalo, come da copione, c’è stato. Ma la gente non ha potuto dire liberamente: "Che schifo", come per la povera Kate Moss. Il timore di venire fraintesi, pensando che il commento fosse riferito al corpo della donna, non all’opera d’arte, ha impedito che la critica reagisse all’evento con la celebre spontaneità anglosassone. L’artista quindi si è trovato in una botte di ferro. Chi attacca il suo lavoro rischia di attaccare anche i disabili che non se lo meritano. Alison, poi, è una donna veramente eccezionale, artista anche lei, pittrice, con la bocca per la precisione, madre oggi di un bambino di cinque anni, autrice di un libro-biografia, My Life In My Hands, ”la mia vita nelle mie mani”, nel quale dimostra di avere, oltre al senso dell’umorismo, un coraggio non da poco. Un altro Quinn, ma scritto diverso, Alexander McQueen, lo stilista, aveva usato per un servizio sulla rivista Dazed and Confused, e poi in una sfilata, disabili di vario tipo, facendo, ovviamente, scalpore. Matthew Barney aveva immortalato Aimee Mullins, atleta senza gambe, nel suo film Cremaster 3. Per non parlare del capolavoro del regista Tod Browning, Freaks, che già nel 1932 aveva portato sullo schermo, in modo molto poetico, i suoi personaggi del circo, con una quantità di stranezze genetiche non da poco. Quindi il nostro dandy non è certo il primo, né sarà l’ultimo, a voler sfruttare, a proprio vantaggio, il disagio del pubblico davanti a una realtà che molte volte dimostra come, purtroppo, la genetica non funzioni nel modo migliore. LA BELLEZZA NEL SUO SPIRITO. Nessuno in realtà si scandalizza per questo. Il problema non è usare un corpo diverso o un soggetto controverso, ma usarli come strumenti di comunicazione e non di riflessione, trasformando l’arte in pubblicità, lo scandalo non in arma per cambiare la società, ma in attrezzo per conquistarla. La bellezza di Alison Lapper non sta nella purezza del marmo che rappresenta il suo corpo, corpo che, senza ipocrisie, nessun individuo mediamente normale vorrebbe scambiare con il proprio. La bellezza di questa donna sta dentro il suo spirito, che il monumento può celebrare solo parzialmente. La grande arte è sempre fatta d’imperfezioni, ma l’imperfezione non necessariamente si trasforma in buona arte: è il caso di Alison Lapper Pregnant, seduta sulla sua base nel centro di Londra. Se qualcosa può redimere il goffo tentativo di Marc Quinn di creare la sua Venere, è l’aver trasformato il malformato in astrazione, quasi come una scultura di Henry Moore o uno degli schiavi di Michelangelo per la tomba di Giulio II. Ma siccome l’astratto e il non finito non sono una sua idea, né tanto meno una sua angoscia, ma proprietà e destino di un’altra persona, Marc Quinn entrerà nella storia più come il contadino Yorgos che come l’anonimo, misterioso, autore di quel simbolo, menomato, della bellezza moderna che il povero villico aveva trovato, per caso, seppellito fra le zolle del suo podere a Milo. Francesco Bonami