25 ottobre 2005
Tags : Nguyễn Huy Thiễp
NGUYN HUY THIP Nato ad Hanoi (Vietnam) nel 1950. Scrittore. «[...] lo scrittore vietnamita più tradotto all’estero [
NGUYN HUY THIP Nato ad Hanoi (Vietnam) nel 1950. Scrittore. «[...] lo scrittore vietnamita più tradotto all’estero [...] ”[...] è difficile scrivere. In Vietnam siamo ottanta milioni ma il problema principale è come arrivare ai lettori. Ho iniziato a scrivere nell’86 col Doi Moi (il movimento di riforma essenzialmente economica voluta dal partito ndr) e sono solo uno dei tanti scrittori vietnamiti”. Gente diversa dai protagonisti di una generazione che scriveva soprattutto della guerra, di cui esaltava soprattutto l’aspetto eroico. ”Prima dell’86 la letteratura vietnamita era una letteratura del dolore, molto legata al conflitto. Poi qualcosa è cambiato. Abbiamo smesso di essere un paese isolato, ci siamo aperti [...] Naturalmente - dice - ognuno di noi scrive di quello che conosce. Io vengo da una famiglia povera e quindi la mia è soprattutto una storia di poveri. Mi sono concentrato sulla vita di tutti i giorni cercando di trasmettere i miei sentimenti, così, senza mediazioni”. Se leggete un libro di Thiêp stenterete a trovare molto di più di una storia di poveri. Storie di tutti i giorni, come lui dice, e di piccole battaglie col fornello elettrico e col problema di arrivare alla fine del mese. Ma è proprio questa mancanza di eroismo, questa scrittura scarna e senza aggettivi, che gli hanno valso fama all’estero e in Vietnam. E anche qualche problema. La sua casa è stata perquisita e guardata a vista. Nega però, come molti giornali hanno riportato, di essere stato agli arresti domiciliari. Scivola via, come un soffio di vento, sulle difficoltà politiche e torna a parlare dei tormenti quotidiani che sono l’ossatura dei suoi racconti. ”Non ci crederete ma spesso mangiare è un problema. Un vecchio problema. Io ho vissuto una vita affamata. C’è un detto da noi: aver fame come una scimmia... beh, è stato così, almeno fino a che non ho avuto il ristorante che è durato dall’82 all’88. Chissà, se avessi continuato forse sarei più ricco. Ma va bene così. Ora faccio quello che mi piace: scrivo”. Il suo racconto delle cose di tutti i giorni non è andato granché a genio alle autorità locali. E dev’essere difficile disimpegnare la letteratura dai vincoli della retorica, della gloria, del patriottismo, se questo è il dettato ufficiale. Così quando è uscito Il generale in pensione, che è una storia ordinaria di un vecchio graduato, la cosa ha fatto scalpore. A qualcuno sembrava che quel ridurre un eroe della guerra a un normalissimo vecchietto, magari alle prese con qualche dannatissimo problema quotidiano, fosse uno schiaffo troppo forte. Pubblicato nell’87 sulla rivista Van Nghe, costò il posto all’editore. Ma la cosa non finì lì. Da quel racconto nacque un movimento di reduci che cominciò a chiedersi se, oltre alla gloria, non fosse giusto avere anche la previdenza. [...] Con Thiêp la letteratura vietnamita fa dunque un salto. ” che sono fortunato”, dice. ”Appartengo a un nuovo periodo. Appartengo a una corrente che ha smesso di scrivere in base a criteri politici e che racconta ciò che vuole”. Forse per questo Thiêp ha finito per colpire anche il nostro immaginario indissolubilmente legato, nel caso del Vietnam, solo alla guerra contro gli americani. Pubblicare all’estero non è dunque solo un problema di contatti ma anche di mentalità. E poi c’è la lingua, forse tra le più complesse al mondo assieme al thai. ”C’è un problema se si vuole essere letti all’estero: la traduzione. Tradurre il vietnamita è complesso perché il nostro idioma è difficile”. [...] Tran, il suo traduttore: ”Abbiamo nove toni e molte più vocali di voi”. Questa difficoltà, dice Tran, ha finito per trasformarsi in scelte editoriali molto particolari: ”I francesi traducono come pare a loro. Pensano al lettore francese, non allo scrittore vietnamita. E poi - aggiunge Thiêp - a volte scopro che hanno saltato delle pagine o che un brano che era all’inizio è finito in fondo... Ma è un modo di farci conoscere all’estero e quando ci vado, capisco com’è difficile essere compresi fuori dai propri confini”. La libertà di espressione è un altro tema. ”Scrivere è un mestiere duro - dice Thiêp - e scrivere la verità è ancora più difficile. Quando pubblicai i primi racconti incontrai molta approvazione ma anche molte critiche e ancora oggi molte mie cose sono in Vietnam senza un editore. Forse non si riesce a capire che io non scrivo altro da ciò che vedo”. Chi legge Thiêp in Vietnam? ”Direi una fascia d’età compresa tra i 16 e i 30 anni. Del resto il nostro è un paese giovane, il futuro è in mano a loro e io provo a parlarci. I miei scritti sono il riflesso della vita quotidiana e spesso i miei editori si preoccupavano proprio di questa fedeltà alla realtà”. Questo attaccamento alla realtà, questo neorealismo alla vietnamita (passateci il termine improprio), ha procurato a Thiêp molti grattacapi anche se adesso sembra che al governo non dispiaccia avere in giro per il mondo uno scrittore tanto apprezzato. Dai suoi racconti (Thiêp non ha scritto romanzi) sono stati tratti già tre film (’anche se non sempre - dice - mi ci riconosco”), ha vinto premi [...] Thiêp è un antieroe per eccellenza: ”Cos’è un eroe? Qualsiasi persona che paga le tasse e svolge il suo dovere verso la famiglia e la società” [...]» (’il manifesto” 24/10/2005).