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 2005  ottobre 24 Lunedì calendario

«Lea, sparita con lo tsunami. Spero sia morta». Corriere della Sera 24/10/2005. Milano. «Io non pretendo di trovarla viva

«Lea, sparita con lo tsunami. Spero sia morta». Corriere della Sera 24/10/2005. Milano. «Io non pretendo di trovarla viva. Forse, spero che non lo sia. Con la prospettiva che ha davanti, preferirei che fosse morta». Tre mesi fa il più importante giornale thailandese ha dedicato un servizio ad Aldo Torelli: «L’ultimo dei disperati». Ci vuole davvero tanta disperazione per arrivare a quelle parole, «preferirei che fosse morta», riferite a Lea, la sua prima figlia. E’ inutile chiedergli com’è la sua vita da quel giorno, 26 dicembre 2004, tsunami. Ha messo via tutto, il lavoro, import export di moda dall’Italia al Giappone, quel che resta della sua famiglia, il suo secondo figlio, persino il dolore. Ha messo via tutto, e fa solo questo: cerca Lea, che è ancora viva, perché ci sono le prove, come c’è la paura che qualcuno se la sia presa, che dalla fortuna di sopravvivere a quel macello sia passata a un destino peggiore della morte, in mano ai trafficanti di bambine. La sua Lea, 13 anni, e un bel sorriso timido nelle foto, il volto perfetta sintesi di Italia, il papà, e Giappone, la mamma. Degli ultimi dieci mesi, ne ha passati 8 in Thailandia, a improvvisarsi detective, spendendo decine di migliaia di euro per ricordare a tutti che da qualche parte, là fuori, c’è la sua bambina. La zona di Bang Muang, dove qualcuno ha visto Lea mesi dopo lo Tsunami, è tappezzata dai manifesti con la foto di Lea. Dal 12 al 29 settembre sono andati in onda degli spot a pagamento in prima serata su Itv, la televisione del primo ministro thailandese: «Chi l’ha vista ci aiuti». Torelli ha pagato cifre folli per l’affissione di manifesti nelle strade principali di Pattaya e Phuket, e la scelta dei luoghi non è casuale, soprattutto la prima località è la capitale della prostituzione minorile. Ha pagato interpreti, autisti, ha formato una squadra di investigatori, ha chiesto aiuto ovunque. Ma Lea non c’è. Di quella mattina Aldo Torelli ricorda tutto. Era sul letto dell’albergo, in una delle due junior suite affittate per le vacanze, sua moglie e sua figlia si erano affrettate per andare in spiaggia. C’è stato un attimo sospeso, con il mare che si ritirava e Torelli che aveva capito tutto, perché lui dal 1985 vive in Giappone e da quelle parti se ne intendono. L’albergo, in realtà un resort, si chiamava Mukdara, e la spiaggia era quella di Khao Lak, il nome nuovo del turismo per famiglia. Il posto peggiore per chi quel 26 dicembre era in Thailandia, decine di alberghi trasformati in bare di cemento. Aldo Torelli ebbe due costole fratturate e si risvegliò nell’ospedale di Takwa Pa. Accanto a lui c’era Luca, il suo secondo figlio. Vivo. Il 18 febbraio 2005 è stato identificato il corpo di sua moglie Keiko. Il 15 marzo ha riconosciuto quella di sua sorella Grazia. Lea, niente. Aldo Torelli è un omone profondamente italiano, nonostante da vent’anni il suo domicilio sia Fukuoka, Giappone. E’ nato nel 1958 a Corato, provincia di Bari. Nel 1985 è a Londra, in attesa della chiamata per il servizio militare. Conosce Keiko, una studentessa giapponese. Qualche anno dopo si sposeranno. I figli hanno doppio passaporto. La sua vita a metà, italiani ma residenti in Giappone, secondo Torelli ha molto a che vedere con la scomparsa di Lea. «All’inizio c’è stato un tacito accordo tra l’ambasciata italiana e quella giapponese: sarebbe stata quest’ultima a seguire il nostro caso. Ma i funzionari giapponesi mi hanno detto chiaramente che per loro avevano la precedenza gli indigeni. Per loro ero un cittadino di serie B». Così, per mesi Lea non l’ha cercata nessuno. Allora ci si è messo lui. Questa ricerca potrebbe essere soltanto l’ossessione di un padre che non si vuole rassegnare. Ma potrebbe essere anche altro. L’ambasciata d’Italia a Bangkok se ne sta convincendo, e in un suo rapporto sul caso ammette: «Le prove indicano come possibile che la ragazza sia ancora viva». Ci sono tre testimonianze, raccolte a cinquecento metri di distanza una dall’altra. Una residente del villaggio di Bang Muang si dice sicura che la bambina in lacrime vicino al tempio fosse proprio Lea. Era fine gennaio. C’è un signor Nattawood che sostiene di aver visto Lea nel campo profughi della stessa località all’inizio di febbraio. Nello stesso periodo e nello stesso posto, una donna di nome Orapin ha notato la bambina ferma davanti alle toilette, gli occhi sbarrati. Ha cercato di parlarle, ma lei si è allontanata senza dire niente. Tutti e tre i testimoni colpiti dal fatto che Lea fosse – in qualche modo – «strana». Non possono sapere che la bambina ha una leggera forma di autismo. Parla soltanto con le persone che conosce. Nello scrupoloso rapporto dell’ambasciata italiana a Phuket, la possibilità che Lea sia annegata e il suo corpo trascinato nel mare, viene scandagliata con cura. Torelli ha assoldato alcuni agenti della polizia thailandese, dall’Italia sono arrivati alcuni esperti forensi. Hanno ispezionato quel che restava del Mukdara resort. Risultato degli studi: «E’ molto improbabile – scrivono all’ambasciata – che il corpo di Lea non sia stato restituito dal mare. Al Mukdara c’erano circa 60 ospiti, 8 sono stati uccisi dall’onda, e i loro corpi tutti identificati, compreso quello di Keiko Torelli, ritrovata con i vestiti ancora addosso, a testimonianza che in quel punto l’onda era grossa ma non violenta. Solo un corpo è mancante: Lea». Torelli ci aggiunge una considerazione di buon senso. Al Flora, l’hotel attaccato al suo, c’era il principe Poom Bhumi Jensen, il nipote del re. Nei primi tre giorni i soccorsi si sono concentrati soltanto in quel fazzoletto di terra. «Se Lea c’era, la trovavano». In questi mesi, Torelli ha visto e vissuto cose che fanno paura, per cercare Lea è sceso nell’abisso. Racconta di aver aperto dei container pieni di corpi in putrefazione, di averli esaminati uno ad uno. Ha incontrato colonnelli untuosi che gli dicevano di stare tranquillo, «Se è come dici, tua figlia l’hanno venduta ai malesi, che di solito trattano bene le loro donne», ha visto un padre svedese tentare il suicidio dopo aver scoperto i corpi martoriati delle figlie. Quasi un anno, dallo tsunami. «Non importa. Io non vivo più nel tempo normale». Abita un tempo tutto suo, fatto di rabbiosa speranza, dove per sopravvivere è necessario anche mentire a se stessi, per farsi più duri. Aldo Torelli spera di rivedere Lea viva, il suo è un sentimento che trasuda a ogni parola. Da qualche giorno, è tornato a Khao Lak per cercarla. A settembre, il maestro della scuola ha voluto iscrivere la bambina al nuovo corso. Il Mukdara resort è stato ricostruito, riaprirà a Natale. Marco Imarisio