Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  ottobre 23 Domenica calendario

L’affondo di Bobo divide la platea. Il Messaggero 23/10/2005. Due socialisti e tre correnti. Questo assurdo matematico esiste da sempre

L’affondo di Bobo divide la platea. Il Messaggero 23/10/2005. Due socialisti e tre correnti. Questo assurdo matematico esiste da sempre. Il partito più rissoso del mondo - «Ma la discussione è vita!», esultano Craxi, De Michelis, Di Donato: non quelli di allora, quelli di oggi - non riesce a smentirsi neppure ora che è diventato simpaticamente bonsai. Nel congresso più storico della loro vita, quello del 1921, i socialisti si divisero per via dei comunisti. Adesso i comunisti non ci sono più, ma se li inventano pur di dividersi. Il Nuovo Psi si lacera su una questione comunista fantasma, alla quale in fondo non credono neanche loro. Perchè, al di là della memoria, dei rancori e dei progetti, in ballo ci sono cose più concrete. Fare subito l’unità socialista con lo Sdi di Boselli, come vuole Bobo Craxi? Oppure, come dice Gianni De Michelis, farla con più calma, alzando il prezzo? «Stiamo mediando», assicurano tutti i big del partito in questa arena congressuale caldissima. Ma questo è un congresso? «Sì!». «No!». «Boh!». Il congresso non è ancora cominciato», assicura De Michelis, che pure è da due giorni qui a congresso. Per Bobo, il congresso c’è. E c’è chi crede di stare a congresso e chi non crede che il congresso in cui sta sia un congresso. Perchè questo pirandellismo post-craxiano? Perchè non si sa quanti sono i delegati. Lievitano a vista d’occhio, raddoppiano, magari triplicheranno. Dovevano essere 1.156. Sono almeno 1.600. E a livello locale, appena una corrente vedeva che stava in minoranza, si faceva il suo congresso e diceva di averlo vinto. Mandando delegati veri e falsi alle assise nazionali. Così, ora, alla Fiera di Roma non si capisce più niente. Però c’è la commissione di garanzia. Si riunisce. Decreta che il 59 per cento dei delegati sono craxiani e il 23 sono demichelisiani. Gli anti-bobofili urlano: «Ladri! Buffoni! Vergogna!». Uno dà l’assalto al palco, vuole parlare. Glielo impediscono. Parte la rissa. Due energumeni prendono l’insorto e lo portano via in braccio, come un bambino urlante e scalciante. Intanto De Michelis convoca improvvisamente i giornalisti in una saletta: «I dati sono falsi», proclama. Il presidente della commissione di garanzia, anti-bobofilo, si chiama Barani. Dice: «Mi hanno impedito di presiedere davvero la commissione che presiedo». Ce l’ha con presunte truppe bobofile che averebbero militarmente assediato la commissione, «di giorno e di notte». Intanto, il calcolo dei delegati - vero o falso che sia - è in un fogliaccio scritto a mano e illeggibile. Lo speaker che deve annunciare i numeri si impappina e ammette: «Questa grafia non la capisco!». Una bella baraonda. Nella quale Craxi dice a un certo punto sul berlusconiano Cicchitto: «Faceva le liste di proscrizione dentro il Psi». E da fuori piove la replica del vice di Forza Italia: «Cialtrone chi dice queste cose». Bobo ha detto anche che i «socialisti non possono stare a destra nè per dritto nè per storto». Invita il ministro Caldoro e i due sottosegretari del Nuovo Psi a uscire dal governo. Caldoro risponde: «Io non esco». Craxi chiede a De Michelis una prova d’amore che quello gli dà (giurando che «nella prossima legislatura non staremo con il Polo») ma il clima è quello che è. «Un bel casino!», dice Pannella. Il quale aggiunge: «Va fatta subito l’unità socialista». Ed è arrivato, molto applaudito, mentre i seguaci del calabrese Zavettieri (che il collega Robilotta avrebbe accusato, ma poi ha smentito, di essere più o meno un mezzo amico di quelli della ’ndrangheta) si stanno azzuffando con i rivali. Litigano davanti a tutti Robilotta e Zavettieri, il quale urla «devi chiedermi scusa!» e poi: «Ti querelo!». Pannella cerca di mettere pace. Parla e annuncia: «Mi ha telefonato Prodi. E mi ha chiesto: che fai, vai al congresso socialista?». Sì. Ed eccolo. Ma non c’è tempo per pensare a Prodi. In sala si accapigliano tutti contro tutti, ma nelle salette è in corso la mediazione che dura tutta la notte. Due le ipotesi. La prima: De Michelis, da segretario, diventa presidente del partito e Craxi prende il suo posto. La seconda: De Michelis resta segretario (ma sulla linea molto sinistrese di Craxi), si sorvola sul ritiro dal governo, Bobo si dimette da segretario per dare comunque un segno di discontinuità. Così probabilmente l’unità socialista si farà, con tanto di appello ai valori e alle memorie, ma appena saranno chiariti alcuni discorsi contabili. Anzi uno solo, secondo i cinici che ragionano così. Socialisti uniti più radicali vengono dati al 4 per cento alle elezioni. Il che significa 25 deputati. Se a Pannella ne vanno sei, ne restano diciannove. Cioè poco più di quanti oggi ne ha (15) lo Sdi. Boselli è disposto a rinunciare a questa forza, per dividerla con Craxi e De Michelis? Questo vuol sapere Gianni. Anzi, già lo sa. Allora, da vecchia volpe, non è dispostissimo ad accettare l’unità socialista più o meno gratis. Serviranno allora nuovi calcoli, e altre botte? Mario Ajello