Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  ottobre 23 Domenica calendario

ARMAN Armand Pierre (Armand Pierre Fernandez) Nizza (Francia) 17 novembre 1928, New York (Stati Uniti) 22 ottobre 2005

ARMAN Armand Pierre (Armand Pierre Fernandez) Nizza (Francia) 17 novembre 1928, New York (Stati Uniti) 22 ottobre 2005. Scultore. «[...] era stato avviato alla pittura a olio dal padre, antiquario specializzato in mobili. Pittore, incisore e scultore, Arman era sovente definito “fabbricatore di oggetti” e cultore della “accumulazione” di prodotti, i più svariati, dell’industria manifatturiera e di altri oggetti di ogni genere» (“La Stampa” 23/10/2005). «Accumulava, depositava, poi distruggeva, oppure cementificava. Un’arte che sottolineava le ossessioni del “secolo breve” ma anche un modo di essere-nel-mondo, sottraendosi ai diktat della produttività e diventando un fabbricante di oggetti inservibili. Seriali sì ma con una valenza di feticcio che potesse andare oltre il profilo industriale. [...] era diventato l’esponente di spicco del Nouveau Réalisme, il movimento accompagnato dalle parole illuminanti di Pierre Restany. Maestro di judo (come il suo amico Yves Klein incontrato in palestra a Nizza), attendente medico in Indocina nel 1951, filosofo e matematico per formazione, Arman si avvicinò all’astrattismo sull’onda di un interesse per il buddismo, lo zen e l’arte orientale. Fra le sue prime produzioni c’erano i cachets, le impronte di tamponi d’inchiostro da ufficio che si “accumulavano” sulla tela; poi le tracce oggettive cominciarono a sfumare nelle “allures d’objects” fino alla serie delle Poubelles agli albori degli anni Sessanta: detriti e rifiuti venivano accatastati in recipienti trasparenti. Anche l’immondizia recuperata in casa di sua suocera finì al museo. Nel 1960 Arman fu tra i firmatari del Nouvea Réalisme (insieme a César, Spoerri, Tinguely, Klein, Rotella), il cui vero programma era farla finita con i cascami dell’Informale e tornare a indagare la città, i paesaggi urbani, cercando nuovi approcci percettivi. Arman declinò questi principi a modo suo, variando all’infinito sempre lo stesso processo: assemblages e demolizioni. Violini, forchette, tubetti di colore, carrozzerie di macchine subiscono la medesima sorte. Non hanno una “individualità” ma fanno massa, si trasformano in esseri robotici nel loro moltiplicarsi per poi frantumarsi in mille pezzi. Arman, scriveva Restany, “ha sottratto i feticci razionali all’universo della durata per darli al piacere eterno ed egoista dei nostri sensi.... Un giorno, quando la nostra società avrà proceduto al suo mutamento strutturale, i nuovi saggi vedranno nella sua opera l’espressione perfetta della fine del mondo”. La furia di Arman non è mai cessata nel tempo: demolizioni di pianoforti a coda, combustioni di oggetti, esplosioni di automobili (la sua, fatta saltare su richiesta di un collezionista americano). Gli States lo elessero star delle gallerie mentre il costruttore Renault lo “assunse” per una collaborazione. Arman, intanto, negli anni Settanta si prodigava per le Black Panthers tagliando in due e firmando tutti gli oggetti che venivano portati nell’esposizione L’Amerique coupée en 2 e devolvendo la sua remunerazione a favore del movimento. Nel 1972 prese la cittadinanza statunitense. Fra le sue installazioni più spettacolari, si annoverano la torre di carrelli da supermercato e l’accumulo di gru nel porto di Dunkerque» (“il manifesto” 25/10/2005).