Varie, 22 ottobre 2005
CATANIA
CATANIA Antonio Acireale 22 febbraio 1952. Attore • «[...] un attore di cui qualcuno magari non ricorda il nome, ma difficilmnte dimentica l’espressione e la voce. [...] Non è il tipo di attore che ha scelto la recitazione per tenere a bada un ego fuori dal controllo [...] quell’accento flemmatico che solo gli uomini del Sud cresciuti a Milano riescono ad avere [...] si è trovato a fare l’attore in un’epoca tutta diversa. Al liceo, nel 1968, gli chiesero: ”Di che gruppo sei?”. Lui ci pensò un po’ e rispose: ”Anarchico”. ”Va bene, vai là con gli anarchici del Ponte della Ghisolfa”. ”Il mio arruolamento”, racconta, ”durò solo un giorno”. All’università scelse Medicina, poi un giorno un amico gli chiese di aiutarlo a preparare l’esame per l’ammissione alla Scuola Paolo Grassi. ”Mi venne voglia anche a me. Fino a quel giorno ero andato a teatro solo due volte”. Al saggio di canto lo vide Gabriele Salvatores che gli propose di unirsi al Teatro dell’Elfo. Con lui c’erano Paolo Rossi, Claudio Bisio, Gigio Alberti, Bebo Storti. ”Facevamo spettacoli funambolici, bellissimi, ma la cosa più esaltante di quel periodo era la forza che tutto il gruppo sapeva esprimere. Comunicavamo la voglia non solo di vedere, ma di fare teatro. Merito di Gabriele. Ripensandoci non eravamo neanche così bravi, ma c’era tanta di quella gioia, di quella follia. Poi, però, bisogna cambiare. E io avrei dovuto farlo prima”. Uscire dal gruppo (a cui resta umanamente legatissimo), ha voluto dire lasciare Milano. ”Eravamo quelli di Salvatores. Bello ma anche un po’ claustrofobico. [...] era così: c’erano i gruppi, quelli di Moretti, di Verdone, di Salvatores”. Se c’è una cosa che non rimpiange è la tv: ”Non ha i miei tempi, tutto troppo affrettato, rischio di fare cose bruttine”. [...] a lui piaceva fare l’attore non il comico: ”Quando mi sono accorto che dovevo andare sul palco a far ridere per forza, ho deciso di andarmente bruscamente. Non sono uno da battuta pronta, sono più bravo a creare personaggi diversi. Io sono sempre stato uno a sottrarre, in teatro e al cabaret devi amplificare. Al cinema mi trovo meglio [...] Sogno tanto un commissario: amo i gialli, mi immedesimo in tutti i poliziotti dei romanzi. Ne ho una galleria pronta: italiani, spagnoli, turchi, messicani [...] Carattere in inglese vuol dire personaggio. Se uno riesce ad essere molti caratteri è un attore. Se ripete sempre lo stesso carattere, allora è solo un caratterista”» (Stefania Ulivi, ”Sette” n. 11/2003).