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 2005  ottobre 22 Sabato calendario

FESTA Lodovico

FESTA Lodovico Venezia 12 settembre 1947. Giornalista. Del Giornale. Ex, “Finanza e Mercati”, “Foglio” ecc. «Una volta il suo lavoro era cercare di convincere i liberali a diventare comunisti. “Ero un creatore di voltagabbana”, dice Lodovico Festa, condirettore di Finanza e Mercati, che dopo una carriera da funzionario del Pci, oggi vota Forza Italia. “Nel Pci lo chiamavamo ‘lavoro culturale’. Far cambiare idea alla gente [...] Contattavo giornalisti e professori universitari che avevano fama di moderati e cercavo di farli diventare amici del Pci [...] I moderati erano i primi da conquistare per farli diventare più aperti al Pci. Poi si passava ai conservatori [...] L’importante era evitare troppi scioperi. Se tu eri capace di far smettere uno sciopero, non solo di farlo fare, il tuo potere contrattuale era enorme [...] era appena nata la Rete 3, la rete per la sinistra. Bisognava evitare che ci fosse troppo casino. Io lavoravo moltissimo con un fantastico democristiano, Mariolino Mauri, direttore della redazione milanese del Tg, uomo di Marcora. Lo avvertivo quando Giuffrida, capo del comitato di redazione, cominciava ad agitarsi troppo [...] Nella mia scuola, il Beccaria, eravamo sei della Fgci e 25 della Giovane Italia. Di quei 25 fascisti me ne sono trovati 16 maoisti nel ’68. Mi sputavano, mi insultavano. C’erano anche una cinquantina del Raggio, il gruppo studentesco che poi divenne Comunione e Liberazione. Di quei 50 almeno 25 sono finiti in Lotta continua e mi sputavano anche loro. E di quei 25 di Cl diventati di Lotta continua, almeno 15 me li sono trovati nel Pci [...] Mi hanno trattato bene per tre anni e poi hanno ricominciato a insultarmi [...] Da bambino ero grassottello. Tra i 17 e i 27 anni sono stato magro. [...] Padre di Fiume, madre di Venezia, nonno pugliese, nonna triestina. Mio padre faceva il broker marittimo [...] Mia mamma era anticomunista, e quando mi iscrissi alla Fgci ne fece un dramma. Poi divenne comunista e quando io uscii dal Pci ne fece di nuovo un dramma [...] leggevo molto. Non giocavo a calcio. Non andavo alle feste. Non ho mai ballato in vita mia [...] Nel ’64 sono entrato nella Fgci. Tra gli studenti comunisti di allora, per lo più c’erano figli di dirigenti del Partito. Dai figli di Cossutta ai figli di Maris. [...] Ero segretario della Fgci. Organizzavo cortei di mille persone. Il Movimento studentesco di 30 mila. Sono sempre stato minoritario [...] C’erano degli amici che mi dicevano: io mio figlio l’ho mandato alla Fgci. Come mandarlo in un collegio svizzero. Dopo la Fgci? Il militare, il matrimonio, una bambina, tre anni a Sesto San Giovanni a fare il segretario del partito, il lavoro culturale, la Lega delle Cooperative [...] il giornalista? Nel ’92 con Paolo Liguori, note politiche sul Giorno. Poi articoli di costume sull’Indipendente di Pia Luisa Bianco. Copiavo le idee dal New York Times [...] Non potevo condividere l’ipocrita appoggio del partito a Mani Pulite. I giudici più o meno facevano il loro mestiere. Ma il Pci ne approfittava per far fuori i socialisti. Da allora voto Forza Italia. Però senza nessun tipo di militanza. La militanza è come una grappa. La ami, una volta ne bevi troppa e poi non riesci più a berne”. Poi il Foglio. “La fortuna del Foglio è che vinse le elezioni Prodi. E noi facemmo un giornale di opposizione intelligente”. Però poi Berlusconi vinse. “Ma il giornale aveva ormai la sua spina dorsale che si era costruita facendo a testate con nemici molto potenti”. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, “Sette” n. 11/2003).