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 2005  ottobre 13 Giovedì calendario

I dolori della vita vera contro i trionfi del bello. Corriere della Sera 13/10/2005. Lo scenario. Quando il Caravaggio giunse a Roma a vent’ anni da poco compiuti, senza importanti protezioni, era del tutto sconosciuto

I dolori della vita vera contro i trionfi del bello. Corriere della Sera 13/10/2005. Lo scenario. Quando il Caravaggio giunse a Roma a vent’ anni da poco compiuti, senza importanti protezioni, era del tutto sconosciuto. Trascorse non sappiamo esattamente quanto tempo, pochi o parecchi mesi, facendo una vita grama, adattandosi a umili lavori come copista e nella bottega del Cavalier d’ Arpino e cercando di vendere le proprie tele, mezze figure, ritratti. Poiché gli inizi condizionano sempre la carriera di un artista così come la sua tecnica di formazione, si può spiegare come egli sia stato incline anche in seguito a copiare se stesso. Ben diverso fu l’ arrivo di Annibale e di Agostino Carracci, chiamati dal cardinale Odoardo Farnese nel 1594. I due pittori avevano oltrepassato i trent’ anni e avevano già al loro attivo affermazioni importanti in Emilia, affreschi e dipinti per altari delle chiese, ed erano desiderati per lavorare nel grandioso palazzo, degno della famiglia filospagnola, una delle più potenti di Roma. Con il suo trasferimento Annibale impose una visione ideale che intendeva rifarsi ai tempi di Raffaello, salvando l’ eredità dell’ antico e dei maestri cinquecenteschi, il disegno romano e il colore veneziano. Gli affreschi di Palazzo Farnese (1595-1600) aprirono la strada alle nuove dimensioni universali della pittura del secolo che iniziava. A questi raggiungimenti Annibale sembrava già predestinato in patria, come attesta il nudo statuario del cosiddetto «Amor di Virtù» della Galleria di Dresda, dipinto alla fine degli anni Ottanta del Cinquecento e che vedo come immagine e simbolo della riforma carraccesca. Tale orientamento, che rappresentava la grande evasione degli italiani verso gli elisi del mito e della bellezza, era destinato a durare nel tempo, ben oltre l’ età aldobrandina, fin quando l’ Italia fu la meta desiderata degli artisti e dei viaggiatori di tutta l’ Europa. Tuttavia la sua parabola si sarebbe conclusa cedendo il passo in tempi più vicini a noi alle idee rivoluzionarie dello sconosciuto pittore lombardo. Il Caravaggio espresse la sua stima verso il Carracci nel processo intentato da Giovanni Baglione nel 1603. I due pittori si erano già incontrati sul campo, nella cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, e non credo sia supposizione infondata pensare che il Merisi sostituì la prima versione della «Chiamata di San Paolo» con una seconda, mirabilmente calibrata, per adeguarsi al dipinto destinato all’ altare che il bolognese eseguì probabilmente con la collaborazione del suo parente Innocenzo Tacconi. Poco prima dell’ arrivo dei Carracci il Caravaggio aveva trovato a Roma un protettore, in un diverso ambiente, nel cardinale Francesco Del Monte. Chi fosse questo prelato è molto importante sapere. Presenza politica e mediatrice di primo piano, nominato residente mediceo a Roma dal granduca di Toscana Ferdinando I da quando, nel 1588, fu fatto cardinale e suo informatore, abitava a Palazzo Madama. Qui accolse il Caravaggio, certamente attratto dal suo interesse per investigare la natura, per dipingere nuovi effetti ottici, luci fenomeniche, trasparenze attraverso i vetri e l’ acqua, e per rappresentare le moralità dei soggetti bassi e di genere che corrispondono alle sue opere giovanili. La presenza del Caravaggio in casa del cardinale si intende meglio conoscendo i molteplici interessi del prelato, dalla musica, al teatro e alla scienza, e la sua centralità nel mondo di coloro che seguivano la filosofia naturale. Agli inizi degli anni Novanta del Cinquecento dette consigli a Galileo per la sua carriera e in seguito a Roma fu d’ obbligo frequentarlo per i giovani scienziati che avrebbero dato vita all’ Accademia dei Lincei, Federico Cesi e Cassiano dal Pozzo. Non ci si meraviglia che oltre al Merisi il cardinale proteggesse anche dei suoi seguaci, Antiveduto Gramatica e un francese, Simon Vouet. Nella sua notevole raccolta ne conservava numerosi dipinti. La scudo con la «Medusa» del Caravaggio che il Del Monte inviò in dono al granduca di Toscana nel 1598, dove i serpenti nella loro repellente verità sono derivati dalle tavole scientifiche di Jacopo Ligozzi, il miniatore-scienziato che lavorava a Firenze e vicino alla corte, aveva un chiaro significato nell’ incontro dei due grandi naturalisti. Il lombardo segnò in quegli anni il passaggio e il travaso dalle tavole scientifiche miniate alla rappresentazione in pittura. La nascita in Italia della natura morta, espressione del nuovo naturalismo e dei suoi fondamenti, il cui merito per la sua diffusione un biografo attribuiva al Merisi, si verificò nel nome di Leonardo che aveva affermato la pittura essere il mezzo più idoneo per scoprire la natura. Mentre i bolognesi trionfavano a Roma con le immagini del bello ideale, il Caravaggio si avvicinava all’ aprirsi del secolo ai soggetti religiosi, alle storie della Passione e a episodi post mortem del Cristo. Abitava non più dal cardinal Del Monte, ma presso il cardinale Gerolamo Mattei. Con questi temi il lombardo rappresentava l’ evidenza dell’ incarnazione e la sofferenza della vittima e si sarebbe avviato a entrare nella realtà della vita umana, della sopraffazione, della violenza e del sangue, fino alla dissacrazione nel soggetto profano del «Cavadenti». Mina Gregori