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 2005  ottobre 14 Venerdì calendario

Breve storia del voto segreto e del voto palese. Corriere della Sera 14/10/2005. In Parlamento la proposta di modifica della legge elettorale viene votata a scrutinio segreto

Breve storia del voto segreto e del voto palese. Corriere della Sera 14/10/2005. In Parlamento la proposta di modifica della legge elettorale viene votata a scrutinio segreto. Quali sono le ragioni che giustificano questo tipo di votazione? Perché viene applicato per alcune leggi e per altre no? Nascondere all’elettore quali sono le scelte del proprio eletto, in occasione dell’approvazione delle leggi, non è venir meno al patto di fiducia fra elettore ed eletto? Qual è la storia del voto segreto? Renato Malgaroli renatomalgaroli@alice.it Caro Malgaroli, la storia che lei desidera conoscere comincia con lo Statuto Albertino del 1848 e, in particolare, con l’art. 63: «Le votazioni si fanno per alzata e seduta, per divisione e scrutinio segreto. Quest’ultimo mezzo sarà sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale» (vale a dire elezioni, dimissioni, autorizzazioni a procedere). Nelle condizioni politiche dell’Europa di allora quell’articolo ebbe il merito di mettere i parlamentari al riparo da interferenze e pressioni del re e della corte. In una buona sintesi storica, che lei potrà trovare nel sito dell’editore Giuffré (www.giuffré.it), Angelo Summa ricorda che l’appello nominale fu introdotto al Senato nel 1910 e che lo scrutinio segreto venne abolito dal governo Mussolini per la Camera dei fasci e delle corporazioni soltanto nel 1939. Dopo la guerra, la classe politica democratica tornò ai regolamenti parlamentari prefascisti e vi fu qualcuno, all’Assemblea costituente, che propose d’inserire nella Costituzione un articolo simile a quello dello Statuto Albertino. Ma un giovane deputato democristiano, Aldo Moro, sostenne che lo scrutinio segreto «tende (...) a sottrarre i deputati alla necessaria assunzione di responsabilità di fronte al corpo elettorale per quanto hanno sostenuto e deciso nell’esercizio del loro mandato». E la sua posizione fu condivisa dalla maggioranza dei costituenti. Grazie a Moro, quindi, lo scrutinio segreto non fu formalmente iscritto nella Carta. Ma divenne egualmente, il sistema generalmente adottato dal Parlamento, soprattutto dopo l’introduzione del voto elettronico, e favorì il fenomeno dei «franchi tiratori». Nel 1988, quando molti ritennero che esso fosse divenuto ormai un fattore di instabilità politica, una riforma cambiò le regole e affermò il principio del voto palese. Ma ammise alcune eccezioni. Nella sua sintesi, Angelo Summa ricorda tra l’altro che si ricorre allo scrutinio segreto nelle votazioni che concernono le persone e che i regolamenti delle due Camere prevedono la facoltà di richiederlo in quelle che incidono sui principi e sui diritti di libertà espressamente menzionati in alcuni articoli della Costituzione. Il voto sulla riforma della legge elettorale rientra, se ho capito bene, in questa categoria. A queste informazioni, caro Malgaroli, aggiungo qualche considerazione personale. So che il voto palese è in linea di principio una prova di chiarezza e trasparenza, e che i parlamentari americani, per esempio, vengono giudicati dai loro elettori proprio per le posizioni pubblicamente assunte sulle leggi più importanti. Ma constato altresì che il voto palese permette spesso al governo e ai partiti di trasformare i gruppi parlamentari in manipoli di militi obbedienti. E credo che vi siano circostanze in cui un voto segreto può essere più libero e sincero. Sergio Romano